La recensione

Théorie des prodiges di Système Castafiore e Les nuits barbares di Hervé Koubi: la Francia a Equilibrio Festival 2018

La Francia protagonista di Equilibrio festival 2018. All’Auditorium Parco della Musica, Théorie des prodiges di Système Castafiore racconta, con la multimedialità, l’esistenza della terra e dell’essere umano, quadri barocchi, per una storia misteriosa intrisa di scienza, mitologia e simbolismo. Un inno al Mediterraneo è invece Les nuits barbares ou les premiers matins du monde di Hervé Koubi. In scena tredici danzatori guerrieri, interpreti di una storia millenaria che evoca una umanità intera di barbari che si schiude nell’alba di un mondo condiviso.

Dopo la Germania lo scorso anno, è stata la Francia in questa edizione il tema conduttore di Equilibrio Festival, nel corso di un programma triennale che il direttore artistico Roger Salas dedica all’Europa e che si concluderà nel 2019 con focus su Scandinavia (Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca). Un festival che rappresenta un appuntamento fisso e assai gradito al pubblico romano appassionato al balletto, curato da Fondazione Musica per Roma negli spazi dell’Auditorium Parco della Musica.

Nell’edizione 2018 cinque spettacoli e una mostra fotografica, dal 13 al 25 febbraio, hanno sottolineato il ruolo cardine agito dalla Francia per lo sviluppo storico e attuale della danza, tra il fervore di scambi assidui e vivaci con il nostro paese. Equilibrio Festival vuole così partire proprio da quel repertorio moderno dei grandi maestri che hanno precorso i tempi, influenzando in modo significativo le scene di oggi.

Come la compagnia Système Castafiore nata nel 1989 dall’incontro tra la coreografa Marcia Barcellos e il compositore Karl Biscuit che, già allievi di Alwin Nicolais, si pongono all’interno del movimento della nuova danza francese con il collettivo Lolita. Un duo ipercreativo, orientato alla ricerca multidisciplinare tra danza, musica dal vivo ed arti plastiche, per giungere alla produzione di lavori che accolgono la sperimentazione. Al Festival Equilibrio due date, il 17 e 18 febbraio 2018, sono state dedicate alla loro Théorie des prodiges che racconta una storia misteriosa intrisa di scienza, mitologia e simbolismo.

Con l’ausilio della multidimensionalità affidata a spazi scenici intersecanti, che sfruttano elementi digitali proiettati su schermi di tulle opaco, si narra la storia più antica del mondo, quella legata all’esistenza della terra e dell’essere umano. L’immersione dello spettatore in un percorso conoscitivo fa guadagnare all’opera il termine di danza gnostica mentre la storia si snoda attraverso dodici quadri barocchi, per altrettanti prodigi, in un’atmosfera soffusa e misticheggiante.

In Théorie des prodiges il tentativo di riportare l’ordine della realtà è demandato alla matematica di cui tutto lo spettacolo è sincero testimonial. Come in un viaggio esplorativo  (a cui risulteremmo un po’ svezzati se già fruitori di momenti divulgativi stile Piero Angela) attraversiamo i capitoli dell’enciclopedia della vita. Dall’origine cometaria fino alla visione cosmica tutto appare correlato e assolutamente impenetrabile.

Il traghettamento da un prodigio all’altro avviene attraverso la stimolazione dei molteplici recettori sensoriali dello spettatore in cui incidono contestualmente elementi di diversa fattezza. Ed ecco la voce trasparente di Camille Joutard nel suo canto dal vivo, ecco le sonorità pure di un madrigale inglese mescolate a suoni riproducenti le vibrazioni primordiali, ecco la leggerezza immaginifica dei cinque ballerini. Sono esseri fantastici trasformati ora in creature magiche, ora in mostri, ora solo in uomini in carne ed ossa, a seconda del sapiente uso dei costumi che paiono fatti apposta per far risvegliare l’universo grottesco di Hieronymus Bosch. Mentre le scenografie grafiche si susseguono evocando tridimensionalità escheriane, passiamo dalle teorie Hilbertiane sull’infinito al paradosso di Fermi sul continuo interrogativo se esistano forme di vita intelligente extraterrestre. Un’asettica scienziata di bianco vestita ci conduce morbidamente all’incredulità della scoperta. È solo una figura proiettata sul telo frapposto tra pubblico e palco, si tratta dell’attrice Florence Ricaud che si trova a interagire in modo così naturale con scene, danzatori e immagini grafiche da farci quasi dimenticare che è anche lei stessa incorporea e appartenente al mondo dei pixel. E attraverso le sue mini-conferenze pseudoscientifiche ci avviciniamo meglio all’origine del linguaggio indispensabile per la socialità e il passaggio dall’essere animale a quello umano, conosciamo il nulla che coincide con la distruzione e la catastrofe provocata dalla scempiaggine umana, veniamo a sapere che la vera libertà è data solo dalla conoscenza quale grande occhio sul mondo. Perché in fondo conoscere rappresenta l’unico mezzo che si ha per esistere. E tutti gli elementi in scena appaiono ben dosati, curati e accurati, tutti omogeneamente legati concorrono a creare immagini e insiemi di sogno spettacolari. Una sofisticata teoria dei prodigi che è anche essa stessa prodigiosa, stravagante e al tempo stesso spettacolare senza però darsi arie e allontanare di conseguenza lo spettatore. Una teoria che vuole solo provare a dissipare il mistero opaco dell’esistenza, concedendo a ognuno quella bellezza che consiste nell’avere uno sguardo meravigliato sul mondo.

L’appuntamento del 21 febbraio di Equilibrio Festival era con la compagnia Hervé Koubi e l’attesissimo Les nuits barbares ou les premiers matins du monde. Hervé Koubi, francese di origini algerine, ha sviluppato la sua carriera come ballerino-coreografo parallelamente agli studi universitari di Aix-Marseille, perfezionandosi al Centre International de Danse Rosella Hightower a Cannes, e all’Opéra de Marseille. A partire dal 2010 ha intrapreso un percorso creativo con danzatori algerini e burkinabé da cui sono scaturite varie creazioni tra cui, appunto, Les nuits barbares.

Grande l’aspettativa registrata nella sala Petrassi dell’Auditorium, gremita per questa opera dedicata a una possibile cultura mediterranea globale, già definita dai media internazionali “spettacolare, sublime e superlativa”. Attesa ricompensata dallo stesso autore che a inizio spettacolo si fa strada in platea per regalare al suo pubblico il pensiero a sostegno del suo lavoro. “Sono nato a Cannes e a un certo punto della mia vita mi sono interrogato sulle origini del mio nome. Non avevo mai conosciuto i miei nonni, vedevo mio padre invecchiare e sentivo che era necessario domandarmi da dove venissero i nostri antenati. Mio padre, uomo di poche parole, mi ha mostrato una foto ingiallita, strappata. Ritraeva un vecchio signore in abito tradizionale arabo. E mi disse: “Quest’uomo parlava una sola lingua: non era francese ma arabo. E si tratta del tuo bisnonno. Anche i tuoi nonni paterni e materni lo erano”. Questa rivelazione fu per me uno shock! Non ero dunque francese, ma africano? Per questo stasera preferisco presentarvi non i miei ballerini ma piuttosto i miei fratelli ritrovati. Sono intimamente convinto che poco importa che uno venga dalla Francia, dall’Italia, dal Marocco, dalla Tunisia o Algeria, perché tutti condividiamo un’appartenenza che va al di là delle nazioni. La storia si ripete, ma siamo noi che possiamo decidere di cambiarla…”

Su questa onda emotiva entrano in scena tredici ballerini con il volto coperto da elmetti luccicanti; sono tesi allo scontro ma abbaglianti di splendore. Ed ecco che iniziano a solcare le orme di quella nostra paura, ancestrale, verso lo straniero, il barbaro, il nemico e diverso da sé. Sono uomini che appaiono conoscere solo la lotta come linguaggio: l’elmo li protegge ma allo stesso tempo li scherma da qualsiasi contatto visivo possibile, perché guardarsi negli occhi potrebbe voler dire riconoscersi. Spogliandosi dalla protezione, l’esercito di guerrieri si trasforma in corpo di ballo; è adesso più simile ad un coro orchestrale che procede man mano a intonare un’elegia che presto si trasforma nell’inno al Mediterraneo.

A Hervé Koubi sono voluti cinque anni di intenso lavoro e comunione, alla ricerca della propria storia tra Francia e Algeria, per svelare l’incredibile raffinatezza delle culture barbare. Quella ricchezza sommersa doveva emergere in qualche modo ed essere sventolata davanti agli occhi radicati nei pregiudizi della cultura occidentale. è passato sì del tempo da quando l’artista ha voluto selezionare quei ballerini di strada che hanno pienamente partecipato alla costruzione dell’opera, diventando così essi stessi parte di famiglia. E che portano in scena un lavoro potente e carismatico, privo a tratti di un filo narrativo vero e proprio perché basato più lungamente sulla forza evocativa di immagini. Eccoli gli ambienti bui terrestri di battaglia, quelli foschi dei naufragi marini, eccole le carni sudate e compresse che evocano rituali, allenamenti, combattimenti da cui è impossibile uscire vincitori.

Interpreti di una storia millenaria che evoca una umanità intera di barbari, i danzatori guerrieri si fondono con le prodezze della breakdance qui reinventate in maniera assolutamente drammatica. E l’hip hop di strada acquisisce quasi un’onda mistica, le gonne vorticose diventano sufi, trasformando la sensualità evidente in qualcosa di sacro e spirituale. Coltelli, fendenti, bastoni che diventano croci assurgono a strumenti di scena creando audacie gestuali che lasciano senza fiato e che sembrano evocare bassorilievi marziali, o forse riti di consacrazione o passaggio. I corpi parlano sui requiem di Mozart e Fauré e su L’oro del Reno di Wagner: il connubio culturale diventa pressoché totale e esplode in commozione quando questi ballerini africani si trovano a celebrare l’umanità degli ormai identificati barbari muovendosi sulla musica sacra occidentale. Siamo giunti alla conclusione e finalmente il buio delle notti violente appare dissipato per mostrare l’alba di un mondo condiviso: eccoli lì i tredici in schiera, allineati verso il pubblico. Il barbaro è chiunque, occorre solo riconoscersi, perché, nelle parole del suo autore “le prime mattine del mondo sono più vicine a noi di quanto pensassimo”.

Giannarita Martino

08/03/2018

Foto: 1. Compagnie Hervé koubi, Les nuits barbares di Hervé Koubi, ph. Frédéric de Favernay; 2. Compagnie Hervé koubi, Les nuits barbares di Hervé Koubi, ph. Michel Cavalca; 3.-8. Compagnie Hervé koubi, Les nuits barbares di Hervé Koubi; 9.-13. Théorie des prodiges di Système Castafiore.

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