La recensione

Successo del balletto dell’Opera di Roma ne Le quattro stagioni di Giuliano Peparini al Circo Massimo

Calorosi e meritati applausi hanno salutato il ritorno sulle scene del Balletto dell’Opera di Roma diretto da Eleonora Abbagnato, impegnato sul palco del Circo Massimo ne Le quattro stagioni, nuova produzione firmata da Giuliano Peparini. Lo spettacolo racconta le stagioni dell’amore al di là dell’età, dei luoghi e del tempo. Rebecca Bianchi e Claudio Cocino interpretano con efficacia la sensualità dell’amore che sboccia. Marianna Suriano e Giacomo Castellana ci regalano la passione di un’estate infuocata. Susanna Salvi e Michele Satriano interpretano con profondità i silenzi e le solitudini di un amore in declino. Sara Loro e Alessio Rezza rendono in modo magistrale la devastazione di un amore che non vuole finire. Emozionante il finale con l’intero corpo di ballo in scena.

Ripartenza in grande stile per il Teatro dell’Opera di Roma, protagonista di una stagione estiva riprogrammata in tempi record negli immensi spazi del Circo Massimo. In un’estate di regole, in cui la danza sembrava dover pagare il prezzo dell’emergenza autosospendendosi ‘a tempo indeterminato’, il Balletto dell’Opera di Roma dimostra di potersi rialzare grazie ad una determinazione e ad un impegno encomiabili.

La scelta della direttrice del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato, con il sostegno del sovrintendente Carlo Fuortes, non è stata quella di un “simbolico” ritorno in scena dell’ensemble (costretto, come la maggior parte dei professionisti nel mondo, ad allenamenti “a casa” per oltre tre mesi), ma lo spiegamento di un’intera squadra creativa per la realizzazione di una produzione originale: Le quattro stagioni, balletto in un atto sulle musiche di Antonio Vivaldi e Domenico Scarlatti, con la regia e la coreografia di Giuliano Peparini, già autore per il teatro romano di due riscritture di classici del repertorio che hanno registrato grandi successi di pubblico (Lo Schiaccianoci e, più recentemente, Romeo e Giulietta). Lo spettacolo, che si avvale delle scene di Andrea Miglio e della penetrante voce recitante di Alessandro Preziosi, è andato in scena in prima assoluta il 25 luglio 2020 con repliche fino al 3 agosto.

Partiamo subito con il segnalare la (non scontata) riuscita dello spettacolo in termini di presenza di pubblico, accorso numeroso e disciplinato, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid, un pubblico che nonostante la distanza ha fatto sentire tutto il suo calore agli interpreti regalando loro anche applausi a scena aperta. Un successo meritato per diverse ragioni, legate non solo all’ideale “rinascita” del teatro, ma anche allo sforzo creativo di Giuliano Peparini e all’efficacia interpretativa del corpo di ballo, messo in risalto nella sua totalità e nelle singole eccellenze. Un gruppo affiatato che, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, ci è parso pienamente all’altezza della sfida: un risultato che premia la costanza dei ballerini e la dedizione della direttrice, attiva “a distanza” nei momenti più bui dell’emergenza con classi giornaliere e incontri online che hanno coinvolto attivamente anche la sindaca di Roma Virginia Raggi (presente durante tutta la lezione in streaming nella Giornata Internazionale della Danza).

Noto per la spettacolarità delle sue produzioni (per il teatro, la televisione e grandi show), Giuliano Peparini si lascia qui ispirare dalle stagioni della natura e dell’uomo, focalizzando l’attenzione sulle diverse fasi dell’amore. Il sentimento, catturato secondo le sfumature più tipiche di ogni stagione, viene declinato attraverso singoli quadri coreografici per quattro coppie d’amanti: dai palpiti di Primavera alla passione d’Estate, dall’inerzia d’Autunno al conflittuale Inverno, le stagioni di Peparini svelano le facce di un’esperienza emotiva che ci accomuna tutti, al di là dell’età, dei luoghi e del tempo. Non il racconto di un amore giovane destinato a spegnersi, ma la celebrazione di un unico grande viaggio tra i sentimenti della vita, un viaggio in cui ci ritroviamo improvvisamente da spettatori a protagonisti.

Il tutto con un’inedita e efficace sobrietà, un’essenzialità inusuale in Peparini che ci ha abituato a produzioni ricche di azioni parallele, ad un horror vacui di coreografia, scene e costumi dal sapore quasi barocco e che qui ci stupisce invece per la capacità di esprimere le infinite sfaccettature del rapporto d’amore con taglienti e fulminee pennellate capaci però di suscitare infinite immedesimazioni. Ognuno di noi può trovare nelle diverse stagioni uno o più vissuti personali.

Per le stagioni di Peparini il palcoscenico del Circo Massimo si trasforma in un un’enorme stanza delimitata ai lati da pareti di legno e da sagome di alberi in legno naturale. Sullo sfondo una grande finestra virtuale: un mega schermo sul quale vediamo scorrere immagini e figure dai colori accesi (video curati da Edmondo Angelelli e dallo stesso Peparini; luci di Marco Vignanelli), proiezione di un tempo che ritorna, ciclico e puntuale, eppure ogni volta diverso. Domina su tutto l’immagine dell’albero: chiaro richiamo all’Albero della Vita, simbolo di forza, continuità e rigenerazione, che vediamo sfumare dal rosa al rosso, dal giallo al grigio, fino a sparire, triste e nudo, tra le luci di un immenso sole arancione. Un’alba, un segno di speranza, una vita che rinasce, perché l’amore torna con un nuovo giorno. E’ un allestimento bellissimo e incredibilmente efficace nell’avvolgere e amplificare l’azione dei danzatori senza sovrastarli.

La sfida più grande per Peparini è stata certamente quella coreografica, in considerazione delle norme anti-Covid che impongono, ad oggi, distanze di sicurezza tra gli interpreti: il regista ha risposto alla scommessa di raccontare l’amore senza far toccare i ballerini con ingegnosi espedienti scenografici e sapienti accorgimenti stilistici, riuscendo quasi a far dimenticare allo spettatore i divieti del nostro presente. Con l’accurata scelta dei costumi di Anna Biagiotti (ampie gonne e abiti dai tessuti elastici per contatti a distanza, copricapi a falde larghe, maschere velate o trasparenti, guanti colorati) e degli oggetti di scena (un divano per le coppie principali, un grande tavolo manovrato dai ballerini e pareti divisorie mobili), Peparini si svincola con astuzia dalle restrizioni e col suo segno fantasioso riesce nell’impresa di velare di leggerezza le dure contingenze della vita, dando nuove sfumature di colore alle pareti divisorie dei nostri tempi. Lo stesso divano, familiare presenza, assume qui i contorni di un rifugio: un approdo sicuro per le nostre paure e per le speranze, luogo d’amore e di malinconia, di pensiero e d’azione.

Introdotti da poetici estratti (da Alda Merini a Pavese a Gibran), nei toni caldi della voce di Alessandro Preziosi, e dai suoni della quotidianità (il frinio delle cicale, le voci dei bambini, il vento e la pioggia), i ballerini danno vita ad un racconto travolgente tra le cadute e le risalite della vita di coppia. E sono bravissimi, gli interpreti, nel coinvolgerci tra le loro distanze e i tentativi di riavvicinamento, tra gli sfioramenti e gli abbracci spezzati, tra i loro sguardi lontani e quegli abiti leggeri che per un attimo si toccano, spinti dal vento di un irresistibile amore. In mezze-punte, donne e uomini alternano movimenti ampi a piccoli gesti, in uno stile che mescola con abilità suggestioni diverse, dal classico al contemporaneo al jazz; sono corpi che viaggiano leggeri accompagnando gli accenti musicali con morbidezza e poi di nuovo con energia, esplodendo di vitalità.

L’apertura del balletto, la Primavera, è affidata all’étoile Rebecca Bianchi e al primo ballerino Claudio Cocino, vestiti d’azzurro e immersi nelle atmosfere soavi di un amore vivo e pulsante. Rebecca Bianchi, leggiadra e intensa, regala attimi di poesia mentre, sinuosa, cerca le braccia e il respiro del suo amante; la troviamo bellissima, con il suo corpo dorato fasciato da un body chiaro, mentre si muove nell’ombra, prima cauta e poi inquieta, infine avvinta ad un sentimento potente ormai nato. Claudio Cocino, che si destreggia con disinvoltura in sequenze tecnicamente impegnative, segue con premura le evoluzioni dell’amata, guidandone i gesti ad un passo dal suo corpo sottile. Nessuna romantica incertezza in questo amore che sboccia, ma un annusarsi e uno scoprirsi venato di calda sensualità.

Sul palcoscenico rosso di un’Estate infuocata si sfidano Marianna Suriano e Giacomo Castellana: lei, moderna Carmen, seduce e respinge, reclamando passione e libertà; lui la insegue e l’accerchia, furente d’amore e di vita. I loro duetti sono una lotta per il predominio, una sfida fra sessi che non cede mai il passo a languidi abbandoni. Energica l’esibizione dei due ballerini che qui troviamo in perfetta sintonia: brava Marianna Suriano, che si spoglia dell’aura classica svelando un inedito e vivace piglio interpretativo. Strappa meritati applausi a scena aperta il solista Giacomo Castellana, che esalta lo stile di Peparini con il suo caratteristico movimento dalle ampie linee, nello stesso tempo morbido ed esplosivo.

È invece un amore malinconico, distonico, quello che si consuma tra le lacrime della pioggia autunnale. A specchiarsi nelle reciproche insofferenze sono Susanna Salvi e Michele Satriano, meravigliosi protagonisti di uno dei quadri più difficili dal punto di vista interpretativo. Li vediamo lentamente avvolgersi nelle loro solitudini, nell’improvviso smarrimento di un amore interrotto, tra le ombre incombenti di un cuore ormai stanco. La passione ha ceduto il passo a silenzi desolanti, ad un guardarsi senza riconoscersi, ad uno schivarsi cercando la distanza. È molto brava, la prima ballerina Susanna Salvi, nell’accompagnare il gesto puntuale con l’espressività profonda del suo volto d’attrice. Altrettanto bravo è Michele Satriano che torna in palcoscenico con rinnovato vigore, padrone di un movimento elegante, controllato in ogni dettaglio, nello stesso tempo potente e leggero, delicato e deciso, messo a servizio di una più che convincente interpretazione del ruolo. Nell’assolo alle prese con un grande tavolo, il solista svela nuovi tratti della sua sensibilità artistica, venando volto e gesti con la devastazione di amore che gli sfugge fra le dita. Già apprezzato in numerosi ruoli da primo ballerino, lo troviamo qui con un’inedita e ottima maturità attoriale. Una promozione sul campo sarebbe più che meritata.

A chiudere il ciclo delle stagioni sono Sara Loro e Alessio Rezza negli abiti grigi di un gelido inverno che soffia crudele sul loro amore. La loro è una vera e propria battaglia, un litigio furioso di una coppia al capolinea: li vediamo urlare senza comprendersi, cercarsi per poi respingersi con veemenza, disperarsi in solitudine mentre il vento trascina via le carezze e i sussurri dei primi giorni. Non c’è indifferenza fra loro. C’è invece la rabbia muta e spietata che accompagna l’abbandono, il rifiuto della fine, la disperazione di chi nel profondo vorrebbe abbracciarsi ma non sa più come, la sofferenza di chi vorrebbe ritrovarsi ma non trova le parole. Uomo e donna sono al tempo stesso vittima e carnefice in un rapporto ormai malato, avvelenato, capace di procurare solo profonde ferite. In stato di grazia, Sara Loro regala al pubblico una delle sue migliori interpretazioni esprimendo con straordinaria generosità, attraverso gli affilati movimenti del corpo e le significative espressioni del volto, il dramma della fine di un amore. Accanto a lei un altrettanto straordinario Alessio Rezza, carismatico primo ballerino già amato in tanti ruoli. Come sempre Rezza è puntuale in ogni suo gesto, sottolineato da una raffinata e non comune musicalità. Ma a convincerci qui è la profondità della sua interpretazione, la sua capacità di piegare ogni più piccolo movimento al ruolo, la sua maschera di sofferenza per l’agonia del sentimento.

Le quattro coppie tornano in scena tutte assieme, in un unico quadro, immobili in un simbolico abbraccio, segno di un nuovo inizio nel circolare ritorno del tempo e dell’amore.

Emozionante il finale con gli 8 interpreti principali e i 38 ballerini del corpo di ballo in scena; un’immagine che vogliamo imprimerci nella mente come augurio di una collettiva ripartenza: per il nostro teatro, per la danza e per noi tutti.

Lula Abicca e Francesca Bernabini

03/08/2020

Foto: 1.-7.  Rebecca Bianchi, Claudio Cocino Le quattro stagioni di Giuliano Peparini; 8. -15. Marianna Suriano e Giacomo Castellana, Le quattro stagioni di Giuliano Peparini; 16.-28. Susanna Salvi e Michele Satriano, Le quattro stagioni di Giuliano Peparini; 29. -35. Sara Loro e Alessio Rezza, Le quattro stagioni di Giuliano Peparini, ; 36. -40. Le quattro stagioni di Giuliano Peparini. Foto di Yasuko Kageyama, Opera Roma.

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