La recensione

Se Cenerentola non perde la scarpetta… Cinderella di Mauro Bigonzetti alla Scala

La nuova stagione di balletto del Teatro alla Scala inaugura con Cinderella di Mauro Bigonzetti, aggiungendo un ulteriore tassello alle già tantissime coreografie realizzate sulla musica di Sergei Prokofiev. Un lavoro riuscito a tratti che conferma ancora una volta la difficoltà nel tradurre in danza la celebre fiaba di Cenerentola. Ottimi e applauditissimi i protagonisti Polina Semionova e Roberto Bolle così come l’intera compagnia scaligera. Strepitose Stefania Ballone, Antonella Albano e Virna Toppi rispettivamente la Matrigna e le due Sorellastre.

Cenerentola e il balletto: la ricetta sembrerebbe semplicissima. E invece? Invece ogniqualvolta ci troviamo a parlare della fanciulla che perde la scarpetta a mezzanotte occorre quasi ricominciare da capo, considerata la mole di coreografie prodotte. Vastità sintomatica di una difficoltà di fondo nel raccontare in danza questa storia antichissima.

Cenerentola è ricordata come il primo titolo (su coreografia di Lev Ivanov, Enrico Cecchetti e Marius Petipa e musica di Boris Fitinhof-Schell) in cui Pierina Legnani esibì a San Pietroburgo nel 1893 il celebre virtuosismo dei trentadue fouétté. Ma è con la musica di Sergei Prokofiev, composta tra il 1940 e il 1944, che si inaugura una serie ininterrotta ed eclettica di coreografie. Quella con cui siamo di solito portati ad identificare la Cenerentola per antonomasia è quella che Frederick Ashton creò nel 1948 per il Sadler’s Wells Ballet (l’odierno Royal Ballet): un balletto a serata in cui Ashton realizzò uno dei suoi lavori più compiuti. Oggi, purtroppo, questa Cinderella sembra non godere di molto favore presso il Royal Ballet vista la poca frequenza con cui viene ripresa. Anche Rudolf Nureyev si cimentò con questa partitura nel 1986 per l’Opéra di Parigi (Mario Pasi la indicava addirittura come la più emblematica del Tartaro Volante) ambientandola nella Hollywood degli anni ’30 del Novecento. In tempi più recenti, Cenerentola non ha mancato di stuzzicare le blasonatissime compagnie del Bolshoi (con la coreografia di Yuri Possokhov) e del Mariinsky (con la coreografia di Alexei Ratmansky) anche se con risultati tutt’altro che rilevanti. E ancora ce ne sarebbero moltissime ma ricordiamo con piacere la Cinderella sfarzosa e sognante che Christopher Wheeldon ha prodotto per il San Francisco Ballet e l’Het Nationale Ballet. Insomma… è veramente il caso di dire: «chi più ne ha più ne metta».

A mescolare nuovamente le carte in tavola arriva ora la Cinderella che Mauro Bigonzetti ha realizzato per l’inaugurazione della stagione di balletto 2015-2016 del Teatro alla Scala. Sin dalla prima video-intervista diffusa sul sito del Teatro, gli intenti dell’autore sono stati chiarissimi: un balletto a serata, di linguaggio neoclassico, improntato sulle caratteristiche dei ballerini scaligeri. Non solo caratteristiche tecniche ed estetiche ma anche caratteriali. Questo modus operandi ha trovato una realizzazione riuscitissima nel disegnare la matrigna e le due sorellastre. I tre personaggi negativi sembrano ritagliati da un film di Tim Burton: legate tutte e tre in una sorta di unico vestito-armatura, dal trucco e dalla capigliature esasperati vengono contrassegnate da movimenti angolosi, repentini persino dinoccolati. Stefania Ballone, Antonella Albano e Virna Toppi (rispettivamente la Matrigna e le due Sorellastre) sono state strepitose, letteralmente travolte da una marea di applausi proprio per l’incredibile capacità comico-attorale con cui hanno saputo connotare i loro personaggi.

Sono caratterizzati invece da un linguaggio più lineare i personaggi positivi. Come nel caso di Cenerentola, una Polina Semionova eccellente protagonista. Testa e collo sono pura poesia, linee lunghe ma mai ostentate, fraseggio dolcissimo. Ottima l’intesa col Principe Roberto Bolle che è apparso in forma a dir poco splendida. Per i due protagonisti, Bigonzetti crea un passo a due finale molto puro nell’impianto generale, intervallato solo da lievi fremiti e inclinazioni di braccia e gambe, a sottolineare l’emozione di un amore che finalmente può essere celebrato.

Fin qui sembrerebbe filare tutto liscio… ma, purtroppo, qualcosa non ha funzionato. Il coup de théâtre era già noto da giorni: Cenerentola non avrebbe perso la scarpetta ma il vestito. Nell’intervista acclusa al programma di sala, Bigonzetti spiega la scelta nel voler focalizzare l’attenzione non sulla scarpetta-feticcio bensì sul corpo. Il vero problema non risiede nell’intento ma nella realizzazione, giacché il Principe sembra togliere di dosso il costume alla povera Cenerentola… e diciamolo pure: non è proprio facile perdere per strada un vestito. Il tutto è sembrato troppo laborioso per una fatto che dovrebbe essere incidentale. Una premessa forse accattivante ma vanificata in “fase di montaggio”.

C’è da aggiungere che anche le variazioni delle fate all’atto primo non hanno una varietà formale così evidente, sembrando troppo simili fra loro. Anche la scena del ballo è a tratti ridondante: il grande momento corale però risulta molto arioso grazie alla mancanza di scene. Infatti i vari ambienti sono creati mediante videoproiezioni (le luci si devono a Carlo Cerri). Anche qui, in consonanza coi personaggi, troviamo gli ambienti ingigantiti: il focolare presso cui si accoccola Cenerentola, le grandi vetrate della casa, le prospettive sghembe, l’immenso palazzo reale… tutto è giocato al raddoppio con alcuni effetti visivi molto riusciti, come il trascorrere delle stagioni all’arrivo delle quattro fate simboleggiato da un albero che cambia fioritura a seconda della fata della scena.

La mancanza di scene enfatizza enormemente i costumi di Maurizio Millenotti che sembrano quasi poter respirare di questa libertà. Sono costumi molto elaborati, come già accennato per quanto riguarda le sorellastre e la matrigna. L’unica deroga è il costume che Cenerentola indossa al ballo, semplice nella foggia ma accecante nella tinta fucsia. Gli altri personaggi indossano costumi che richiamano i dipinti di Velasquez, quindi molto ampi e allungati in vita per le donne mentre gli uomini sono ‘stretti’ da vistosi collari.

La compagnia scaligera si è presentata a questo nuovo appuntamento in ottima forma. Nicoletta Manni è stata una Fata Madrina regale e dolcissima; parimenti brave tutte le altre fate (Chiara Fiandra, Lusymay Di Stefano, Antonina Chapkina, Denise Gazzo) così come gli amici del principe (Antonino Sutera, Claudio Coviello, Eugenio Lepera, Walter Madau). Bene il Padre di Christian Fagetti. Michail Jurowski, a capo dell’Orchestra del Teatro alla Scala, ha diretto in modo esemplare la magnifica partitura di Prokofiev.

Pubblico eterogeno, molto plaudente e pronto ad immortalare i divi alla ribalta. Che altro dire? Quella di Bigonzetti non sarà probabilmente la Cenerentola definitiva e verrà ricordata per la perdita del costume. Per noi, rimarrà quella delle sorellastre e della matrigna.

Matteo Iemmi

22/12/2015

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