La recensione

Promise di Sharon Eyal per la Compagnia tanzmainz ha aperto con successo il festival Equilibrio di Roma.

Scroscianti applausi hanno accolto Promise di Sharon Eyal, un lavoro intenso concepito in 6 settimane di lockdown, andato in scena in prima italiana a Roma il 12 febbraio 2022 all’Auditorium Parco della Musica per l’apertura del Festival Equilibrio. Promise è l’algoritmo umano che spiega il valore del singolo in un insieme infinito di possibilità.

Una prova spietata di resistenza umana in poco più di 45 minuti di contatto incessante: questo rivela Promise attraverso 7 danzatori che dichiarano guerra alle distanze consacrate finora dalla pandemia. In apertura del festival Equilibrio, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, Sharon Eyal, con la collaborazione artistica dell’immancabile Gai Behar, offre tramite la Compagnia tanzmainz una prima italiana che spiazza e confonde gli spettatori, felicemente di nuovo aggregati in una zeppa sala Petrassi. Mai ci saremmo aspettati, ora come ora, la messa in scena di un lavoro di così divergente connessione fisica gruppale, tradotto nell’enfasi estrema di agganci, appoggi, aderenze, reazioni e relazioni del singolo.

E se immaginassimo questa danza come il risultato di un complesso algoritmo che ne provoca una sequenza univoca di espressioni di movimento sul palcoscenico, Promise sarebbe il risultato dell’apporto di ciascuno in un insieme infinito di possibilità. Sarebbe una intenzione comune, ma allo stesso modo particolare, che determina in ciascuno il fluttuare ritmico e coordinato, esplorando con devozione e senza spavento le direzioni delle 3 dimensioni dello spazio. Per poi assestarsi in un breve attimo di tregua plastica, per riconoscersi e ricominciare.

La musica rigorosamente elettronica, ipnotica e incalzante, risponde al genio di Ori Lichtik che bilancia e fonde la tecno con la classicità rivisitata degli archi di Bartók per poi culminare a sorpresa nel crescendo liberatorio della frenetica cavalcata country di Rawhide (tema portante del film The Blues Brothers). È la musica quanto mai più adatta a questo progetto: fa da vettore ai movimenti, condizionandone muscoli, pelle e ossa, sguardi e bocche che si aprono come quelle di uccellini voraci a arraffarne suoni e parole.

E così Promise porta in luce un duro lavoro di composizione fatto in 6 settimane, una sfida alla claustrofobia personale di ritrovarsi a essere elemento indispensabile per la vita di un insieme umano che si appropria dei confini di ciascuno. Un insieme che in scena si evolve in forme univoche e sinuose, come mandala che si trasformano nello spazio sotto un cielo stellato di lampadine in una scatola buia, in cui è anche possibile perdersi senza più orientarsi. Un insieme, ancora, che dà vita a stormi in viaggi reiterati, a disegnare cerchi, cuori, piramidi, sentimenti di amore e risentimenti, allontanamenti e dipendenze. Un impegno che rinnova in ogni momento una promessa mantenuta, costante, incessante dall’inizio alla fine, portando a incollare lo sguardo e l’anima del pubblico a questi 7 uomini e donne in body e calzini azzurri. Un intreccio vivente che grida aiuto e salvezza dalle proprie debolezze e reclama un riscatto che pare, stavolta, possa avvenire soltanto assieme agli altri.

Entusiasta la risposta del pubblico che, con scroscianti applausi, ha meritatamente chiamato gli artisti più volte sulla ribalta.

Giannarita Martino

22/02/2022

Foto: Promise di Sharon Eyal, Compagnia tanzmainz.

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