La recensione

La potenza di Kirina di Serge-Aimé Coulibaly ha aperto il Romaeuropa Festival 2018

Standing ovation al Teatro Argentina per lo spettacolo Kirina di Serge-Aimé Coulibaly, artista del Burkina Faso, già interprete per Les Ballets C de la B di Alain Platel e fondatore della compagnia Faso Danse Théâtre. In scena, nove danzatori, un attore, sei musicisti e quaranta figuranti, che intrecciano le proprie voci in un unico passo, quello di un’umanità in cammino. Un’opera intensa e coinvolgente, dalla danza energica e potente: il racconto di un’antica battaglia, quella di Kirina, che si trasforma nella narrazione del nostro presente. Inizia così il REf18 “Between Worlds”.

È ufficialmente iniziato il Romaeuropa, il festival della Capitale che racconta l’arte contemporanea con gli occhi del presente e lo sguardo verso il futuro: con 68 progetti in 27 luoghi della città, la trentatreesima edizione promette mesi di grande danza internazionale, un’ampia finestra sui giovani autori, spettacoli per il giovane pubblico e incontri con gli artisti.

Simbolo di un mondo senza muri, l’arte del REf è da sempre un ponte tra culture e visioni creative che interpretano il reale e ne immaginano l’evoluzione; mai come quest’anno, le forme artistiche si intersecano tra loro, in linea con una contemporaneità molteplice e in movimento. Sottotitolo dell’edizione 2018 è Between Worlds: uno stato, una posizione, un pensiero che ferma gli attimi del nostro tempo. «L’essenza stessa della nostra missione si colloca in questo spazio ‘in between’ – spiega Fabrizio Grifasi, direttore generale e artistico della Fondazione Romaeuropa – luogo di mediazioni e riconciliazioni tra opposti, ambito di riflessione e accoglienza, esigenza di approfondimento che non dimentica il fare ‘festa’ come esercizio di inclusione, senza banalizzare la complessità che ci circonda».

A dare inizio al racconto dell’edizione 33, con quattro serate al Teatro Argentina di Roma, è stato Serge-Aimé Coulibaly, artista del Burkina Faso, già interprete per Les Ballets C de la B di Alain Platel e per Sidi Larbi Cherkaoui, nonché fondatore e direttore artistico della compagnia Faso Danse Théâtre.

La sua opera, Kirina, nasce in Africa e si espande nel mondo, scavando tra le radici del tempo e viaggiando oltre i confini del cielo. In scena, nove danzatori, un attore, sei musicisti e ben quaranta figuranti, che intrecciano le proprie voci in un unico passo: quello dell’uomo, vittorioso e sconfitto, tra le curve di una storia che ritorna.

Su un palcoscenico rosso fumo si stagliano tre colonne imponenti, contorni riconoscibili di civiltà perdute: sono resti di una battaglia, antichi totem in bilico, porte d’accesso e di nuove fughe. Tra suoni delicati e percussioni, c’è un uomo che si piega, si spezza, che urla in silenzio; un inizio dal dolore soffocato, tanto più perentorio quanto solitario e muto. Un moderno griot, poeta e cantore, custode di tradizioni antiche, ci catapulta in epoche lontane, alle origini del glorioso Impero del Mali. Saggezza e potenza, profezia e memoria si intrecciano in un racconto di eroiche gesta, esilii e battaglie: è il cammino di Sundjata, eroe del popolo e uomo del destino, che proprio a Kirina sconfigge l’invasore e dà vita al grande impero mandinka.

Le scena si popola di donne e di uomini, protagonisti di una narrazione che progressivamente si sgancia dall’epica e sconfina nel presente, rivelando le contraddizioni di un mondo che dimentica il proprio vissuto. Il campo di battaglia, qui rappresentato nella scena centrale dello spettacolo, conserva l’eco di urla disperate e indistinte, in un mare rosso di anime e stracci. Le colonne sul fondale, erette con abiti e stoffa, si sgretolano per mano dell’uomo e diventano nuove armi di guerra, le pietre di un supplizio, mantelli e bandiere di insperate vittorie. L’istinto di sopravvivenza calpesta volti e nomi, e quel che resta è un trionfo solitario, termine e principio di una nuova battaglia.

In ottanta minuti di danza, musica e racconto, Kirina diventa il mondo, quello in cui abbiamo vissuto e in cui stiamo vivendo, tra l’ombra di ciò che siamo stati e lo specchio di quel che siamo diventati. Il risvolto universalizzante della creazione di Coulibaly si rivela a poco a poco: le composizioni di Rokia Traorè, cantante maliana e icona della musica mondiale, qui eseguite da Naba Aminata Traoré e Marie Virginie Dembélé con i musicisti Aly Keita/Youssouf Keita (balafon), Saidou Ilboudo (percussioni), Mohamed Kanté (basso), Yohann Le Ferrand (chitarra), si agganciano ad un immaginario sonoro familiare, che ci accompagna in un’immersione totale in una storia che credevamo di conoscere e che invece scopriamo del tutto nuova. La prospettiva si ribalta e facciamo improvvisamente parte di una drammaturgia più ampia, scritta dal tempo, dagli uomini, dalla storia.

La danza, allo stesso modo, è una composizione di stili e di gesti, espressioni e contatti, nei quali riconosciamo il comune linguaggio del corpo, qui vero protagonista di un racconto destinato a squarciare confini, ad urlare un messaggio, a risvegliare animi assopiti. Ed è proprio qui che Kirina ci conquista, nell’espressione più immediata e dirompente della propria danza, nel sudore di uomini che cadono e che si rialzano, che saltano all’improvviso lungo i percorsi accidentati della storia. Ci destabilizza con gli occhi sgranati e le smorfie dei volti in battaglia, con i silenzi improvvisi che amplificano i fragori del combattimento, con le immagini sullo sfondo che ritraggono altri uomini e altre donne, ancora in viaggio, ancora in fuga. E infine ci commuove, in chiusura, con una lunga e silenziosa camminata, un passaggio di popoli e storie, di nomi e di volti: quelli di sempre, quelli di oggi.

È “la grande marcia dell’umanità”, così la descrive Coulibaly, che per la realizzazione di Kirina ha collaborato con Felwine Sarr, scrittore, sociologo ed economista, autore del saggio Afrotropia. «Nella storia c’è sempre un popolo in marcia da qualche parte del mondo – sottolinea il coreografo nell’intervista a cura di Chiara Pirri – Lo stesso vale per alcuni popoli africani oggi in marcia. Ho voluto ridare fierezza a questi popoli, raccontare di quando hanno fatto avanzare la civiltà. Nello spettacolo vi è una marcia continua, dall’inizio alla fine. Questo camminare fa da sfondo. Sono importanti queste figure che passano perché il mondo ha la memoria corta. Oggi sono gli africani, i siriani ad arrivare in Europa, ma 40-50 anni fa erano i popoli europei, gli italiani ad esempio. Tutto dipende dal periodo storico, ma i popoli si sono sempre mossi verso un porto di speranza».

Immagini e parole che ad alcuni possono apparire già note: ma è proprio l’assuefazione ad una tematica, così centrale nel nostro tempo, a renderne quanto mai urgente e necessaria la ripetizione. Per questo è Kirina è uno spettacolo da vedere, da raccontare, da discutere, da analizzare. È lo spettacolo da cui ripartire al passo di una grande marcia comune.

Standig ovation sia venerdì 21 che sabato 22 settembre 2018, al Teatro Argentina di Roma, per i danzatori Sayouba Sigué, Adonis Nebié, Ahmed Soura, Marion Alzieu, Antonia Naouele, Ida Faho, Jean-Robert Koudogbo Kiki, Daisy Phillips, Giulia Cenni, Issa Sanou, per i musicisti, i quaranta figuranti (in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Danza di Roma) e lunghi applausi per Serge-Aimè Coulibaly.

Lula Abicca

25/06/2018

 

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2 Commenti

  1. elettrarossi

    In Kirina ho visto esattamente ciò che mi aspettavo. Una gestualità forte, l’espressività del movimento portata alla sua massima potenza, il carattere di un popolo.
    Lo spettacolo è stato un susseguirsi di “quadri” (quei “tableaux” di cui Serge-Aimé Coulibaly ha parlato durante la conferenza di apertura del REf18), che raccontano l’inesorabile incedere di donne e uomini, “fotografati” in diversi momenti di vita sociale.
    Questo ciò che più ho apprezzato: la coralità del movimento, la rappresentazione di una società sul palcoscenico.
    L’Occidente, richiamato attraverso la proiezione di fotografie sul fondale della scena, ci ricorda che il popolo africano non è l’unico ad essere in marcia, a spostarsi, a migrare.
    Il coreografo sceglie di servirsi di diverse forme d’arte: sul palco coesistono armonicamente danza, musica, canto e prosa. Un giovane uomo, voce narrante che accompagna e incita i danzatori nel loro viaggio, richiama una dimensione epica e memorabile.
    Non a caso Kirina è “opera africana”, ispirata a una mitologia che, come precisa il coreografo, appartiene a tutti noi.
    Elettra Rossi
    Danzaeffebi meet REf18

    Set 26, 2018 @ 10:49:16

  2. FrancescoMastromauro

    “Non vi aspettate soltanto movimenti tipici, che fanno parte della tradizione Africana! Il nostro è un punto di partenza per esplorare e ricercare nuovi movimenti”. È cosi che il coreografo della compagnia FASO DANSE THÉÂTRE, Serge-Aime Coulibaly, introduce il suo assistente e danzatore della stessa compagnia, Ahmed Soura, nella masterclass che si è svolta lo scorso 20 Settembre dalle ore 11.00 alle 13.00 nell’accogliente location del Teatro Ruskaja dell’Accademia Nazionale di Danza. Energia, espressività, fisicità e comunicazione sono state il filo conduttore di tutta la lezione dedicata esclusivamente ad un gruppo di 25 danzatori dell’Accademia. Nel senso più pratico, durante la lezione, dopo un primo riscaldamento fisico, si sono alternati momenti di coreografia e momenti di improvvisazione. In quest’ultima parte, il danzatore Ahmed afferma: “Il movimento del corpo deve sostituire la parola nel modo più chiaro possibile. Il movimento, quindi, è l’unico mezzo di comunicazione”, mostrando non solo la sua spiccata qualità di movimento ma soprattutto la capacità di comunicare grazie all’espressività del viso, avendo ben chiaro che l’atto comunicativo implichi l’ascolto di un interlocutore esterno.
    Da danzatore posso affermare che è stato difficile restare seduto ad assistere alla masterclass da uditore: il coinvolgimento del coreografo e del suo assistente durante la lezione è stato inevitabilmente percepibile.
    Ho apprezzato tantissimo il processo di trasformazione/connubio di movimenti caratteristici delle danze africane con movimenti meno stereotipati e più sperimentali.
    Good energy!
    Francesco Mastromauro
    Danzaeffebi meet REf18

    Set 29, 2018 @ 11:28:57

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