L'intervista

Incontro con l’artista multimediale Martìn Romeo. Come nasce una performance di danza interattiva, tra danza e tecnologia.

Intervista a Martìn Romeo, artista multimediale la cui ricerca è rivolta all’arte interattiva, tra videoinstallazioni e performance di danza. Direttore artistico del Toolkit Festival di Venezia, Romeo spiega come nasce una performance tra danza e tecnologia. Romeo presenta il 12 febbraio all’ex Cartiera di Roma The Method, spettacolo di danza interattiva interpretato da Cristine Sonia Baraga e terrà un workshop il 18 febbraio a Roma nell’ambito di Periferica #ArtIsAct Interactive and Digital Art Festival.

La danza interattiva è un’esperienza artistica in cui l’interattività rappresenta l’anello di congiunzione tra movimento, musica e scenografia digitale. Ne deriva un’opera che cresce e si sviluppa come se fosse un essere vivente; la sua progressione dipende dall’atteggiamento stesso dell’artista o dello spettatore che ne decide l’evoluzione.

Ne abbiamo parlato con Martìn Romeo, artista multimediale la cui ricerca spazia tra videoinstallazioni e performance di danza contemporanea e che, come direttore artistico del Toolkit Festival di Venezia, è riuscito a creare un punto d’incontro in Italia per l’arte interattiva.

Martìn, si parla di danza interattiva per progetti che riguardano diversi “strati” espressivi e percettivi, che coinvolgono tecnologia, multimedialità e performance corporea. Come nasce un’idea progettuale in questo senso?

Il processo espressivo, per me, parte sempre da un’immagine nella quale immergermi. La concezione è poter fruire di quest’idea, effimera, e renderla percepibile attraverso vari elementi compositivi: la scenografia, i personaggi che la animano e l’interattività, che connette questi elementi assieme alla musica. In questo modo il processo è lo stesso che avviene nel mondo reale, quando le proprie azioni generano dei cambiamenti nell’ambiente. Quella che era inizialmente solo un’immagine si trasforma così in uno stato d’animo. Una prospettiva stimolante che comporta, per l’artista, una sfida che parte presentando più elementi fino a ottenerne uno soltanto. L’obiettivo è riuscire a far comprendere allo spettatore, in un’unica profondità visiva, quello che si potrebbe fare con molteplici linguaggi convergenti.

Il mio punto di partenza è realizzare un’opera articolata nello spazio che coinvolga danza e immagini in movimento. In questo senso l’arte interattiva è “il driver tra danza e tecnologia”. Per fare questo ho bisogno di danzatori, compositori, scenografie digitali dove l’interattività mi permette di connettere tutti questi elementi dando loro un senso.

Quali sono gli elementi che un coreografo/ballerino deve tecnicamente considerare per portare in scena una performance interattiva? Ad esempio: il tipo di tecnologia usata può influenzare l’espressione corporea o è il movimento che “guida” le variabili audio-visive in gioco? Cambiano le modalità di fruizione dello spettatore?

La tecnologia interattiva ci permette di seguire il corpo in movimento: una volta stabilita la coreografia è l’artista che si preoccupa di sorvegliare l’andamento del lavoro. Il coreografo/danzatore deve occuparsi dei movimenti in relazione alla produzione video che costituirà la scenografia digitale dello spettacolo. Video e danza devono essere equilibrati entrambi, in modo da poterli “leggere” insieme e non indipendentemente l’uno dall’altra.

Lo spettacolo interattivo è un’opera d’arte temporanea, che deve assicurare la ripetibilità delle sue componenti ogni volta messo in scena. E’ perciò richiesto un attento studio preparatorio riguardo ai diversi elementi che entrano in gioco (video, movimento, musica, scenografia digitale) per assicurare un’esecuzione il più possibile vicina al pensiero dell’artista, ogni volta. Quindi utilizzare più elementi eterogenei tra loro, contemporaneamente e dal vivo, implica una maggiore attenzione e coerenza nel loro stesso utilizzo. Dipendentemente dalla loro resa ne deriva una certa modalità di fruizione. Il tipo di tecnologia può influenzare l’espressione corporea e viceversa.

Nelle mie performance, l’intento è accompagnare il normale andamento del corpo a un’amplificata percezione del mondo, attraverso semplici gesti. Credo che il corpo deve avere con la tecnologia una relazione di tipo “indifferenziale”, deve cioè essere il meno meccanico possibile. Le modalità di fruizione dello spettatore di certo cambiano, visto che egli stesso si immedesima in quel corpo danzante o vive in prima persona l’andamento drammaturgo dell’esibizione.

Parliamo di tecnologie. Oggi hardware come Arduino permettono anche alle persone meno esperte di creare dispositivi elettronici per interagire con l’ambiente, quindi software open source (cioè creati con programmi liberi, modificabili e gratuiti) rendono le tecnologie disponibili a un numero più ampio di persone e a livelli sempre più elevati. Quanto è accessibile il mondo digitale che si rivolge alla danza? Sono richieste competenze specifiche per la costruzione di una performance interattiva? 

E’ sicuramente richiesta una predisposizione all’incontro con le nuove tecnologie; l’arte contemporanea, così come la vedo io, è pura collaborazione multidisciplinare che punta a una ricerca innovativa, piena di stimoli e esperienze che si condensano in 30 minuti di spettacolo! E’ importante avere un’apertura mentale verso il continuo rinnovamento del prodotto artistico, che può essere ripreso e ribaltato ogni volta per ricominciare e tentare un’altra strada. Come dicevo la metodologia di lavoro nel contemporaneo è la collaborazione; unendo le proprie esperienze e capacità si può ottenere sicuramente il risultato di una performance interattiva. E’ inoltre richiesta una forte conoscenza dell’espressività del corpo, per permettergli di dialogare vivacemente con lo spazio attraverso l’azione.

Quali, a tuo parere, le tecnologie più adatte o più utilizzate per esprimere contenuti artistici?

Non credo ci sia un mezzo più adeguato di un altro. Per esprimere contenuti artistici non ci sono regole. Quello che cambia è il tipo di rappresentazione che si vuole fare. In altre parole, performance e installazione sono due presentazioni di differente fruizione ma che possono anche essere fatte con lo stesso strumento. Queste tecnologie sono molto versatili e con proprietà di realizzazioni concettualmente infinite. Nelle mie opere uso il tool Vvvv che, ad es. attraverso la connessione di molteplici webcam consente di mappare e modificare l’ambiente circostante, con la propria presenza o movimento, rendendolo interattivo.

Martìn, sei nato a Carrara, sei cresciuto a Buenos Aires, e sei tornato in Italia nel 1999. Molte delle tue esperienze sono internazionali (File – Electronic Language International Festival in Brasile, International Sarajevo Winter Festival in Bosnia-Erzegovina, Inside-Out Art Museum in Cina, IMCR Center in USA, 15° Biennale del Mediterraneo in Grecia). Qual è, secondo te, l’orientamento dell’Italia nei confronti dell’arte interattiva e digitale?

Cinque anni fa ho fondato il Toolkit Festival a Venezia sulla ricerca di nuove forme artistiche connesse alla tecnologia interattiva. Il progetto è nato per essere uno spazio di sperimentazione, esibizione e il coinvolgimento del pubblico all’interazione stessa. Negli anni abbiamo ospitato artisti da tutto il mondo, organizzato mostre tra arte e scienza in diverse città, collaborando con altre realtà nello sviluppo di nuovi progetti e workshop. Obiettivo del festival è essere continuamente versatile, come lo sono i software che si utilizzano per l’interattività, senza fermarsi a una struttura definita. Sto quindi lavorando a una mostra per Expo Milano 2015 che tratterà il viaggio del cibo via mare.

Negli ultimi anni in Italia è aumentato il numero delle manifestazioni che si occupano di questi temi, così come la richiesta di interventi artistici svincolati dalla promozione di prodotti (come si usava fare invece prima). Sta emergendo sul versante performativo l’interesse per la danza legata alla tecnologia. Sicuramente manca ancora molta di questa proposta culturale in Italia, in ritardo con quello che succede al dì fuori. L’arte interattiva e digitale non viene vista come una vera e propria branca dell’arte contemporanea, ma quasi come una cosa a se’ stante.

Giannarita Martino

Tw: @giannarita

8/02/2015

La danza interattiva in scena a Roma tra performance e workshop

Per saperne di più ecco i prossimi appuntamenti di Martìn Romeo.

Il 12 febbraio 2015  The Method, spettacolo di danza interattiva apre a Roma alla Ex Cartiera Latina (Parco Appia Antica, Via Appia Antica 42) la rassegna di arti visive e live performance 2025 – Future Environment Human, con venti artisti nazionali e internazionali che riflettono sul futuro e sulla possibilità di un nuovo rapporto sostenibile tra uomo, natura e tecnologia. The Method, interpretato da Cristine Sonia Baraga, racconta della natura, prima forma vitale, che subisce i cambiamenti climatici, sociali e di selezione naturale. Il lavoro riflette sul territorio e l’habitat circostante attraverso la luce, il colore, proiezioni che animano le silhouette, definite e sfuggenti allo stesso tempo. La funzionalità di luce e colore viene esasperata al massimo attraverso il dialogo di posizioni nello spazio: grazie alla retroilluminazione alcune forme diventano visibili e altre apparentemente bidimensionali si stagliano dallo spazio profondo, vero centro di questo equilibrio.

Se invece si ha voglia di sperimentarsi nella costruzione di una performance interattiva, il 18 febbraio, sempre a Roma, si potrà partecipare al workshop Danza e Tecnologia, nell’ambito di PERIFERICA #ARTISACT Interactive and Digital Art Festival (pressdo FusoLab duepuntozero, Viale della Bella Villa 94, Roma). Il workshop affronterà tutte le fasi della costruzione di una performance artistica interattiva, dalla produzione alla messa in scena, attraverso l’uso di elementi multimediali. Obiettivo sarà comprendere le differenze nella creazione di queste particolari forme artistiche, ossia la modalità e la tempistica con cui gli elementi vengono impiegati e combinati tra loro: corpo, musica e immagine. In riferimento all’esperienza personale di ciascun partecipante, saranno individuate situazioni e luoghi per intraprendere una strategia di produzione e presentazione dei progetti, la quale culminerà in una performance di danza contemporanea. Sempre nell’ambito di Periferica #ArtIsAct, Martìn presenterà il 20 febbraio 2015 una versione di The Method adattata appositamente all’evento nonché l’installazione interattiva Built In.

Di seguito un altro esempio di performance interattiva di Martìn Romeo: Label, una sintesi di movimento corporeo e proiezioni video che indaga il deterioramento del corpo a favore dell’immagine. La scenografia digitale si appropria del corpo della performer generando una nuova struttura che andrà a sostituire la danzatrice.  L’obiettivo che si vuole raggiungere è rappresentare un’immagine capace di esibirsi in materia, mostrandosi nella realtà tangibile.

 

Foto di Emanuele Girotti

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