Il Teatro San Carlo e il Decreto Valore Cultura

Il Teatro San Carlo non aderisce al Decreto Valore Cultura: soddisfazione dei lavoratori ma il CdA si dimette. Ora vigilanza del Mibact.

In questi ultimi giorni si è consumato un match al Teatro San Carlo tra il CdA e i lavoratori della fondazione sostenuti dal sindaco di Napoli. Il finale di partita vede tutti perdenti e lo spettro di un Commissario in arrivo. Non era meglio trovare una soluzione nel mezzo?

Da una parte ci sono il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e i lavoratori del San Carlo. Dall’altra il Consiglio di Amministrazione della fondazione partenopea. Al centro del match la decisione di aderire o meno al Decreto Valore Cultura del Ministro Bray.

I lavoratori fanno la prima mossa: affermano di essere pronti a occupare il San Carlo, bloccando la stagione, se il CdA dovesse aderire al Decreto Valore Cultura che comporta per loro tagli in busta paga. Con loro si schiera de Magistris e la loro squadra sembra vincere: lo scorso giovedì 9 gennaio il San Carlo approva la decisione di non aderire alla legge del Ministro Bray con grande soddisfazione dei lavoratori. Ma la partita non è finita perché i membri del Consiglio di Amministrazione si dimettono uno dopo l’altro: giovedì sera si sono dimessi il governatore Stefano Caldoro, il deputato e ex presidente della provincia Luigi Cesaro, il presidente della Camera di Commercio Maurizio Maddaloni e il rappresentante del Mibac Riccardo Villari, già sottosegretario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; ieri sera sono arrivate anche le dimissioni di Andrea Patroni Griffi, nominato nel CdA dallo stesso sindaco quale rappresentante del Comune.

Il risultato, in realtà,  è che non ha vinto nessuno: con solo De Magistris superstite del CdA, il Teatro è ingovernabile. Ora la parola passa al Ministero dei beni e delle attività culturali e non è escluso l’arrivo di un Commissario. Possibile che una fondazione in pareggio di bilancio, una delle poche che sembrava risorta con il plauso del pubblico si possa trovare ora in una situazione di caos amministrativo e con lo spettro di un commissariamento?

Leggendo i commenti sui blog e sui giornali c’è chi si schiera con sindaco e lavoratori e chi con il CdA. A mio modesto avviso è difficile dire chi ha torto e chi ha ragione dato che hanno tutti al tempo stesso le loro ragioni e tutti torto.

Hanno ragione i lavoratori e De Magistis quando affermano che i conti della fondazione partenopea sono in pareggio: la fondazione ha già da anni tagliato conti e personale (i lavoratori del San Carlo sono circa 300 contro gli oltre 600 dell’Opera di Roma), ha aumentato la produttività e riportato i conti in equilibrio; per quale motivo dunque penalizzare i lavoratori togliendo loro gli integrativi?

Ma hanno ragione anche i membri del Consiglio di Amministrazione che evidenziano due gravi problemi:  da un lato la mancanza di liquidità dovuta al fatto che la Regione Campania eroga i fondi con enorme ritardo; dall’altro c’è un grande problema nello stato patrimoniale della Fondazione. Oltre a qualche milione di euro inserito in modo virtuoso nel patrimonio in questi ultimi anni, l’unico bene patrimoniale della Fondazione è il Teatro stesso, un bene che tuttavia non è propriamente patrimonio della Fondazione in quanto è patrimonio dell’umanità. De Magistris in questi ultime settimane ha provato a risolvere la problematica patrimoniale della fondazione facendo approvare dal Comune di Napoli  una delibera con la quale la città cede alcuni suoi beni immobili alla Fondazione. Ma i passaggi per rendere operativa questa delibera non sono pochi e allo stato attuale la situazione patrimoniale è ancora in rosso. Come dunque si possono criticare i membri del Consiglio di Amministrazione quando affermano che i conti non sono a posto per cui è necessario aderire al Decreto Valore Cultura rispettando la legge, ammettendo di avere dei problemi?

Una domanda: perché il San Carlo non ha aderito al Decreto Valore Cultura come hanno fatto tutte le fondazioni liriche (uniche eccezioni sembra siano la Scala e Santa Cecilia) presentando un piano di risanamento in grado di riportare in tre anni la fondazione in condizioni di attivo patrimoniale prevedendo un nuovo contratto integrativo che prevedesse magari solo dei tagli simbolici dato che il problema per questa fondazione è il solo conto patrimoniale?

Vertici della Fondazione e lavoratori hanno discusso la possibilità di fare tutti un piccolo passo indietro che permettesse però un ulteriore rilancio del Lirico grazie all’accesso al fondo rotativo del Decreto Valore Cultura? Rinunciare a pochi euro di integrativo ma essere certi di avere la liquidità per pagare gli stipendi non sarebbe stato meglio che avere sulla carta gli integrativi interi ma la possibilità che arrivi un Commissario che, verificando un serio problema patrimoniale, possa decidere comunque di far entrare il San Carlo fra gli enti in crisi annullando il contratto integrativo vigente?

Francesca Bernabini

11/01/2014

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