La recensione

Il Teatro dell’Opera di Roma omaggia Rudolf Nureyev e inaugura la stagione estiva a Caracalla. Successo per il corpo di ballo diretto da Eleonora Abbagnato.

Serata Nureyev ha inaugurato, lo scorso giovedì 22 giugno, alle Terme di Caracalla la stagione estiva 2016 del Teatro dell’Opera di Roma. In scena estratti da Raymonda, Il lago dei cigni, La Bayadère nelle versioni coreografiche del grande ballerino russo. La serata rivela i primi risultati di un lavoro intenso sui ballerini del teatro, che fa gioire di un ensemble in buona salute e già induce a nuove attese. Stelle della serata, l’ospite Friedemann Vogel e la prima ballerina Rebecca Bianchi, accompagnati dai colleghi Marianna Suriano, Giuseppe Depalo, Claudio Cocino ed Alessandra Amato. Successo per il corpo di ballo diretto da Eleonora Abbagnato.

Non poteva essere più attesa, quest’anno, l’inaugurazione della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla, in concomitanza con la presentazione della prossima stagione d’opera e balletto del Teatro e con l’ufficializzazione di dati di crescita eclatanti in termini di pubblico. Tra gli archi antichi di Caracalla, nascono nuove aspettative di grandezza, alimentate dalla rinnovata fiducia nel Corpo di Ballo diretto da Eleonora Abbagnato e da un programma impegnativo che ha il sapore di una vera e propria sfida.

La serata d’apertura del 22 giugno 2016 ha presentato tre estratti dai grandi titoli del repertorio classico, Raymonda (terzo atto), Il lago dei cigni (La Polonaise e il passo a due del Cigno nero), e La Bayadère (Le Ombre dal terzo atto) nelle versioni di Rudolf Nureyev, artista indimenticato per le prodezze in scena e per un segno coreografico di estrema riconoscibilità e ricchezza stilistica. Un linguaggio tecnicamente complesso, denso di brevi e repentini scambi, interrotto da virtuosismi misurati e minuziosamente cadenzato da un sopraffino senso ritmico e musicale. Uno stile che ancora oggi rievoca le movenze dell’eroe russo, della cui tecnica e infuocata interpretazione certamente rimarca la memoria e che, sempre di più, ne rivela l’estetica moderna, scorrevolmente dinamica e dannatamente viva. Impresa niente affatto semplice per gli interpreti del Teatro dell’Opera, che tuttavia hanno potuto contare sul tocco esperto di maestri d’indiscussa competenza: prima fra tutti, Patricia Ruanne, per anni partner e musa dello stesso Nureyev (che creò per lei il ruolo della protagonista in Romeo e Giulietta), poi maître de ballet all’Opéra de Paris (su richiesta del ballerino, allora direttore del balletto francese) e oggi massima esperta e ripetitrice del repertorio Nureyev; Frédéric Jahn, maestro di ballo al Teatro dell’Opera di Roma e responsabile, con Ruanne, della ripresa dei balletti di Rudolf Nureyev; Laurent Hilaire e Florence Clerc, étoiles, storici interpreti e ripetitori per l’Opéra de Paris.

Non ci attendevamo sorprese, in apertura di serata, dal terzo atto di Raymonda (presentato da Nureyev nel 1964 al Festival di Spoleto e poi in altre tre versioni, fino alla definitiva per la stagione 1983/1984 dell’Opéra de Paris), se non altro per la già riuscita esecuzione dello stesso estratto nella notte Grandi Coreografi, dello scorso marzo, al Teatro Costanzi. Nel raffinato quadro che riunisce i due giovani amanti, Raymonda e Jean de Brienne, in seguito alla feroce separazione in tempo di crociate e all’imprevista incursione di un cavaliere saraceno, scopriamo invece un nuovo tassello di accuratezza e stile che certamente esalta l’impegno dell’intero corpo di ballo romano. L’atto regala una sequenza gioiosa di danze di gruppo ungheresi che accompagnano e circondano il sogno d’amore dei due giovani sposi sulle note di Aleksandr Glazunov (all’epoca della creazione originale, nel 1898, alla sua prima esperienza con il coreografo Marius Petipa, che ne seguì puntigliosamente l’intera composizione). Se la meravigliosa apertura musicale del balletto acuisce il rammarico per la mancanza dell’orchestra a Caracalla, rinfranca tuttavia la perfetta sincronia e omogeneità delle otto coppie di ballerini, indubbiamente allenate ai ritmi incalzanti delle danze ungheresi, ai rapidi movimenti di gambe e piedi e alla caratteristica impostazione di braccia e testa che ne direzionano e costruiscono il disegno d’insieme. Un’esecuzione e un assieme ancor più preciso, perfetto e puntuale rispetto a quanto già visto lo scorso marzo.

Protagonista assoluta ci appare Rebecca Bianchi, prima ballerina e interprete, in questa versione, del ruolo di Raymonda. Benché già ammirata sul palcoscenico del Costanzi, Bianchi sembra finalmente rivelare quella stoffa d’artista che fino ad oggi etichettavamo come talento in erba e che la direttrice Abbagnato insistentemente annunciava. Vediamo nella ballerina venticinquenne, al di là di una raffinata padronanza tecnica, un salto notevole in presenza scenica e profondità interpretativa, che ne amplia ulteriormente i margini di crescita professionale. In un ruolo che le troviamo congeniale, Rebecca Bianchi individua inconsciamente il non dichiarato e forse ambiguo profilo psicologico del personaggio, giovane fanciulla innamorata di un uomo e preda della passione di un altro. Altera e regale, Raymonda/Bianchi è perfetta nel suo assolo più famoso, trascinata da irrefrenabili pas de bourrée suivi e passé, che frena e comanda con il busto eretto e il battito delle mani, dichiarando il piglio di una personalità inflessibile e fiera. Il tutto mentre la curva dei piedi e delle gambe ne esalta la figura sinuosa, consegnando al ruolo un’aura di conturbante femminilità. Al suo fianco, Friedemann Vogel, principal dello Stuttgart Ballet ed étoile internazionale, danzatore eccellente dotato di fisicità imponente, precisione tecnica e presenza scenica che ricorda, a tratti, lo stesso Rudolf Nureyev. Nel pas de deux centrale, sulla musica dagli echi orientali con vene di accennata disperazione, le coppie del corpo di ballo replicano i gesti dei protagonisti moltiplicandone in intensità e bellezza il trionfo amoroso. Molto bene Anjella Kouznetsova nel ruolo della Contessa per l’eleganza e la sensibilità musicale, e Alessia Gay, nell’assolo di giga ungherese, per la cura nei dettagli stilistici e la padronanza di punte arcuate e precise. È una piacevole esibizione di giovinezza e leggerezza il pas de quattre maschile con Giacomo Castellana, Giuseppe Depalo, Giacomo Luci ed Emanuele Mulè: singolarmente abili nei salti e nelle pirouettes, ben affrontano le difficoltà del pezzo, sostenendone dignitosamente, pur tra qualche piccola asincronia, la sfida tecnica e musicale (soprattutto negli ottimi tour en l’air doppi eseguiti a canone).

I due titoli della seconda parte della serata, mai affrontati dal corpo di ballo romano, hanno evidenziato altri aspetti del gruppo, qui chiamato all’ulteriore sfida della ‘prima volta’. Non temiamo di eccedere in lode, dichiarando molto buona la prova dei sedici ballerini ne La Polonaise dal primo atto de Il lago dei cigni. In perfetta linea con lo stile Nureyev, i giovani ne  fronteggiano con entusiasmo le complessità, ben disegnando in scena gli inattesi cambi di direzione, gli incroci in corsa, i voli brevi e le braccia danzanti. Leggermente meno esaltante, ma probabilmente penalizzato dalle maggiori attese e dalla non trascurabile difficoltà tecnica (accentuata dall’irregolare pavimento scenico), il Pas de deux del Cigno Nero, arricchito nella versione Nureyev dalla presenza costante del temibile e stregonesco Rothbart tanto che il passo a due diventa pas de trois. La prima ballerina Alessandra Amato non delude negli aspetti che ne costituiscono il talento, come l’accademica perfezione di linee e una caratteristica muscolarità vittoriosa e tesa; in una serata probabilmente difficile, si espone tuttavia a qualche défaillance che non le consente di brillare pienamente, soprattutto in quei virtuosismi che generalmente ne esaltano l’abilità. Friedemann Vogel conferma la propria eccellenza, pur in un’interpretazione meno elettrizzante rispetto a Raymonda. Bravo Giuseppe Depalo, Rothbart carismatico, agile e armonioso nel salto, in una prova tecnica senza sbavature.

La chiusura non poteva che essere affidata al terzo atto de La Bayadère, balletto carico delle vicende biografiche del grande Nureyev, che portò in scena l’Acte des Ombres  nel 1974 all’Opéra de Paris e alla cui versione integrale dedicò le sue ultime forze di uomo mortale ed eterno artista. Con lo sfondo magico delle Terme di Caracalla, gli arabesque in bilico di bianche fanciulle in tutù che discendono il piano inclinato verso il regno delle ombre, certamente regalano attimi di beatitudine agli amanti del balletto (nonostante qualche imprevisto tecnico distragga momentaneamente lo sguardo). Le ventiquattro ballerine affrontano con disciplina le curve del percorso e più che mai riusciamo qui ad osservare il lavoro di pulizia stilistica svolto dietro le quinte: lo notiamo principalmente nello sforzo di salvaguardare la sincronia e l’omogeneità del gruppo, negli arabesque a 90° e senza inutili sfoggi tecnici come vuole la tradizione,  e nella musicalità all’unisono, udibile persino nei battement accordati sullo stesso fruscio. La solista Marianna Suriano, giovane interprete di Nikiya, conferma le proprie doti di eleganza e morbidezza, in una prova che ne rivela la tecnica matura, tra le pieghe di un’esibizione che lascia tuttavia intravedere spazi di ulteriore crescita. Bene la accompagna il suo partner Claudio Cocino, già apprezzato interprete al Costanzi del recente Le Parc di Angelin Preljocaj. Nel ruolo di Solor, Cocino si conferma convincente nell’interpretazione e perfezionista di una tecnica essenziale e pulita. Bene Elena Bidini, Sara Loro e, di nuovo, Alessia Gay, nelle tre difficili variazioni solistiche eseguite in modo impeccabile.

Ricordo e omaggio all’artista russo che infiammò i teatri del mondo, la serata espone i primi risultati di un lavoro intenso sui ballerini del teatro, e se da un lato lascia gioire di un ensemble in buona salute, dall’altro già induce a nuove attese nei confronti di un gruppo giovane e famelico di grandi imprese. Di certo riusciamo a vedere oggi, e non più solo ad immaginare, trascinati dalle appassionate parole della direttrice Eleonora Abbagnato, quel progresso per piccoli passi, fatto dello studio di ogni giorno e della dedizione di maître internazionali, che rincuora e ripaga della fiducia nel nuovo corso. E soprattutto incontriamo un pubblico diverso, più coinvolto nelle vicende del maggior teatro della capitale, pronto ad applaudire ma anche a pretenderne l’eccellenza, interessato al rinnovamento ma anche al rispetto di quella tradizione di cui siamo già stati tra i più fieri rappresentanti. In questa prospettiva, l’intera programmazione di balletto ci pare il frutto di un’onesta osservazione dei nuovi flussi, e non più solo la prevedibile proiezione di esperienza e intuito, che pure la direttrice Eleonora Abbagnato possiede in grande misura. Una programmazione che conferma il primo piano del repertorio classico e che rilancia l’investimento sui grandi nomi della coreografia internazionale contemporanea, ma che soprattutto rivela un assiduo lavoro dietro le quinte sui giovani danzatori, di nuovo protagonisti del presente e del futuro del balletto romano.

Un buon successo per il Teatro dell’Opera e per il suo Corpo di ballo, applaudito con calore dal pubblico di Caracalla e, a nostro parere, un’ottima introduzione alla prossima produzione Il lago dei cigni di Christopher Wheeldon (in programma per settembre) e alla stagione 2016/2017, di cui attendiamo con vivo interesse gli imminenti sviluppi.

Lula Abicca

26/06/2016

La recensione si riferisce alla serata del 22 giugno 2016.

Foto: 1.-3. La Bayadère, coreografia Rudolf Nureyev, Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama; 4. Alessandra Amato, Lago dei cigni di Rudolf Nureyev, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 5. Friedmann Vogel alle Terme di Caracalla, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 6. Rebecca Bianchi in Raymonda di Rudolf Nureyev, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 7. Giovanna Pisani, Marianna Suriano, Giorgia Candela, Raymonda, cor. Rudolf Nureyev, Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama; 8. Raymonda, cor. Rudolf Nureyev, Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama

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