Danza al cinema

Dancer, film documentario di Steven Cantor sulla vita dell’enfant terrible della danza Sergei Polunin inaugura il Festival dei Popoli 2017

Martedì 10 ottobre 2017 a Firenze l’anteprima italiana di Dancer, il film documentario di Steven Cantor che immortala la vita e l’arte dell’enfant terrible della danza Sergei Polunin, apre la 58° edizione del Festival dei Popoli. Nel film la vita di questo danzatore ribelle, dall’infanzia in Ucraina al suo ingresso nella Royal Ballet School di Londra e poi nella compagnia inglese che lo incorona primo ballerino a soli 19 anni. E poi gli scandali, i tatuaggi, le droghe, gli abusi e, all’apice del successo, l’abbandono della prestigiosa compagnia. E il ritorno alla danza con il video di LaChapelle.

Sarà l’anteprima italiana di Dancer, il documentario di Steven Cantor che immortala la vita e l’arte dell’enfant terrible della danza Sergei Polunin, definito dal New York Times “il ballerino più dotato della sua generazione”, ad aprire la 58° edizione del Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario. La proiezione di Dancer si terrà martedì 10 ottobre 2017, alle 21.30, presso il cinema La Compagnia di Firenze.

La pellicola, che sarà distribuita nelle sale cinematografiche da Wanted, segue attraverso interviste e filmati d’archivio la straordinaria storia del prodigio della danza, divenuto, a soli 19 anni, il più giovane primo ballerino del Royal Ballet di Londra e considerato uno dei più geniali e controversi ballerini contemporanei. “Il James Dean, il Bad Boy della danza”, come lo hanno battezzato i media inglesi, in riferimento alla sua attrazione per gli eccessi autodistruttivi, emerge come un personaggio romantico e tormentato, che ha saputo rendere popolare il balletto classico grazie a un talento naturale, “aiutato” da un efficacissimo video virale, diretto da David LaChapelle, che lo vede esibirsi in una coreografia mozzafiato sulle note di Take Me to Church di Hozier.

Ribelle, iconoclasta, una vera e propria star, Sergei Polunin è uno dei tanti figli della povertà nell’Ucraina degli anni ‘90. Nel suo paese di origine “tutti erano poveri, nessuno aveva soldi. E quando tutti sono poveri, non senti le differenze”. Polunin è cresciuto in una famiglia che ha fatto grandi sacrifici per permettere a lui, giovanissimo e formidabile ballerino, di proseguire la sua formazione, con la speranza di un futuro migliore.

Il regista e produttore americano Steven Cantor, candidato agli Oscar con il suo primo film Blood Ties: the Life and Work of Sally Mann, svela questa parte della vita di Sergei Polunin attraverso gli innumerevoli home-video girati dalla madre, risorsa rarissima nell’epoca pre-digitale. L’accesso a questi materiali permette di tracciare il percorso intimo e artistico dell’artista, dalle prime pirouette già all’età di otto anni al suo ingresso a 13 anni nella Royal Ballet School di Londra dove si diploma nel 2007. E poi la rapidissima ascesa nella compagnia del Royal Ballet che lo promuove solista nel 2008, primo solista nel 2009 e Principal nel 2010. E poi gli scandali, i tatuaggi, le droghe, gli abusi e, all’apice del successo, l’abbandono della prestigiosa compagnia inglese nel 2012 per poi tornare trionfante alla danza sulle note trascinanti del video di LaChapelle.

Nell’attesa ecco il trailer del film.

 

 

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2 Commenti

  1. Deborah77

    L’ antiprincipe della danza. Meraviglioso. Non vedo l’ora di vedere questo docufilm.
    Deborah

    Ott 02, 2017 @ 11:42:07

  2. simonettasan

    Sergei, angelo ribelle della danza.

    Classe 1989, sguardo magnetico, corpo tatuato meravigliosamente atletico. Una statua che danza, un’energia che incombe e travolge. Molti lo hanno definito il nuovo Rudolf Nureyev, a ragione. Oggi Sergei Polunin è un astro nascente, direi ormai splendente, nell’Olimpo dei migliori ballerini classici sulla scena mondiale. Giunto alla notorietà del grande pubblico per la sua performance nel video Take Me to The Church del cantautore e musicista irlandese Andrew Hozier-Byrne, conosciuto come Hozier, diretto da David La Chapelle, Sergei era già conosciuto dagli amanti e dai buoni conoscitori di quella splendida arte suprema che è il balletto. Non era passato inosservato. Quando ho avuto la fortuna e l’onore di vederlo volteggiare in Coppelia al teatro Stanislavsky di Mosca, non l’ho più lasciato, e ho iniziato a seguirlo in tutti gli spettacoli possibili (quando si riesce a trovare il suo nome in affiche, cosa non semplice), dal Lago dei cigni a La Bayadère, oltre che sulla stampa. Se quella russa, inglese e americana ne parlano ormai da tempo, quella italiana ha iniziato a farlo abbastanza recentemente, dopo il video di La Chapelle e l’esibizione in Giselle al Teatro La Scala, nel 2015. Tanto più che, nello stesso 2015, il mensile Danza & Danza lo ha dichiarato ballerino dell’anno.

    Nato in Ucraina, da Galina Polunina, casalinga, e Vladimir Polunin, operaio, Sergei prende le sue prime lezioni di ballo a soli tre anni, a quattro entra in un’accademia di ginnastica artistica, dove comincia un serrato programma di allenamenti che da quel momento scandiranno rigidamente tutta la sua vita. Ma la sua passione è la danza. La famiglia non è ricca, come spesso accade nel mondo di questi talenti dell’est Europa (lo stesso Nureyev ricorda quando alternava scuola di danza e campi agricoli) ma la forza di volontà e la voglia di emergere, oltre che un talento innato, hanno il sopravvento. E poi la fortuna aiuta gli audaci, sempre. Nel 1999, partecipa a un’audizione per il Kiev’s State Choreographic Institut, esibendosi in un’improvvisazione su un’aria di Luciano Pavarotti che colpisce particolarmente gli esaminatori, vista la sua giovanissima età. Accettato dalla prestigiosa accademia, si trasferisce a Kiev con la madre, vivendo in un piccolo appartamento (un’unica stanza in periferia), mentre il padre si sposta in Portogallo per lavoro.

    Nel 2003, grazie a una borsa di studio della Rudolf Nureyev Foundation (ecco il primo grande legame con il maestro), Polunin entra a far parte della British Royal Ballet School e si trasferisce a Londra. Nel 2009, viene nominato primo solista e nel 2010 primo ballerino, il più giovane nella storia del Royal Ballet, a soli diciannove anni. Polunin deciderà di lasciare questo prestigiosa compagnia, nel 2012, mostrando insofferenza a una situazione dove, a suo parere, un artista non riusciva a esprimersi al meglio, a causa di vincoli di varia natura, con la forte e frustrante sensazione di una reale impossibilità a decidere qualsiasi cosa su di sé e il proprio lavoro.

    Nello stesso anno, Sergei incontra, a San Pietroburgo, Igor Zelensky, ex primo ballerino del Kirov Ballet e del Royal Ballet, oggi direttore artistico del Teatro moscovita Stanislavsky e del Teatro dell’opera e del balletto di Novosibirsk. Gli viene proposto il ruolo di primo ballerino a Novosibirsk e a Mosca, con la libertà di esibirsi dove voglia. Sarà proprio Zelensky, considerato mentore e padre, a suggerirgli di partecipare al talent show televisivo russo Big Ballet dedicato alla danza, talent che Polunin vince e che gli conferisce popolarità in Russia, cui seguono apparizioni televisive, collaborazioni con stilisti e servizi fotografici su varie riviste, come Vogue.

    The Observer l’ha definito “il ballerino più naturalmente dotato di questa generazione”, il New York Times lo descrive come “Un ballerino favoloso, con una tecnica d’acciaio e una meravigliosa linea”, mentre il Telegraph “Il James Dean del balletto mondiale”. La stella vive tra valigie e aerei ma sempre con immensa energia. Volatile e leggero. Intenso e coinvolgente. Penetrante e volitivo. Sicuro ma sfuggente. Sergei, se pur giovane, dimostra grande maturità e voglia di cambiare molte cose nel mondo del balletto classico, vorrebbe anche creare una fondazione a suo nome che sostenga i ragazzi negli studi di danza, proprio come è capitato a lui che, tredicenne, è approdato a Londra grazie alla Fondazione Nureyev. È anche attivamente coinvolto in varie iniziative benefiche, come la Fondazione Hear the World, di cui è ambasciatore, per la quale ha tenuto un laboratorio di danza, a Mosca, con i ragazzi non-udenti del gruppo di ballo Angely Nadezhdy (Angeli della Speranza) impegnata nel fornire cure e assistenza a bambini malati di cancro.

    Lo vedremo presto in Dancer, film documentario diretto da Steven Cantor, prodotto da Gabrielle Tana, a lui dedicato.

    Sentimentalmente legato oggi alla magnifica Natalia Osipova, étoile del Bolshoi, Sergei vuole ballare solo con lei. Un intreccio magico di linee armoniose, tecnica d’acciaio e intensità espressiva. Una coppia degna di una favola, alla quale non c’è che da augurare il meglio. Splendidi cigni.
    Simonetta Sandri
    Articolo pubblicato su Wall Street International il 1 aprile 2016

    Ott 04, 2017 @ 16:44:20

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