La recensione

Al Teatro dell’Opera di Roma Roberto Abbado dirige il carnevale inquietante di Terry Gilliam, nuovo allestimento del Benvenuto Cellini di Hector Berlioz

Il carnevale romano con gli acrobati del regista Terry Gilliam scandiscono Benvenuto Cellini di Berlioz, nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma, in coproduzione con English National Opera e De Nationale Opera & Ballet di Amsterdam. Accurata la direzione di Roberto Abbado per una musica piena di insidie. Particolarmente affiatato il cast con John Osborn, Mariangela Sicilia, Alessandro Luongo, Nicola Ulivieri, Varduhi Abrahamyan, Marco Spotti. In scena fino al 3 aprile 2016.

Martedì 29 marzo 2016 arrivo al Teatro dellOpera di Roma per assistere a Benvenuto Cellini, opera semiseria di Hector Berlioz e sulla barcaccia, lì dove i palchi si affacciano sul proscenio, trovo due maschere gigantesche e inquietanti. Così inizia il carnevale di Terry Gilliam, regista proveniente dall’esperienza irriverente del gruppo demenziale dei Monty Python. Così il regista ci introduce nelle atmosfere del carnevale romano durante il quale si svolgono le vicende legate alla fusione della statua di Perseo dello scultore Benvenuto Cellini. Ed è subito invasione delle maschere in platea, con un’infinità di coriandoli che si infilano dappertutto, anche tra gli abiti di un compuntissimo reverendo seduto accanto a me. Questi, infastidito e imbarazzato, pensa bene di distrarsi col telefonino aggiungendo tetraggine alla scena con il suo volto illuminato di verde acido.

Benvenuto Cellini di Berlioz è tratto dalla Vita di Benvenuto Cellini. I librettisti Léon de Wailly e Henri Auguste Barbier aggiungono licenze varie tra cui l’amore di Cellini per Teresa Balducci, figlia del tesoriere del papa Clemente VII e promessa sposa allo scultore Fieramosca, rivale professionale di Cellini. Nella vicenda, il papa Clemente VII affida a Cellini l’incarico di creare una statua in bronzo di Perseo che stringe la testa mozzata della Medusa. Dall’ostilità di Giacomo Balducci, padre di Teresa e più propenso a Fieramosca, si sviluppa la storia che culmina con la fusione della statua. Presenti tutti gli ingredienti per comporre un melò infarcito di avventure: Cellini uccide per sbaglio un innocente, ci sono travestimenti e una condanna a morte se la statua non si realizza. Presenti i passaggi dell’amore contrastato, fondamentali per il pubblico del 1838, anche se nella realtà Cellini era omosessuale, cosa impossibile da rappresentare all’epoca. Oggi, abbiamo ancora qualche problema con le famiglie arcobaleno, ma la cosa sarebbe ampiamente accettata e chissà quale fiction verrebbe fuori.

Benvenuto Cellini è un impertinente, un vanesio con ideali di artista in un mondo di semplici. Sembra quasi che Berlioz si identifichi con lui. L’opera è stata rivista almeno tre volte. La musica è un mix di innovazione spinta e tradizione obsoleta. I contrasti si riscontrano nei passaggi da serio a comico, nei ritmi irregolari che si alterano a quelli squadrati, nell’orchestrazione immensa che si confronta con semplici accompagnamenti, nell’alternanza di tono lirico ed espressione popolare. La mia playlist cliccando QUI per avere un’idea.

La musica di Berlioz è dunque incostante. Ci sono momenti sublimi e passaggi – e sì, diciamolo – noiosi. Bravissimo, dunque, il direttore Roberto Abbado nella concertazione delle parti orchestrali e nel rapporto con i cantanti: piani sonori raffinati, contrasti tra la sezione degli ottoni e degli archi; grande controllo delle difficilissime scene di massa, con ritmiche impossibili e distribuite variamente tra le parti; qualità del suono e cura dei fraseggi. Ardita e scomoda  la musica di Berlioz: lo ha dichiarato Roberto Abbado nella conferenza stampa di presentazione dello spettacolo qualche giorno prima. E ha aggiunto che il ritmo quasi depista cantanti e orchestra, che il suono è spazializzato (pianissimo e fortissimo suonano in contemporanea, e si sentono distintamente) e che ci sono soluzioni armoniche insolite. Aggiungo che anche per il coro c’è molto lavoro in scena e il maestro Roberto Gabbiani non si lascia intimorire dalle insidie musicali con un ottimo risultato.

Anche la regia segue l’incostanza della musica. Terry Gilliam sembra ispirato durante le scene di massa, ben supportato dai suoi acrobati/attori. Tra tutti spicca una creatura diabolica, uscita direttamente dal film Mad Max che schiocca la frusta, si arrampica su impalcature, dando un tocco fetish alla scena.

Ho qualche dubbio sulle scenografie firmate sempre da Terry Gilliam in collaborazione con Aaron Marsden. Questo rifarsi alle incisioni di Piranesi mi ha dato un senso di oppressione che non sempre l’opera contiene e soprattutto una Roma durante il Carnevale: più che a piazza Colonna, sembra di stare nei bassifondi di una Londra ottocentesca e di scorgere David Copperfield tutto lercio in una latrina. Evidentemente Gilliam vuole sottolineare l’amarezza di un impertinente che si arrende alle regole. La regia di Gilliam è ripresa al Teatro dell’Opera di Roma da Leah Hausmann che, a suo dire, si è cimentata con tre geni: Cellini, Berlioz, Gilliam. Dopo sei anni di lavoro, approdare a Roma, terza tappa di una co-produzione che ha legato il Teatro dellOpera di Roma, con lEnglish National Opera e la De Nationale Opera & Ballet di Amsterdam, ha significato per lei e i suoi attori poter vivere finalmente il colore locale.

Non ho trovato un particolare valore aggiunto nei video di Finn Ross, usati come elemento scenografico di sfondo in movimento.

Tornando alla regia, molto bella la scena del Carnevale, con la pantomima di Cassandro che è un puro teatro nel teatro e si svolge su un palcoscenico posizionato su un piano più alto, dove gli acrobati svolazzano e roteano. Anche la scena finale con la fusione della statua di Perseo è d’impatto ma, davvero, la scena più coinvolgente è l’ingresso del papa Clemente VII, Marco Spotti, basso dalla presenza grottesca e interpretazione azzeccata. Su una struttura filiforme, eppure gigantesca, il papa è inserito dentro una sagoma di cartapesta opulenta e, quando ne esce, mostra fattezze filiformi con un costume orientale straniante.

Benvenuto Cellini è John Osborn. Mi libero subito, dicendo alla costumista Katrina Lindsay che la canotta “color sudore” non rende lo scultore un credibile oggetto del desiderio. Osborn invece è un tenore che conquista con timbro caldo, pronuncia comprensibile, recitazione romantica. Per non parlare dell’esecuzione di parti complesse, che passano velocemente dall’acuto al grave con improvvisi cambiamenti di ritmo, dove il tenore ha dato una bella prova.

Mariangela Sicilia è Teresa, che già nell’esordio ci mostra tutte le sue qualità di soprano. Elegante il fraseggio, con tante sfumature nella dinamica e nell’articolazione, con una recitazione delicata e sensuale.

Alessandro Luongo ha interpretato Fieramosca con leggera caricatura e intonazione curata. Il basso Nicola Ulivieri ha saputo esprimere le rigidità di Balducci. Ascanio, ovvero Varduhi Abrahamyan nel ruolo en travesti, si è guadagnata applausi grazie a temperamento e interpretazione su varie tinte.

Una compagnia affiatata per un’opera lunga, di cui mi piace citare Andrea Giovannini, Matteo Falcier, Vladimir Reutov, Graziano Dallavalle.

Come ha detto Carlo Fuortes durante la presentazione di Benvenuto Cellini, il Teatro dell’Opera di Roma vuole fare produzioni che devono essere ricordate o comunque non passare inosservate. Questa stagione sembra mantenere un impegno verso l’innovazione: basta leggere i nomi dei registi. Chissà perché, proprio durante la conferenza stampa, al sovrintendente è stata ricordata la bellezza di una regia del nostrano Gigi Proietti 21 anni fa. Non ho dubbi su quella performance ma personalmente apprezzo l’impegno del Teatro dell’Opera di Roma nell’esplorare altro da noi.

Ippolita Papale

@salottopapale

 

Benvenuto Cellini. Musica di Hector Berlioz. Libretto di Léon de Wailly e Henri Auguste Barbier.

  • Direttore: Roberto Abbado
  • Regia: Terry Gilliam
  • Co-regia e coreografia: Leah Hausman
  • Maestro del coro: Roberto Gabbiani
  • Scene: Terry Gilliam e Aaron Marsden
  • Da un’idea originale di Rae Smith
  • Costumi: Katrina Lindsay
  • Luci: Paule Constable
  • Video: Finn Ross
  • Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con English National Opera e De Nationale Opera & Ballet di Amsterdam

Interpreti:

  • Ascanio: Varduhi Abrahamyan
  • Benvenuto Cellini: John Osborn
  • Fieramosca: Alessandro Luongo
  • Giacomo Balducci: Nicola Ulivieri
  • Papa Clemente VII/ Cardinal Salviati: Marco Spotti
  • Pompeo: Andrea Giovannini
  • Teresa: Mariangela Sicilia
  • Francesco: Matteo Falcier
  • Le Cabaretier: Vladimir Reutov
  • Bernardino Graziano: Dallavalle
  • Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Foto: 1.- 2. Benvenuto Cellini di Berlioz, regia Terry Gilliam, ph. Yasuko Kageyama, Opera Roma; 3.-4. John Osborn, Benvenuto Cellini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 5. Mariangela Sicilia e Nicola Ulivieri, Benvenuto Cellini di Berlioz, regia Terry Gilliam, ph, Yasuko Kageyama, Opera Roma; 6.-10. Benvenuto Cellini di Berlioz, regia Terry Gilliam, ph. Yasuko Kageyama, Opera Roma.

 

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