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Le buone maniere a Teatro. Cosa fare e cosa non fare seduti in platea.

Tutti siamo entrati almeno una volta a teatro e a tutti almeno una volta è capitato di sedersi dietro alla signora cotonata o all’energumeno di turno e a fianco del soggetto che non riesce a tenere proprio il cellulare in tasca. Esistono a teatro alcune regole base da seguire per rispetto di chi si siede vicino a noi e di chi si esibisce sul palco. Nell’articolo il resoconto ironico e caricaturale dello spettacolo che si svolge fin troppo spesso tra i palchi e la platea.

Il teatro è un tempio, un tempio dove non entra mai il sole. Si lavora sempre con poca luce, nel silenzio più assoluto. (Marcello Mastroianni)

Quanti di noi non sono stati almeno una volta a Teatro nella propria vita? All’opera come ad una commedia, ad un concerto classico come ad uno di musica leggera, ad un balletto di una compagnia di professionisti come ad un saggio, tutti siamo passati nel Tempio sacro per eccellenza dell’Arte. Tutti gli italiani almeno una volta nella vita.

Indipendentemente da quello che si va a vedere sarebbe buona norma per lo spettatore rispettare alcune regole base che fanno appello al senso civico e all’educazione. E se molti di noi danno queste regole per scontato, vi garantisco che non è per tutti sempre così.

Vado spesso a teatro, e quello che vedo accade sovente tra le poltrone della platea a prescindere dall’importanza storica del luogo.

Ma partiamo proprio dal principio.

La prima cosa che spesso mi fa sorridere la trovo appena arrivo a teatro: la fila accanita all’ingresso. Ora mi chiedo: dal momento che non siamo al concerto allo stadio, che chi prima entra si accaparra il posto sotto il palco, mi spiegate che senso ha spingere per avanzare nella fila se avete il posto a sedere assegnato? Va beh, tra uno spintone e l’altro riesco ad entrare. Le hostess molto carinamente  mi aiutano a cercare la mia poltrona il cui numero è fin troppo spesso nascosto neppure dovessi partecipare a una caccia al tesoro. Per arrivarci però bisogna spesso essere allenati – mentalmente e fisicamente – a fare la gincana. Non si riesce a passare facilmente nei corridoi tra le poltrone perché è fantastico come il teatro sia così magico da far incontrare la gente con l’amico dell’asilo che non vedeva dall’ultima festa del suo quinto compleanno, l’amico espatriato in Burundi che per le vacanze di Natale è tornato da mammà per presentarle la fidanzata (che ovviamente è lì con lui)  e deve raccontare come si trova nel nuovo paese. Insomma tutti che salutano tutti, intasando i corridoi di passaggio. Ed io, che arrivo a bramare il mio posto manco stessi conquistando la vetta del K2, mi siedo, stanca, affannata e sudata perché puntualmente non azzecco mai il materiale dell’indumento giusto: o fa troppo caldo o l’aria condizionata mi trancia a fette ed il giorno dopo cammino con lo sternocleidomastoideo che invoca pietà.

Comincio a guardarmi intorno. E’ bello vedere come si veste la gente per andare a Teatro (e non solo)… Dai diciamocelo chiaramente, lo facciamo tutti e non dite che non è così perché vi cresce il naso…

Generalmente il Teatro è sinonimo di eleganza, specie per le prime importanti. Ma l’eleganza è molto soggettiva e quindi in quanto tale opinabile. Per le prime nei Teatri d’Opera però consentitemi è davvero uno spasso vedere i defilè proposti in sala: meravigliose perle si posano su fantastici e rigorosi abiti a sacchetto (in molti casi proprio a sacco e basta), molto spesso di velluto nero. Austerità ed eleganza fanno da padrone e le pellicce anche, nonostante sia ottobre e si potrebbe andare ancora al mare.

Gli uomini ingessati (non in gessato, gessati nel senso di mummificati) nei loro completi impeccabili sono davvero una delizia. Donne azzardano il cappellino, ma non si azzardassero a tenerlo per tutta la serata perché altrimenti lo spettacolo lo faccio io se mi capitano anche 15 file più avanti.

In realtà a me non interessa affatto come una persona sia vestita, ma quello che guardo di più in giro a Teatro, sono i capelli, l’altezza, la stazza degli spettatori e soprattutto dove sono diretti a sedersi. Anche io sono alta, ma cerco sempre, quando posso, di comprare un posto dove possa avere le gambe davanti belle libere affinché io possa scivolare elegantemente un pochino più giù per evitare di dare fastidio allo spettatore dietro di me. Ma non tutti però sono disposti a farlo e molto spesso non possono proprio materialmente specie quando incastrati in pochi centimetri tra una fila e l’altra. E allora quando non mi capita il gigante, 9 su 10 mi capita la signora tutta meravigliosamente cotonata che Moira Orfei a confronto era di una trascuratezza imbarazzante. E’ chiaro: vai a Teatro e che fai? Non te li cotoni un pochino i capelli per sembrare più elegante? Mi sembra giusto. Assodato purtroppo che la signora non ha sbagliato posto sono costretta a convincermi che dovrò tenerla davanti a me per le prossime due ore. Mentre cerco di concentrarmi a trovare un escamotage per capire da quale lato posso trovare lo spiraglio per vedere meglio, vengo continuamente distratta da quelli seduti dietro di me che puntualmente o sono dei tuttologi che conoscono tutte le opere ed i balletti come da libretto e quindi fanno i ciceroni della comitiva, oppure conoscono tutti e si alzano di continuo perché incontrano il mondo esattamente in quel momento, in quel teatro…dove sono seduta io… (e non sono quelli dell’asilo e quelli del Burundi. L’ho detto che il Teatro è un luogo di incontri “magici”).

Lo spettacolo sta per iniziare, meno male va. E’ suonata l’ultima campanella e hanno spento tutte le luci di servizio. Ecco la gente correre all’impazzata per trovare il proprio posto al buio perché l’amico dell’asilo e l’amico del Burundi hanno fatto perdere tempo. La postura cambia improvvisamente da fiera e elegante a Gobbo di Notre Dame in un nanosecondo ed è un continuo di gesti con l’indice che rotea orizzontalmente su stesso come per avvolgere una matassa di lana, che accompagna il labiale del “ci vediamo dopo”. Trovate pace e vi sedete per favore?

Al buio una voce fuori campo dà il benvenuto a Teatro e chiede di spegnere i telefoni cellulari e di non utilizzare macchine fotografiche, flash e videocamere. In realtà questa informazione è spesso scritta anche all’ingresso del Teatro e molto spesso sugli stessi biglietti, ma si sa, la gente di rado legge, e se legge non capisce e se sente non ascolta, insomma è distratta e fa come gli pare.

Luci spente, si apre il sipario. Tutti concentrati, almeno a quanto pare. Non faccio in tempo a farmi trasportare che, non appena entra il protagonista di turno, partono le varie lucine dei telefonini per riprese e fotografie. No, ma fate pure, tanto mica danno fastidio quelle luci accecanti nel buio pesto della sala, anzi, mi fate un piacere così riesco anche a guardarvi in faccia per capire da uno a dieci quanto siete fenomeni.

Per fortuna dopo un pochino il braccio si stanca, ma per uno che si stanca, un altro si è riposato e si alza altrove. Le hostess iniziano il loro giro in lungo e largo per richiamare all’ordine ma in genere si spingono solo laddove possono arrivare senza disturbare il resto degli spettatori. Bisognerebbe assoldare tiratori scelti al posto di maschere, in modo da sparare con un fucile a piumino dalla loro postazione defilata direttamente sullo schermo del telefonino del fenomeno. Secondo me la smetterebbero tutti e subito!

Ma ecco arrivare i ritardatari. Il ritardatario è una specie umana assai diffusa in Teatro, che arriva sempre tutto trafelato e puntualmente ha sempre il posto al centro della fila. Quindi per per sedersi, costringe altre persone ad alzarsi. Vi devo dire cosa penso? Ve lo devo proprio dire? No lasciamo stare. Non mi raccontassero che hanno incontrato traffico e non c’era  posto per parcheggiare, perché se gli va bene risponderei di avviarsi prima…ma se gli va bene però! In molti Teatri li costringerebbero a rimanere fuori per poter entrare solo durante l’intervallo. Dovrebbero farlo dappertutto ed in modo perentorio senza se e senza ma.

Lo spettacolo prosegue e tra una cosa e l’altra arriva l’intervallo. Non vado in bagno, a meno che non è proprio urgente ed è ubicato vicino, altrimenti, con la fila che c’è al bagno delle donne, rischio di vedere il secondo tempo dello spettacolo in programma il giorno successivo.

Una chiacchiera, una considerazione con gli amici, il tuttologo inizia la recensione in diretta mentre continua a salutare il mondo. Moira seduta davanti a me ha sempre il capello trionfante con il cotonato in auge (ma che lacca userà?), la signora accanto si lamenta che vuole il caffè ma al bar c’è troppa fila, una sigaretta, una boccata d’aria, il Burundi, l’asilo e vai con il secondo tempo.

Ci siamo, non tutti come sempre, ma ci siamo. Siediti, no alzati per far passare quello che stava facendo la fila al bagno, al bar etc… risiediti….insomma riprendiamo.

Non accade magari all’Opera oppure ad uno spettacolo di un certo tipo, ma in altri mentre tutto procede bene, nel silenzio, all’improvviso si ode un rumore amplificato, nonostante il tentativo di soffocarlo. Un rumore molesto, fastidioso più del gesso sulla lavagna e dell’unghia che gratta il muro. Non ti puoi sbagliare è LA BUSTA DI PATATINE!  E’ vano il tentativo di farle sciogliere in bocca senza farle “scrocchiare”  e a nulla è valso imparare ad infilare la mano nella busta come Lupin che elude le griglie degli infrarossi dell’antifurto di un museo. Hai una busta di patatine in mano in Teatro? Sei etichettato a vita e non hai possibilità di redimerti! Ma io dico, ma questa busta di patatine, se proprio proprio non ne potevi fare a meno, non te la potevi mangiare nell’intervallo durante la fila chilometrica al bagno, mentre ti fumavi la sigaretta o mentre eri fuori? E soprattutto non hai letto che è vietato introdurre cibo e bevande all’interno del Teatro? Eh no che non l’hai letto, sei lo stesso del telefonino, ti ho riconosciuto!

Questo accade molto spesso nel caso di spettacoli in cartellone o comunque a pagamento perché durante i concorsi o i saggi di danza, posso garantire che le cose si complicano. Oltre a registrare tutte le casistiche sopracitate, dobbiamo anche aggiungere il tifo da stadio, le urla dei supporters e, in caso di ingresso libero con posti non numerati, è necessario fare i conti con cappotti e borse che servono ad occupare le poltrone. I bimbi che piangono, per carità sono bimbi, ma magari i genitori dovrebbero portarli fuori e cercare di rassicurarli e calmarli, piuttosto che continuare a tenerli in sala e magari dovrebbero vigilare anche un pochino su quelli più grandicelli che se ne vanno spesso in giro scorrazzando a destra e manca. Ho visto in questi casi, gente non fermarsi solo alle patatine, ma far entrare tra i velluti rossi della platea, cartoni di pizze fumanti e flotte di panini rigorosamente avvolti dalla carta alluminio, giusto per preservarne il sapore ed il profumo in modo che a tutta la sala potesse venire voglia di mortadella. Notifiche di messaggi facebook, whatsapp, sms, chiamate, possibile che vi cerchino tutti quando siete a a teatro? A fine spettacolo riesco a fare una stima in percentuali di quanti spettatori utilizzano un iPhone piuttosto che un Samsung: certe suonerie e suoni sono inconfondibili. Almeno, per diletto, faccio un’indagine di mercato personale visto che, tra un trillo e l’altro, non sempre riesco concentrarmi a guardare lo spettacolo. Può sempre servire come argomento estremamente interessante da intavolare dalla parrucchiera o dall’estetista. Farò la figura di una scienziata sapiente.

E dai, mettete il silenzioso al cellulare se proprio non riuscite a spegnerlo.

Anche gli applausi in genere debbono essere fatti al momento giusto ed in genere prima e dopo un’esibizione, mentre invece a scena aperta è consentito solo quando si sta assistendo ad un qualcosa di veramente spettacolare… capisco che ogni scarrafone è bello a mamma sua ma ho detto SPETTACOLARE! Ma poi, la posso fare una domanda? Al momento finale in cui gli artisti meritano gli applausi maggiori, perché c’è gente che si dà alla fuga con scatti alla Mennea? Dove correte? Avete tutti la babysitter che vi attende per mollarvi con il vostro pargoletto e che viene pagata a minuti neanche avesse un tassametro?

Con questo non voglio dire che tutti dobbiamo comportarci in modo intransigente come impone il galateo, ma l’invito è sicuramente quello di avere un pochino più di buon senso. Comportarsi in questo modo, anche solo in parte, è una profonda mancanza di rispetto nei confronti dell’artista che in quel momento si sta esibendo. Ora vuoi che sia un’artista affermato, o un allievo alla sua prima esibizione, è pur sempre una persona che si è impegnata e ha fatto dei sacrifici per stare su quel palco in quel momento e va rispettata. Non ci vuole molto! Pensate quanto potrebbe dare fastidio a voi se foste al suo posto e cercate di non fare mai agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi!! (ma questo vale per tutto!)

Il grande attore Pino Caruso ha dichiarato: “Se vuoi conoscere il mondo, vieni a vederlo a teatro”. Ma credo intendesse altro….

Teresita del Vecchio

01/11/2016

PS. Per continuare a riderci su vi proponiamo di seguito cinque brevissimi corti della serie Spettatori in platea di Aldo Giovanni e Giacomo e il filmato del 1915 Charlot a teatro con Charlie Chaplin, una perla d’archivio che ci rivela come alcuni atteggiamenti e comportamenti sono sopravvissuti in quest’ultimo secolo… buon divertimento!

 

 

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