A Torino

A Torino C.ie Zerogrammi in ALCESTI (o del suono dell’addio) di Stefano Mazzotta

21 . 10 . 2015

20.45

Torino - Teatro Nuovo di Torino, Corso Massimo d’Azeglio 17

La rassegna Il Gesto e l’anima, inserita nel progetto globale della Fondazione Teatro Nuovo di Torino, presenta mercoledì 21 ottobre 2015 la compagnia C.ie Zerogrammi con ALCESTI (o del suono dell’addio). Lo spettacolo, firmato nelle coreografie da Stefano Mazzotta, rappresenta con dieci danzatori lo struggimento del monologo di una donna sospesa tra la vita e la morte, la mitica Alcesti, in un soliloquio sull’essenza del ricordo e sulla verità delle cose.

ALCESTI (o del suono dell’addio chiude il progetto Suite Alcesti, una riscrittura dall’Alcesti di Euripide, un progetto alla cui realizzazione Zerogrammi è impegnata a partire dal 2014. Il racconto dell’eroina euripidea è declinato in due capitoli distinti e complementari diretti dal coreografo Stefano Mazzotta, due creazioni l’una evoluzione dell’altra che affrontano, passando per l’opera di Euripide, i temi dell’addio amoroso, del sacrificio e della morte, motivi ricorrenti nella letteratura di tutti i tempi.

In scena a Torino i danzatori Chiara Guglielmi, Chiara Michelini, Stefano Roveda, Tommaso Serratore, Miriam Cinieri, Simone Zambelli, Gabriel Beddoes, Arabella Scalisi, Giuseppe Muscarello, Roberta De Rosa.

Scrive Stefano Mazzotta:

“Esiste ancora posto per l’idea di sacrificio nella pedagogia contemporanea? Siamo ancora in grado di percepire la poesia struggente insita nell’addio, pur se disabituati al sentimento di lontananza? Cos’è Amore nell’era della società liquida? Alcesti interviene a dar corpo e suono a questi interrogativi, appellandosi alla poesia, lingua della bellezza e del dolore, lingua della salvezza e della speranza, lingua universale e capace di travalicare le epoche e le differenze culturali. Il primo capitolo dell’opera, ALKESTIS (o del rumore dei pensieri) ha debuttato in Germania nell’aprile 2014 in collaborazione con il Teatro Statale di Osnabrueck e con il suo corpo di ballo diretto dal coreografo Mauro De Candia. In febbraio 2015 va in scena il secondo e definitivo capitolo, realizzato in collaborazione con Luft Casa creativa, Teatro Nuovo Torino e Agorà Coaching Project. Alcesti è la narrazione di un saluto straziante e tragico tra due innamorati, topos della letteratura di tutti i tempi e di tutte le latitudini. Tragedia carica di un amore immenso, predilige il lato umano della sua narrazione, distinguendosi e allontanandosi da altri addii mitici, tra cui quello di Ettore e Andromaca alle porte Scee, o quelli Shakespeariani. E’ il racconto di un addio suggellato dal più sublime dei sacrifici, un addio che si fa meditazione e ricordo, nei gesti e nelle parole della sua silenziosa protagonista. Alcesti rivela agli occhi del suo lettore un orizzonte nostalgico e malinconico che ci rammenta, più nella descrizione della sua figura e delle sue azioni che nelle sue stesse parole, i più toccanti addii della letteratura: da Arianna a Creusa, da Werther a Jacopo Ortis a Emma Bovary, a ‘Ntoni nei Malavoglia, a Holderlin, Rimbaud, Kafka, Neruda. Tutto un mondo si allontana, nell’addio, e permane soltanto nel desiderio del viaggiatore. Muore il giorno e sorge la luna. La luce si allontana, sottile, preannunciando la notte. L’addio narrato da Alcesti è il limitare di uno spazio, è la soglia di una partenza per l’ignoto.

Nella presenza di Admeto, nel paesaggio delle cose conosciute, già s’insinua l’ombra di un’estrema lontananza: lo spazio infinito che separa, uno spazio non raccontato da Euripide, ma solo evocato, vuoto e colmo di silenzio assordante. Un arco di tempo impossibile da definire in termini di lunghezza, che va dal momento in cui Alcesti decide di lasciare il mondo dei vivi, fino al suo sacrificio. È in quest’arco di tempo che trova fondamento Alcesti, monologo silenzioso, soliloquio sull’essenza del ricordo, sulla profonda verità delle cose moltiplicato in scena da una pluralità di interpreti. Alcesti scruta nostalgica l’orizzonte lontano alle sue spalle. Vertigine della memoria. Il suo corpo suona il Requiem di un altrove perduto e trattiene l’ultimo respiro che la separa da una nuova ignota condizione. Da questo confine si muoverà oltre la prigione della dimenticanza e del rumore, dentro un tempo poetico, silenzioso, sospeso.

Presenza del vuoto. Il suo linguaggio è frammentato, spezzato, ora voce viva ora eco di musiche e suoni di un addio come tanti: il rumore di cappotti indossati per uscire di casa, quello di un bacio leggero dato sulla guancia e infine un “levare” silenzioso dell’anima”.

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