Sopra di me il diluvio di Enzo Cosimi con Paola Lattanzi al TerniFestival 2015
20 . 09 . 2015
22.15
Terni
Nell’ambito della decima edizione di TerniFestival, festival internazionale della creazione contemporanea, segnaliamo, domenica 20 settembre 2015, Sopra di me il diluvio, creazione 2014 di Enzo Cosimi e interpretato da Paola Lattanzi, un lavoro ispirato al rapporto controverso e doloroso dell’uomo con la natura nella società contemporanea che Enzo Cosimi trasfigura in una dimensione tribale e apocalittica.
Di questo spettacolo, focalizzato su una scrittura di danza scarna, ambientata in un campo percettivo vuoto che restituisce uno stato irreale e visionario, Enzo Cosimi dice: “Dopo la creazione Welcome to my world dedicato all’idea della fine del mondo, del verificarsi di una nuova Apocalisse, prendo nuovamente ispirazione dal rapporto doloroso dell’Uomo con la Natura nella società contemporanea. Ripensare l’opera come un luogo di magia e di perdita di certezze. Dare spazio ad un’arte della coreografia che contenga una componente tecnica rigorosa, sperimentale, attraverso la quale indirizzare una riflessione sul mondo in cui viviamo in rapporto alla Natura e a percepirlo in termini sensoriali. Esaurito il paradigma della postmodernità, si ipotizza l’apparire di un Nuovo Uomo che si affaccia ad un paesaggio arcaico, tribale di cui il continente africano rappresenta l’emblema. Un’Africa urlata, violata che, nonostante i massacri senza fine a cui è sottoposta da sempre, riesce a restituirci una visione di speranza”.
In Sopra di me il diluvio, la potenza dell’interpretazione di Paola Lattanzi esplode nel suo essere Eros come forza primigenia, dea animale e capo tribù di oggi che si affaccia da un paesaggio arcaico, del quale l’Africa è emblema e speranza per l’apparire del Nuovo Uomo. In perfetta simbiosi con le musiche battenti di Chris Watson, Petro Loa e Jon Wheeler, le luci e gli effetti di Gianni Staropoli e i toccanti video di Stefano Galanti, l’implacabile danzatrice trascina il pubblico in un moto emotivo senza pause in cui la ragione lascia spazio a quel sentire archetipo e atavico che è in ognuno di noi.