In Emilia Romagna

A Reggio Emilia la Compagnie 111 in Plan B di Aurelien Bory

24 . 04 . 2015

20.30

Reggio Emilia - Teatro Municipale Romolo Valli

Sorprendente, acrobatico, un teatro “fisico” dove danza e circo si incontrano a metà strada e si contaminano con teatro, arti visive, musica e altro ancora: così sarà la chiusura della Stagione di Danza 2014-2015 della Fondazione I Teatri, che venerdì 24 aprile 2015 porta al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia la Compagnie 111 di Aurélien Bory con Plan B, straordinario esempio di circo contemporaneo, seconda parte di un trittico che ha preso il via con IJK, e che coinvolge il regista ed esperto di fisica acustica Aurélien Bory e il regista newyorkese Phil Soltanoff.

Creato nel 2003, anno che ha segnato l’incontro tra l’artista francese Aurélien Bory e il newyorkese Phil Soltanoff, Plan B è uno spettacolo che sfugge alle classificazioni ponendosi tra il teatro visivo, il physical theatre, il circo acrobatico. Peraltro lo stesso Bory, fondatore nel 2000 della Compagnie 111, ha sviluppato un linguaggio singolare e ibrido in cui convergono teatro, danza, circo, arti visive, musica, e non solo.

Scrive Aurélien Bory:

Piano B è un termine usato principalmente nei thriller o nei film d’azione. Si passa al piano B, quando il piano A non ha funzionato. Costruire un piano prevedendone uno di riserva, sapendo che, se anche questo  fallisce, non ci sarà alcun “piano C”: in questo stato d’animo agiscono i personaggi di Plan B, con le loro speranze e fragilità.

Su una scenografia vivente, un  piano inclinato che da 45 gradi arriverà a piegarsi fino 180 gradi, quattro yuppies in giacca  e cravatta si arrampicano sul  grattacielo del successo: acrobazie,  balzi, giravolte, clownerie e azioni mimiche li faranno arrivare quasi in cima per poi cadere inesorabilmente. Una caduta che cela una lezione: nella precarietà e nell’era multitasking del presente non c’è nessuna certezza, tutto è  in cambiamento ed evoluzione, tanto vale prendere le cose come vengono… L’intera creazione si basa su un piano inclinato. La drammaturgia è emersa da questo principio fisico di base per poi arricchirsi di  elementi circensi e di giocoleria.

Questa prima idea si è evoluta e  si è arricchita durante lo sviluppo del lavoro. Lo abbiamo chiamato fin da subito Plan B ma il titolo ha assunto in sé via via diversi livelli di significato. La costante è stata la precaria relazione con la gravità. Il teatro è l’unica forma artistica che non può sfuggire alle leggi della fisica: cercare di prescindere dalla legge di gravità è l’impossibile Piano B.

“Esiste una storia in Plan B, ma viene raccontata senza parole, solo visivamente e attraverso i suoni. Questa storia non è stata scritta prima, si è sviluppata a noi man mano che il lavoro si evolveva. È una storia molto semplice, umana e naif, non molto diversa dal mito di Sisifo. Incontri un problema, cerchi un modo per risolverlo, ci riesci e poi il problema cambia, e avanti così finché non sei esausto. Credo che tutti si siano trovati prima o poi in una storia come questa. Inoltre, il suo carattere astratto permette al pubblico di entrarci dentro in modo personale, con il proprio bagaglio di valori ed esperienze”.

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