A Inteatro Festival 2018 la nuova danza italiana e Focus Young Mediterranean and Middle East Choreographers
Dal 22 . 06 . 2018 al 24 . 06 . 2018
Polverigi (AN)
Inteatro Festival 2018, organizzato da Marche Teatro e diretto da Velia Papa, dedica anche in questa sua 40° edizione, una sezione alla nuova danza italiana presentando a Polverigi le ultime creazioni di giovani, ma già affermati coreografi. In scena Marco D’Agostin con Avalanche (coproduzione di Marche Teatro/inteatroFestival), Annamaria Ajmone e Alberto Ricca in To be Banned from Rome, Collettivo Cinetico con due creazioni site specific appositamente studiate per il Festivall, How to destroy your dance e Shibari, l’esilarante Andrea Costanzo Martini con due performance, What happened in Torino e Occhio di bue; poi ancora la “queer/femme” Giorgia Nardin con il coinvolgente Minor Place, Francesco Marilungo, danzatore marchigiano, con il debutto di Love Souvenirs e la giovanissima Greta Francolini in Ritornello.
Il festival propone inoltre la nuova produzione di Alessandro Sciarroni & Masbedo, Prisma, al confine tra teatro, danza ed arti visive.
Due sono gli spettacoli che vengono presentati nell’ambito della rete italiana Focus Young Mediterranean and Middle East Choreographers 2018: il debutto di Green leaves are gone progetto nato come collaborazione tra i performer italiani Tommaso Monza, Giovanna Rovedo e i danzatori egiziani Ibrahim Abdo, Shady Abdelrahman; Damnoosh, originale cerimonia del tè, dell’iraniano Sina Saberi.
A Polverigi, inoltre, a celebrare il ruolo di promotore internazionale svolto da Inteatro nel corso degli anni, si svolgerà il 23 giugno 2018, presso Villa Nappi a Polverigi, un incontro sul tema degli scambi internazionali con i Paesi extraeuropei, dal titolo Crossing the seas a cui parteciperanno ospiti provenienti, oltre che dai Paesi europei, anche da Asia e Medioriente. Tema dell’incontro l’internazionalizzazione dello spettacolo dal vivo e la cooperazione tra teatri italiani e stranieri.
Programma
Venerdì 22 giugno 2018
Giorgia Nardin, Minor Place, Cinema Italia – Questo nuovo lavoro della coreografa veneta Giorgia Nardin, è una pratica di esposizione collettiva dove il pubblico è invitato a sedere sulla scena, a partecipare ad un “raduno temporaneo” dove si prende parte ad una pratica all’empatia. Un lavoro collettivo e un invito ad agire che segue poche e semplici regole con il fine di ristabilire un rapporto con l’altro e con se stessi. Figlio della lettura di Calibano e la Strega – le donne, il corpo e l’accumulazione originaria di Silvia Federici, Minor Place vive dell’urgenza di rivendicare un senso di responsabilità tradotto fisicamente, di rimettere in discussione il punto di vista sui codici di fruizione del corpo. Per fare questo, Giorgia Nardin propone di agire assieme, di godere collettivamente di “un’anatomia poetica”.
Greta Francolini, Ritornello, Sala Sommier – L’artista toscana presenta il suo ultimo progetto, Ritornello, con il quale è stata selezionata anche a DNAppunti coreografici 2017.Partendo dal lavoro di Basinski, The Disintegration Loops, che è strutturato sulla replica di un campione sonoro, la coreografa lavora sul concetto di “ripetizione”, di riproduzione di uno stato d’animo fino a portarlo all’esasperazione. Da qui l’idea di Ritornello, rintracciabile sia nella parte sonora che danzata, attraverso una scrittura coreografica in loop dove la musica non fa da semplice sottofondo ma diventa contenitore, si fa confine delimitatore di un sentimento, di un’emotività, un luogo emozionale da cui scaturisce naturalmente il movimento.
Francesco Marilungo, Love Souvenirs, Cinema Italia – Francesco Marilungo focalizza il suo interesse sulla creazione di atmosfere, frutto della giustapposizione di immagini strutturate su più livelli di rappresentazione. Nei suoi lavori ricorre al corpo come portatore di significati iconografici per indagare le figure archetipiche della nostra cultura. Love Souvenir, performance per un danzatore e sette corvi tassidermizzati prende spunto dal mito di Maria Maddalena, la santa dai mille volti, per interrogarsi sulla “transizione di genere”. Il “corpo” della Maddalena, pur mutando nel tempo, si è fatto quasi reliquia, souvenir e viene giustapposto alla pratica della tassidermia. Li accomuna il tentativo di sfida del processo di annichilimento legato alla morte per tendere all’infinito. Il corpo che si fa reliquia e quello che viene impagliato, divengono mezzo di contatto con un mondo sovrannaturale. Lo spettacolo è presentato in prima italiana.
Collettivo Cinetico, Francesca Pennini, Shibari, Chiesa del SS. Sacramento – In scena nella Chiesa di Villa Nappi, Shibari è la sintesi definitiva del lungo percorso di site-specific che ha accompagnato la creazione di Benvenuto Umano. Una contaminazione di generi e simboli per la creazione di un immaginario scuro e sudato, un geroglifico in movimento, un dialogo tra spettatori di ere lontane. Shibari è un rito contemporaneo, una catarsi per luoghi cristallizzati, un dialogo, una ferita aperta tra antico e moderno che si interroga su come il corpo si traduca nell’offrirsi all’immagine e diventare simbolo.
Tommaso Monza, Giovanna Rovedo, Ibrahim Abdo, Shady Abdelrahman, Green leaves are gone, Teatro del Parco – Nel 2015 Tommaso Monza, Giovanna Rovedo, Ibrahim Abdo e Shady Abdelrahman si sono conosciuti a Il Cairo durante uno speciale momento di scambio di conoscenze e pratiche creative fra coreografi italiani ed egiziani. I coreografi hanno deciso di mantenere aperto il dialogo avviato in Egitto e di creare un progetto artistico condiviso attraverso un percorso di residenze di creazione a Polverigi, Pordenone, Faenza e di nuovo a Il Cairo. Gli artisti lavorano sull’esplorazione delle proprie identità individuali, collettive e culturali attraverso un gruppo di lavoro “liquido” e “democratico”. Green leaves are gone, qui presentato in prima italiana, si interroga sui concetti di sparizione, scomparsa, estinzione e caducità che sono parte integrante delle relazioni umane e delle comunità presenti in natura. In ogni società scompaiono opportunità, desideri e benessere, da questo punto di partenza gli artisti hanno iniziato a riflettere su come la realtà declini il concetto di “sparizione”. Il gruppo fa parte del progetto artistico a cui aderisce Inteatro Festival Focus Young Mediterranean and Middle East Choreographers 2018.
Sabato 23 giugno 2018
Euripides Laskaridis, Relic, Teatro della Luna – burlesco e comico Relic è l’ultimo lavoro di Euripides Laskaridis, regista teatrale, coreografo e performer greco a cui INTEATRo dedica uno speciale Focus.
Marco D’Agostin, Avalanche, Cinema Italia – In Avalanche i due esseri umani protagonisti vengono osservati da un occhio ciclopico come antiche polveri conservate in un blocco di ghiaccio. Sono Atlanti che camminano all’alba di un nuovo pianeta, dopo essersi caricati sulle spalle la loro millenaria tristezza. Tutto quello che non è sopravvissuto agisce, invisibile, su tutto ciò che invece è rimasto e che viene rievocato come regola, collezione, elenco di possibilità. La danza si pone in una costante tensione verso l’infinito dell’enumerazione, alla ricerca accanita di un esito, di una risoluzione, interrogando la questione del limite e dunque, in ultima istanza, della fine. Gli occhi socchiusi, come a proteggere lo sguardo dalla luce accecante di un colore mai visto, afferrano l’abbaglio di un’estrema possibilità: una terra di sabbia e semi sulla quale qualcuno imparerà nuovamente a muoversi, dopo che anche l’ultimo archivio sarà andato distrutto.
Collettivo Cinetico, How to destroy your dance, Palestra della Scuola Media – nuova produzione e site specific per il quarantennale di Inteatro Festival che coinvolge 16 danzatori.
Sina Saberi, Damnoosh, Teatro del Parco – Il performer iraniano ci invita ad una cerimonia del tè, ci fa sedere e ci offre sette erbe, provenienti da altrettante parti dell’Iran, una per ogni storia che ci sarà narrata. Damnoosh è un viaggio nella memoria e nasce da un bisogno di unità, di condivisione di un momento conviviale. Riunisce narrazioni, poesie, musica e persone per comunicare elementi della cultura iraniana attraverso il semplice atto quotidiano della preparazione del tè. In questo lavoro la danza è un concetto, un oggetto, immaginato collettivamente insieme al pubblico, che è parte integrante di questo rituale. Dopo che tutti avranno bevuto il tè magico, alla fine dello spettacolo, una danza perduta tornerà lentamente alla memoria. Lo spettacolo fa parte fa parte del progetto artistico Focus Young Mediterranean and Middle East Choreographers 2018.
Domenica 24 giugno 2018
Alessandro Sciarroni & Masbedo, Prisma, Teatro della Luna – Prisma prende spunto dal progetto realizzato ad hoc per la campagna visiva multimediale di miart 2018. La performance trae ispirazione da uno dei primi lavori del coreografo, creato nel 2008 e intitolato Cowboys, nel quale l’identità degli interpreti veniva privata della sua riconoscibilità attraverso l’uso di specchi “indossati” davanti al viso: il corpo perdeva così definizione, fondendosi con lo spazio e con lo sguardo del pubblico. In Prisma il ritmo diviene più dilatato e il nuovo elemento video del duo di video artisti Masbedo dialoga con i corpi “acefali” dei performer, creando una rifrazione di immagini e colori che si riverbera sugli specchi. L’effetto è ipnotico e le figure in scena diventano schermi in movimento.
Andrea Costanzo Martini, What happened in Torino e Occhio di bue, Cinema Italia – Doppio appuntamento con il performer Andrea Costanzo Martini. Con uno sguardo critico e attento alle televendite televisive, il testo che accompagna la danza del pluripremiato e ironico What happened in Torino è una libera traduzione dell’icona delle televendite Vanna Marchi, controversa figura degli anni ’90 famosa per i metodi di vendita non convenzionali e dal carattere assai esuberante. What happened in Torino è una sorta di sfida coreografica che permette al corpo del danzatore di rivelarsi in tutta la sua eccentrica e stravagante unicità piuttosto che guidarlo in percorsi conosciuti e prestabiliti senza però sacrificare il piacere della composizione, dell’esecuzione esatta e delle fredde decisioni prese dopo aver osservato il materiale. Il risultato è un viaggio attraverso l’espressione fisica e gli stati mentali in una continua lotta tra l’ambizione di essere osservato e l’angoscia dell’essere puro oggetto-merce, tra il desiderio di movimento e il senso di prigionia causato dallo sguardo altrui, tra l’essere animale o gioiello. Un po’ come avveniva e accade tuttora nelle televendite televisive. Il solo Occhio di Bue tratta delle complesse relazioni di potere che si instaurano, durante uno spettacolo, tra un danzatore, un coreografo e il pubblico. Creato originariamente nel 2016, appositamente per l’antico teatrino reale di Agliè (Piemonte), il lavoro è stato successivamente adattato a spazi più tradizionali.Quando un danzatore è sul palco, a chi obbedisce? Al coreografo o alla propria logica e istinto? E quando il creatore e l’interprete sono la stessa persona, quale dei due prevale? Con uno sguardo ironico e leggero, Martini mette in discussione il suo ruolo e la sua posizione nel mondo della danza.
Annamaria Ajmone, To be banned from Rome, Cinema Italia – Nato da un dialogo tra la coreografa Annamaria Ajmone e il musicista Alberto Ricca, To Be Banned From Rome indaga i luoghi virtuali della rete popolati da persone che condividono in essi passioni ed ossessioni. Oggetto dell’indagine è l’effetto ambivalente che la rete ha sulle persone che la utilizzano e la vivono come uno strumento per costruirsi una cerchia di contatti ideale. La musica di Bienoise/Alberto Ricca ricostruisce lo stato di attenta ipnosi che si vive di fronte allo scorrere di una pagina su uno schermo e che, assieme al movimento, genera un flusso costante ma denso di avvenimenti. Allo stesso modo, la partitura coreografica muove Annamaria Ajmone, che trasforma costantemente lo spazio e i volumi del corpo.
Foto: 1. – 2. Annamaria Ajmone, To Be Banned From Rome, ph. Andrea Macchia; 3. Minor Place di Giorgia Nardin, ph. Alice Brazzit; 4. Francesco Marilungo Love Souvenirs; 5. Ritornello di e con Greta Francolini, ph. Piero Tauro; 6. Andrea Costanzo Martini, Occhio di bue.