La recensione

Carolyn Carlson e le sue Short Stories oniriche e visionarie al Teatro Massimo di Palermo

Carolyn Carlson è tornata a Palermo ospite del Teatro Massimo portando con sé le sue Short Stories, intrecciando luoghi, danza, musica, teatro, arti visive, video, i danzatori della sua compagnia Won Won Myeong, Sara Orselli, Céline Maufroid e i danzatori del Corpo di Ballo palermitano. Tanti i riferimenti al mondo poetico dell'artista californiana nelle cinque le coreografie in programma: l’energia della natura, la dimensione onirica e visionaria, la spiritualità orientale, la circolarità del tempo ma anche, in modo inedito, spunti narrativi che conducono con un ralenti verso l'ignoto.

Palermo come un labirinto, metafora di luoghi della mente e di spazi embricati, dove si intrecciano soavità e bellezza, caos e pulsioni violente.

Parlava così della città nel 2003 Carolyn Carlson, quando allestì nella Chiesa dello Spasimo, invitata dal Comune di Palermo, Dall’interno, uno spettacolo che anticipando i tempi della danza cosiddetta sociale e riconnettendosi agli happening degli Settanta, vedeva in scena dodici anziani, dodici giovani e ventuno bambini.

Artista nomade, nella definizione che ama dare di se stessa, poetessa della danza in quella della critica che l’ha molto amata nell’arco di questa lunga avventura creativa, la filiforme carismatica danzatrice di ascendenze finniche, è stata sempre vicina a un certo misticismo e al buddismo, sempre in ascolto dell’umano, colto nel suo desiderio di eternità, raccontato nella sua condizione di caducità.

Ospite, nel tempo, in diversi teatri a Palermo, al Biondo, la prima volta nel lontano 1982, con Undici Onde, quando la stagione degli Amici della Musica ospitava importanti figure e compagnie della danza internazionale. Poi al Teatro Garibaldi, e al Teatro della Verdura con Giovanni Sollima dal vivo.

Un ritorno particolarmente atteso dunque, per la celebre artista californiana, questa volta ospite del Teatro Massimo con Short Stories, su invito del Sovrintendente che sulla presenza di un Corpo di Ballo nel teatro palermitano riesce ancora tenere il punto. La compagine dei danzatori, coordinata da Marco Bellone, è stata impegnata negli ultimi tempi in diverse esperienze, frutto della residenza di alcuni artisti con cui si è sperimentato e confrontato affrontando stili e tecniche differenti. Con Matteo Levaggi nella stagione passata, con Fabrizio Monteverde nel 2016, con la Martha Graham Dance Company nel 2015.

In questa occasione Carolyn Carlson, che produce lo spettacolo con la sua Compagnia, ha lavorato con il Corpo di Ballo presente in tre delle cinque coreografie che hanno impaginato una serata in cui sono rintracciabili alcuni riferimenti al mondo poetico dell’artista, l’energia che proviene dal mondo della natura, la spiritualità orientale, l’ossessione del tempo.

E sebbene su quest’ultimo elemento l’artista volteggi con immutata leggerezza, così come sulla scena l’altra sera, nel saluto al pubblico della “prima”, le scelte coreografiche hanno seguito alcune direzioni precise, attingendo a piene mani in quello spazio del visionario, like dream, che sembra toccare punti nevralgici della realtà in cui il lavoro di preparazione è stato immerso. Così ha un ruolo di primo piano l’evocazione della dimensione del tempo, appunto, percepito nell’intreccio tra luoghi, danza, musica, teatro, arti visive. Ne offre un esempio Burning, del 2015, in prima esecuzione italiana, interpretato da Won Won Myeong, con  i dipinti di Carolyn Carlson e Yutaka Nakata, dove percussioni, voce e musica sono firmati da Meredith Monk, icona delle avanguardie teatrali degli anni Settanta a New York, un “paesaggio sonoro” che fa da sfondo a un racconto di gusto antropologico sulla ricerca umana: la scoperta del fuoco accompagna l’evoluzione e in questa vi è il ritrovamento e la costruzione dell’immagine di sé.

C’è da chiedersi se anche il vissuto della città, dove l’artista è venuta in residenza nel giugno scorso e in settembre, abbia ispirato il suo immaginario. «Palermo è una città in cui si vive in un altro tempo», ha detto durante un’intervista. E citando Noel Arnaud, in altra occasione, «sonolospazioincui sono».

Ed è un tempo che si dilata e che incontra inevitabilmente la circolarità, quello rappresentato in Mandala dove la fluidità e l’energia di un movimento a spirale e in più direzioni, si avvolge poi in se stesso per espandersi e infine esaurirsi all’interno dello spazio definito dalla luce di Freddy Bonneau. La coreografia, vera prova di virtuosismo, sulla musica di Michael Gordon eseguita dall’Orchestra del Teatro diretta da Tommaso Ussardi, è stata creata nel 2010 per la bravissima Sara Orselli, applaudita interprete anche a Palermo, ormai assistente abituale della Carlson.

Il contatto con gli elementi naturali e la dimensione onirica,  mostrano tutta la loro vitalità e suggestione nella dimensione magica di Wind Woman, concepito nel 2011 come Solo sulla musica originale di Nicolas de Zorzi, esteso in questa edizione a dieci danzatrici del Corpo di Ballo. La trasformazione, grazie alla sintonia generata, non riduce la tensione dello spettacolo, offrendo al contrario una interessante variante e una bella opportunità sotto la guida carismatica della protagonista, Céline Maufroid.

Di imbarazzante attualità Evidence, realizzato nel ’95 dal regista Godfrey Reggio espone un’acuta rilevazione delle inconsapevoli risposte espressive di un gruppo di bambini esposti ad una trasmissione televisiva. Concesso gratuitamente da Fabrica, il Centro di Ricerca per la comunicazione patrocinato da Benetton, il video, su musica di Philip Glass viene riattualizzato e reduplicato nelle intenzioni (si pensi all’uso degli smartphone in tenera età), alla presenza di una fila di danzatori seduti e di spalle, metafora di un pubblico asservito e compiacente.

If To Live is To Remember in prima rappresentazione italiana  vede in scena il Corpo di Ballo del Teatro, sulle note del Quartetto n.3 Mishima di Philip Glass eseguito dall’Orchestra. Con l’ausilio delle luci di Guillame Bonneau e la voce di Constantine Beacher, la coreografia vede l’intreccio del gruppo maschile e femminile in una short storie che in controtendenza allo stile abituale dell’autrice, assume spunti narrativi in caleidoscopico movimento. Appare tecnicamentre più definita la possibilità del gruppo femminile di integrarsi allo stile carlsoniano ma è decisamente efficace ed energico l’impegno dei danzatori condotti più verso la verticalità, che negli avvitamenti, creando uno spazio elastico e dinamico che si conclude, per contrasto, con un ralenti verso l’ignoto.

Daniela Cecchini

24/09/2018

Foto: 1.-5. Céline Maufroid e il Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo in Wind woman di Carolyn Carlson, ph. Rosellina Garbo; 6. Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo in Evidence, ph. Rosellina Garbo; 7.-9. Sara Orselli in Mandala di Carolyn Carlson, ph. Rosellina Garbo; 10.-13. Won Myeong Won in Burning di Carolyn Carlson, ph. Rosellina Garbo; 14.-22. Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo in If to leave is to remember di Carolyn Carlson, ph. Rosellina Garbo.

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