Ahmad Joudeh, Danzare o Morire. Da Damasco e dalle rovine di Palmyra al Dutch National Ballet
Ha 26 anni il ballerino siriano palestinese Ahmad Joudeh. La sua storia è da brivido. Il suo desiderio di danzare, il suo sogno di diventare ballerino, la sua determinazione, lo hanno sostenuto nonostante le percosse del padre, le bombe della guerra in Siria, la distruzione della sua casa e le minacce dell’Isis. La sua storia, raccontata dal giornalista olandese Roozbeh Kaboly, è diventata un documentario che ha fatto il giro del mondo. Ted Brandsen, Direttore del Dutch National Ballet e molti suoi colleghi, hanno fatto sì che dalla scorsa estate Ahmad Joudeh vive, studia e lavora ad Amsterdam tra la scuola e la compagnia. Per la prima volta in Italia, Ahmad Joudeh ballerà e racconterà la sua storia il prossimo 15 aprile 2017 a Livorno nell’ambito del Gala Internazionale di Danza Hommage a Marika.
Non bisogna mai tradire i propri sogni. Non bisogna mai perdere la speranza. E il sogno di ballare, inseguito con forza, determinazione e ostinazione da Ahmad Joudeh è diventato realtà.
La toccante storia di questo danzatore siriano palestinese, ci è stata raccontata da Jean-Yves Esquerre, durante il Corso di aggiornamento insegnanti organizzato da Danzaeffebi alla Dutch National Ballet Academy di Amsterdam lo scorso dicembre. Confesso che ho pianto. Oggi, con la conferma che Ahmad Joudeh danzerà per la prima volta in Italia, il prossimo 15 aprile 2017, nell’ambito del Gala Internazionale di Danza Hommage a Marika, la condivido con voi. E’ una storia che tocca il cuore, che ci spinge a riflettere sulla fortuna che abbiamo noi di vivere in Italia e in Europa.
Nato nel 1990, da padre palestinese e mamma siriana, cresciuto nel campo profughi palestinese Yarmouk, a Damasco, in Siria, Ahmad Joudeh fin da bambino sognava di diventare un ballerino.
Ahmad ha frequentato lezioni di danza, in segreto, a causa della forte opposizione da parte del padre che lo bastonava alle gambe per non farlo ballare e l’opposizione della società in generale che non vedeva di buon occhio un bambino prendere lezione di danza, una pratica reputata poco idonea per un maschio. Lo scontro tra i genitori è diventato così forte che il padre ha lasciato la casa ripudiandolo. “Per causa mia e per la danza i miei genitori hanno divorziato. Mia madre mi incoraggiava. Mio padre non voleva diventassi un ballerino. Il problema negli anni è diventato sempre più grande e mio padre non mi ha accettato più come membro della famiglia”.
A Damasco Ahmad ha studiato, dal 2006-2015, presso la principale compagnia di danza della Siria, l’Enana Dance Theatre, e presso l’Istituto Superiore per le Arti Drammatiche tra il 2009 e il 2016. Dai 17 anni, nel suo tempo libero, ha anche insegnato a danzare a orfani e giovani con sindrome di Down nei villaggi intorno a Damasco. A complicare la sua vita è intervenuta la guerra nel 2011: le bombe hanno distrutto la sua casa, il suo quartiere, e ucciso cinque membri della sua famiglia. Ma Ahmad Joudeh ha continuato a ballare, a studiare danza sul tetto della casa di amici, con un muro come sbarra, tra le pallottole che fischiavano e l’esplosione di bombe non troppo lontano. “E’ il potere salvifico dell’arte, della danza che diventa una speranza”.
Nel 2014 Ahmad Joudeh partecipa alla versione araba di So You Think You Can Dance. Arriva in semifinale ma non vince perché palestinese e senza nazionalità. L’apparizione in questo programma lo rende celebre sia in Siria che all’estero ma gli procura l’odio dell’Isis. “La cultura islamica proibisce la danza. Ero ricercato dall’Isis, perché non solo danzavo ma insegnavo ai bambini a farlo. Era per loro inaccettabile. Hanno distrutto Palmyra. Ho pianto per due giorni. Per reazione mi sono tatuato la scritta Dance or die sul collo, dietro la nuca, dove i loro boia infilano la lama del coltello per tagliare la testa. Se mi avessero preso, avrebbero saputo anche loro che per me non ci sono altre strade se non la danza”
“Insegnare danza ai bambini orfani, che a causa della guerra hanno perso i genitori, era un modo per salvarli. Per questo ho anche voluto danzare nel teatro di Palmyra dove l’Isis ha ucciso centinaia di persone. A Palmyra c’era la casa dei miei nonni, la casa di mia madre, la casa che ho frequentato da bambino. Palmyra oggi è una città distrutta. Il teatro romano è distrutto. Sono stato felice di danzarci, anche se solo per un’ora a causa del caldo e del pericolo”.
La storia di Ahmad Joudeh è stata raccontata dal giornalista olandese, Roozbeh Kaboly, che un anno fa si è recato a Damasco per documentare la vita di Ahmad e della sua famiglia per il programma televisivo olandese Nieuwsuur. Ne è venuto fuori un film documentario, Dance or Die, che è stato trasmesso in Olanda nel luglio 2016 e poi dai media internazionali, tra cui la BBC, Channel 4 News, France 2 e visto da milioni di persone in tutto il mondo. Questo il documentario:
Dopo aver visto il documentario, Ted Brandsen, direttore del Dutch National Ballet, ha deciso di aiutare Ahmad Joudeh che sarebbe dovuto partire per il servizio militare obbligatorio a marzo 2017 e interrompere la sua carriera di ballerino. Insieme con diversi colleghi ha dato vita a una vera catena di solidarietà che si è raccolta attorno al The Dance For Peace Fund (www.danceforpeace.nl). In questo modo il Balletto Nazionale Olandese è riuscito la scorsa estate a portare Ahmad Joudeh ad Amsterdam per continuare i suoi studi e aiutarlo a realizzare il suo sogno di danzatore. The Dance For Peace Fund sostiene il suo soggiorno e i suoi studi. Si spera che attraverso ulteriori donazioni si possano ospitare ad Amsterdam anche altri danzatori e coreografi di talento che si trovano in situazioni simili a quelle di Ahmad.
Dalla Siria Ahmad ha portato ad Amsterdam poche cose che gli ricordano il passato. Tra queste, la foto della mamma, quella del suo amico del cuore, e le chiavi della sua casa distrutta. “Ho le chiavi ma non c’è più la porta. Ma sono le chiavi per il futuro”.
In pochi mesi la vita di Ahmad è cambiata. Da settembre 2016 studia ogni giorno diverse tecniche di danza con un programma ad hoc che unisce le classi della Dutch National Ballet Academy diretta da Jean-Yves Esquerre, quelle del Modern Theatre Dance e quelle di danza urbana.
“Arrivare a Amsterdam è stato uno shock enorme. Ho pensato: dove sono? La gente, lo stile di vita, il modo di andare d’accordo: è tutto diverso. La gente qui è molto amichevole. Sorridono molto, anche se purtroppo poche persone si rendono conto della meravigliosa vita che hanno qui”.
“Le classi di danza classica presso la Dutch National Ballet Academy sono particolarmente importanti per me. So di avere un buon fisico per il balletto e ho una buona base. Ma la guerra ha fatto sì che non ho potuto prendere regolari lezioni di danza classica per sette anni, dato il mio maestro decise di lasciare la Siria. Devo recuperare molto e quindi sto lavorando molto duramente. L’inizio non è stato facile: arrivando da un tipo di cultura e da situazione diversa, a 26 anni, mi sono sentito come un vero e proprio terzo incomodo dato che gli altri studenti sono molto più giovani di me. Ma ora sono diventato uno di loro. Sono tutti gentili e disponibili”.
Di seguito un secondo documentario del programma televisivo olandese Nieuwsuur che, partendo da Palmyra, racconta l’arrivo di Ahmad Joudeh a Amsterdam.
Lo scorso dicembre abbiamo visto e applaudito Ahmad Joudeh al suo debutto nella compagnia del Dutch National Ballet nella divertente versione di Coppélia di Ted Brandsen in un ruolo minore nel finale del balletto. La sua fierezza catturava lo sguardo. “Come musulmano, interpretare il ruolo di un sacerdote in Coppelia, non è stato affatto un problema. Vengo da una famiglia moderna, che rispetta tutto e tutti, e ho amici ebrei, cristiani e musulmani. L’opportunità che Ted Brandsen mi ha dato ad esibirmi con la Compagnia Nazionale è stata bizzarra e fantastica. Ho seguito il Dutch National Ballet per anni su YouTube e mai avrei immaginato che avrei condiviso il palco con quei meravigliosi ballerini. Ho assorbito tutto quello che ho visto, e ho imparato molto dai ballerini, non solo per quanto riguarda i passi e la tecnica, ma perché ho potuto vedere come sono concentrati e come lavorano duro. Su YouTube, si vede solo la perfezione. Lavorando con loro ho invece potuto vedere tutto quello che c’è da fare per diventare così bravi. E questo mi dà la speranza e l’energia per lottare per raggiungere il risultato, anche se penso che probabilmente diventerò un ballerino moderno, piuttosto che un classico principe, in parte a causa della mia età “.
Certo la nostalgia di casa è forte. Con la mamma, ancora in Siria, riesce a sentirsi tramite Skipe “Mi ha insegnato ad essere forte. Lei è forte. Sono molto vicino a tutti i membri della mia famiglia, ai miei zii e ai nonni, anche se mi piace la compagnia dei miei compagni di appartamento, ballerini del Dutch National Ballet tra cui l’italiano Giovanni Princic. Sono felice con poco! Ho anche l’elettricità per 24 ore al giorno! Nonostante questo penso continuamente che la mia famiglia e i miei amici in Siria vivono in una situazione completamente differente dalla mia. Io ad Amsterdam ho un’ottima qualità di vita mentre loro vivono costantemente nel pericolo. Ma mia madre e i miei amici mi incoraggiano a vivere in Olanda e a trovare la mia strada. Mi ripetono continuamente: ‘Le uniche buone notizie che sentiamo vengono da te’. Quindi, cerco di costruirmi una carriera non solo per me, ma anche per loro”.
In Olanda sul suo corpo si è aggiunto un altro tatuaggio. “In Siria ho tentato il suicidio. Le cicatrici sono visibili sul mio polso. Tra le due cicatrici ho tatuato la parola libero”.
Con il papà, che vive in un campo profughi a Berlino, si è riconciliato poco dopo essere arrivato in Europa. Un incontro anche questo documentato passo passo dalla televisione olandese. “Per undici anni non siamo stati padre e figlio. Ora non voglio più pensare al passato. Guardo al futuro”.
Un momento di grande felicità per Ahmad è stato l’incontro con Roberto Bolle, ospite lo scorso novembre del Dutch National Ballet. “Per tutta la mia vita ho guardato i suoi video e provato i suoi movimenti. Era il mio idolo. Mai avrei pensato di poter ballare con lui in una sala prove e che lui mi insegnasse dal vivo alcuni movimenti. Ancora lo ringrazio per il tempo passato con me”.
Molto si potrebbe dire ancora di questo ballerino fiero e umile, forte e determinato, capace di illuminare il mondo con un sorriso. A raccontarci dal vivo la sua storia sarà lo stesso Ahmad Joudeh ospite sabato 15 marzo 2017 al Teatro Goldoni di Livorno nell’ambito del Gala Internazionale di Danza Hommage a Marika. Durante il Gala Ahmad eseguirà un assolo, One in a million, da lui coreografato su musica di Max Ricther assieme a Robin van Zutphen. Prima dello spettacolo, alle 18.00, nel Foyer del Teatro racconterà la sua storia e ci parlerà del potere salvifico della danza e dell’arte, e di come non bisogna mai smettere di inseguire i propri sogni.
Francesca Bernabini
04/04/2017
Foto: 1. Ahmad Joudah; 2.-5. Ahmad Joudah a Damasco, immagini tratte dal documentario Dance or Die di Roozbeh Kaboly; 6.-9. Ahmad Joudah a Palmyra, immagini tratte dal documentario Dance or Die di Roozbeh Kaboly; 10.-13. Ahmad Joudah; 14. Ahmad Joudah e Ted Brandsen, Direttore Dutch National Ballet; 15. Ahmad Joudah in Coppelia di Ted Brandsen, Dutch National Ballet; 16. Ahmad Joudah e Roberto Bolle; 17. Ahmad Joudah.