Rifare Bach di Roberto Zappalà. Omaggio coreografico alla musica e alla bellezza del creato. Il debutto al Campania Teatro Festival
Applausi del pubblico al Teatro Politeama di Napoli hanno salutato il debutto di Rifare Bach, ultimo spettacolo firmato da Roberto Zappalà presentato in chiusura del Campania Teatro Festival 2021. Lo spettacolo, creato nell’ambito dei festeggiamenti della trentennale attività della Compagnia Zappalà Danza, è un omaggio coreografico alla musica del compositore tedesco e alla naturale bellezza del creato. Nell’articolo la recensione a firma Andrea Arionte.
Si è chiusa all’insegna della danza la sessione autunnale del Campania Teatro Festival 2021 con protagonista della serata finale la Compagnia Zappalà Danza diretta da Roberto Zappalà, coreografo contemporaneo tra i più apprezzati della danza italiana d’autore.
La compagnia ha sede a Catania e da più di 30 anni è portatrice del pensiero artistico del suo direttore, vanta 80 produzioni e dal 2002 ha sede a Scenario Pubblico, ente riconosciuto dal Ministero della Cultura come Centro Nazionale di Produzione della Danza.
Rifare Bach è il titolo dello spettacolo che ha debuttato al Teatro Politeama di Napoli lo scorso 29 settembre ed è un omaggio alla bellezza della terra e alla naturalezza del corpo, ma anche alla crudità dei suoi movimenti. Uno spettacolo in cui il coreografo siciliano torna a fondere l’estetica coreutica con la partitura musicale bachiana in tutte le sue rivisitazioni: classica, contemporanea ed elettronica.
Le luci della platea si spengono, il sipario si apre su un’atmosfera notturna e i danzatori risorgono dalla terra come animali a fine letargo avvolti in una densa coltre di nebbia. È uno scenario quasi fantastico, una finestra che affaccia su di un creato selvaggio ed intatto coi suoni e gli echi della foresta in sottofondo.
La pacatezza del momento viene interrotta dal sorgere del sole, una luce accecante che attraversa e squarcia al tempo stesso un tendaggio semicircolare che fa da cornice al palcoscenico.
I movimenti dei performer da fluidi e continuati diventano così aspri e gettati.
Si battono il petto, si dimenano, ballano rimarcando gli accenti di Toccata e fuga in D minore, creano un gioco ossessivo di botta e risposta tra il virtuosismo del corpo e l’imprevedibilità delle note musicali. La loro danza è ironica e sfacciata con gesti al limite della provocazione; è articolare e molto fisica. Prosegue fra assoli, duetti, trii e legati di gruppo.
I performer indossano semplici tute aderenti di tessuto vellutato, diverse tra loro per colore, un quadro scenico che richiama un po’ i capolavori di Merce Cunningham e del filone postmoderno.
Zappalà sfrutta le loro silhouette e le loro qualità fisiche per trasformarli in eleganti uccelli e nei passaggi di partnering opta per agganci di gambe – soprattutto nel quartetto – per simulare forse il contatto ravvicinato, il richiamo sessuale.
Il linguaggio coreografico è molto personale e destrutturato, non ha forme definite e gli impulsi dinamici partono dal centro assecondando slanci e spinte.
I danzatori dell’ensemble sono belli, ostentano al meglio la loro flessibilità e la mobilità articolare a volte a discapito dell’espressività individuale che spesso rende più interessante l’azione corale.
Dall’essere uccelli al sembrare viscidi insetti passa un attimo ed ecco che i ballerini della compagnia, su un fastidioso sottofondo di ronzio di vespe, mostrano la lingua facendola letteralmente vibrare e danzare.
Segue un ricercato passo a due maschile eseguito dai danzatori Erik Zarcone e Filippo Domini sulle note delle Variazioni Goldberg. I due uomini si modellano, si guidano e si manovrano a vicenda come manichini. I loro corpi si intrecciano, si confondono, c’è magnetismo e repulsione al tempo stesso. A tratti sono felini che giocano insieme, che si annusano, altre volte si sfidano o si scrutano.
Il resto del gruppo, inizia a sfilare in slow-motion dietro i tendaggi circolari, ma purtroppo rimangono nella penombra non ben illuminati, mentre al duo si aggiunge una danzatrice in tuta blu per danzare una jam session di jazz bachiano. Non è ben chiaro se la poca nitidezza di questa scena e la molta nebbia introdotta costantemente sul palco siano pensate per rendere il tutto più onirico o siano lasciate al caso all’interno del disegno luci.
Certamente si nota del resto che la rappresentazione è in parte un prodotto laboratoriale e che le performance spesso sono happening, concetto che sta alla base del lavoro di ricerca che da anni caratterizza le creazioni della compagnia e che si traduce in uno specifico vocabolario stilistico denominato dal coreografo stesso MoDem, acronimo di movimento democratico.
Lo spettacolo si conclude in modo non-finito, con delle incognite che lasciano così un senso di vedo non vedo in cui si capisce come Zappalà abbia deciso di non inserire nella pièce alcuna drammaturgia specifica ma di riscrivere soltanto la relazione tra la purezza della musica di Bach – suo compositore preferito – e quella più carnale del corpo danzante.
Dall’alto del graticcio iniziano a cadere fiocchi di neve che portano i ballerini ad improvvisare movimenti lentissimi. La danza è ipnotica, solenne, primitiva e resta tale finché dei petali rossi iniziano a mischiarsi al bianco della neve come se all’inverno susseguisse la primavera, come se la vita nascesse dalla morte stessa. Ed ecco che ritroviamo il passo a due maschile e l’atmosfera diventa più romantica, poetica e quasi favolistica.
E parlando di favole ricordiamo che Rifare Bach ha ispirato al coreografo Zappalà la produzione di un piccolo corto di animazione dal titolo La naturale bellezza del creato proiettato in prima assoluta il 25 luglio 2021 in occasione della sesta edizione del Zabut – International Animated Short-Film Festival a Santa Teresa di Riva, con la regia ed il disegno firmati dal fumettista Michele Bernardi.
La serata termina coi saluti di tutta la compagnia che esce sul palco a suon di applausi indossando un a t-shirt alla nerd con su scritto “una sola vita, un solo pianeta”.
Un ringraziamento al pubblico, un grazie alla vita per tutto ciò su cui ci fa posare lo sguardo.
Andrea Arionte
10/10/2021