Muta Imago, Aurélien Bory, il coro di smartphone dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese: nutrimenti con musica di Romaeuropa Festival.
Promesse non mantenute da Muta Imago con i Canti Guerrieri di Monteverdi, dove l’amore visto come combattimento tra animali è accompagnato da Ensemble Arte Musica con Francesco Cera. Coinvolgente e curato Espæce di Aurélien Bory con un gruppo di performer che abitano un’enorme scenografia tra circo, danza, teatro e musica. Il pubblico che suona con gli smartphone assieme all’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Gabriele Bonolis, grazie a un’APP che ricorda le provocazioni della tecnologia, un po’ come il robot Yumi.
Stimoli e nutrimenti con musica dalle proposte di Romaeuropa Festival. Giunti a metà del festival, ho selezionato alcuni spettacoli: Muta Imago che ha messo in scena i Canti Guerrieri di Monteverdi (30 settembre 2017), Espæce di Aurélien Bory (8 ottobre 2017), il concerto dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Gabriele Bonolis che ha proposto il coro di smartphone (13 ottobre 2017).
Intanto, guardatevi le belle locandine di RomaEuropa: talvolta un po’ fuori misura e invadenti lo spazio del vicino di posto, sono graficamente eleganti, con una variegata scelta di font e raffinate macchie di colore, una puntuale scelta di foto, interviste ai protagonisti oltre al programma della serata. Brava Debora Laufer, la graphic designer.
E torniamo agli spettacoli. Le premesse di una bella performance c’erano tutte per Muta Imago, la compagnia romana guidata da Claudia Sorace (regia) e Riccardo Fazi (drammaturgia). Si trattava, infatti, di danza e musica dal vivo. E che musica: i Madrigali Guerrieri di Monteverdi dall’Ottavo Libro eseguiti da Ensemble Arte Musica, con un preparatissimo Francesco Cera al clavicembalo e sedici esecutori (cantanti e strumentisti). Si tratta di una serie di composizioni raccolte da Monteverdi nel 1638 in uno dei libri che rappresenta il passaggio dalla musica polifonica a quella monodica, la nonna dell’opera lirica per intenderci. Muta Imago ha deciso di rappresentarli sottolineando il concetto di amore visto come un combattimento guerresco, con uno schema narrativo che segue i rituali dei pennuti nella seduzione amorosa, il “mating”. C’è un piacevole contrasto tra la musica che cala dall’alto anche per la disposizione dei musicisti e l’ancestrale animalità delle danzatrici Annamaria Ajmone e Sara Leghissa. Le premesse ci sono tutte, dicevo, ma l’insieme non mi ha convinta, anche se gli interpreti hanno dato buona prova individualmente. Alcuni dettagli sono, in particolare, fuori fuoco. Ad esempio due coppie – una di bambini e una di persone mature – in scena quasi senza un perché, con una finta naturalezza che sa di approssimazione. Oppure la scenografia della foresta, piccolissima e claustrofobica, che forse ha limitato le danzatrici. Peccato.
Assolutamente riuscito e coinvolgente, invece, lo spettacolo di Aurélien Bory, prodotto dalla sua Compagnie 111. Espæce, nome dovuto a una sintesi tra Espèces d’espace (Specie di Spazi) da Georges Perec, mette insieme discipline artistiche diverse con perfomer dissimili e un espediente visivo/architettonico che riunisce il tutto. I giochi linguistici di Perec vengono trasposti nella scenografia “abitata” dai performer. Si tratta di una enorme quinta con porte che si sdoppia, si frammenta, viene girata e rigirata a formare nuove possibilità d’esplorazione dello spazio. C’è la danza contaminata da acrobazie di Mathieu Desseigne Ravel, c’è la melodia struggente di Schubert con un brano da Winterreise (Le Voyage d’hiver) cantato da Claire Lefilliâtre, c’è il teatro recitato con grammelot e giochi verbali da Olivier Martin Salvan, c’è l’assenza delle leggi anatomiche che appartengono a noi comuni mortali con la contorsionista Katell Le Brenn, c’è il fiato sospeso delle arrampicate sui tanti metri di scenografia dell’acrobata Guilhem Benoit. Tutti bravissimi e affiatati, da soli o in ensemble sempre diversi. E oltre alle imprevedibili trasformazioni dell’enorme parete, colpisce il disegno delle sagome dei performer realizzato impressionando un’enorme pellicola fotosensibile con una lampada. Per non parlare delle luci di Arno Veyrat che evidenziano il “dentro” e il “fuori”. Cura, emozione, ricerca: cosa aspettarsi di più da uno spettacolo? Guardate il trailer
Divertente esecuzione delle Geek Bagatelles di Bernard Cavanna, compositore presente al concerto in prima nazionale dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Gabriele Bonolis. Il pubblico doveva scaricare sui propri smartphone l’App Geekbagatelles (per facilitare c’era pure un QR code, quel quadratone con ghirigori neri da inquadrare col telefono). Fatelo anche voi, scaricate l’APP così potete ascoltare gli 8 frammenti dalla IX Sinfonia di Beethoven utilizzati nella composizione. Grazie al direttore dell’inusuale coro Pierre Bassery che aveva dato istruzioni in una breve prova preliminare, il pubblico era invitato a “eseguire” con il telefono alcuni brani in precisi momenti. Insomma, il pubblico aveva l’occasione di suonare con una vera orchestra perché, in contemporanea, i maestri eseguivano la loro parte sul palco assieme ai ragazzi del coro di smartphone composto dagli studenti del Liceo Teresa Gullace Talotta di Roma. Un’opera partecipativa, un’occasione per esserci.
Qui un assaggio:
In collaborazione con CRM (Centro Ricerche Musicali), GRAME (centre national de création musicale) e ISA (Istituzione Sinfonica Abruzzese), il concerto comprendeva anche tre opere interessantissime caratterizzate dall’interazione tra compositori di epoche diverse: quattro arrangiamenti sovrapposti di Berio sulla Ritirata notturna di Madrid di Boccherini, Tombeau de Couperin di Ravel, Ricercata di Webern dal Musicalisches Opfer di Bach. In termini di fraseggio e colori ho sentito molte limitazioni in questa direzione, anche se ho apprezzato alcuni effetti di pianissimo e crescendo.
Tecnologia delle APP e direzione d’orchestra attenta al battito del tempo musicale mi hanno fatto pensare a Yumi, il robot che di recente ha diretto un’orchestra con Andrea Bocelli (artista di cui rispetto – ma personalmente non mi spiego – il successo e il grande pubblico che lo segue). Ecco, il robot può far pensare che il direttore d’orchestra dia solo la pulsazione ritmica: non è così, naturalmente. Non avete visto Yumi? Eccolo al Festival Internazionale della Robotica.
Una provocazione dal mondo della robotica che non c’entra nulla con le competenze del direttore d’orchestra: un supereroe che trasforma i segni neri scritti sulla carta da musica in emozionante discorso sonoro.
Ippolita Papale
@salottopapale
30/10/2017
Foto: 1.-4. Muta Imago Canti Guerrieri di Monteverdi; 5.-6. Compagnie 111, Espæce di Aurélien Bory, ph. Christophe Raynaud De Lage; 7.-10. Compagnie 111, Espæce di Aurélien Bory, ph. Aglaé Bory.