La recensione

Grande successo per Onegin di John Cranko al Teatro alla Scala con Roberto Bolle e Marianela Nuñez

Onegin di John Cranko sorprende ancora per la propria bellezza: una danza in cui i personaggi sgorgano in modo vivido e tangibile e in cui tutti trovano la giusta connotazione. Marianela Nuñez è una Tatiana contemporanea, nelle linee e nella tecnica, consapevole e risoluta. Roberto Bolle è un Onegin di innegabile bellezza e della tecnica nobile ed elegante. Eccellenti gli altri artisti scaligeri. Timofej Andrijashenko amalgama perfettamente la tecnica spigliata allo spirito del giovane poeta Lenskij. Alessandra Vassallo è un’Olga, vispa, vivace e civettuola. Ottima la prova del Corpo di ballo del Teatro alla Scala guidato da Frédéric Olivieri. Onegin resterà in scena fino al 18 ottobre 2017.

Onegin è invecchiato? No, nemmeno di un giorno si direbbe. Nulla sembra scalfire la forza e la bellezza del celeberrimo dance drama di John Cranko, in questi giorni in scena al Teatro alla Scala di Milano come spettacolo conclusivo della Stagione di balletto 2016-2017.

Le ragioni di tale longevità? Presto dette: la facilità disarmante nel saper raccontare la vicenda tratta dal celebre romanzo in versi di Puskin e una danza costruita in maniera esemplare. Parliamo di una danza in cui i personaggi sgorgano in modo vivido e limpido e in cui tutti trovano la giusta connotazione. Pensiamo solo al modo in cui Onegin si mostra per la prima volta al pubblico: quasi un assolo in cui la presenza di Tatiana può risultare al massimo un pertichino, a sottolinearne lo status di dandy annoiato dal mondo. Il grande passo a due in cui Tatiana sogna di incontrare l’amato è costruito invece su grandi lift e prese aeree così da rendere tangibili le passioni della giovane ubriaca d’amore mentre il passo a due finale è modellato su insistiti cambré, una rappresentazione lucidissima delle passioni inespresse dei protagonisti. Tutto questo affastellarsi e rincorrersi di affetti non è per nulla ravvisabile nel rapporto tra Tatiana e il Principe Gremin, rappresentato da un duetto semplice e rasserenante, affettuoso nella naturalezza in cui si snoda proprio a evidenziare un legame sereno e al riparo da passioni.

Ma come già detto, tutti trovano in questo balletto la loro naturale connotazione. Olga e Lenskij si muovono inizialmente per mezzo di una danza leggera e vivace, tutta volta ad accentuare la giovinezza e la serenità della coppia. Anche il corpo di ballo è qui trattato come una presenza mai accessoria ma sempre funzionale: dalla danza spensierata dei giovani nel giardino dei Larin fino al ballo più cristallizzato e borghese al ricevimento del Principe Gremin.

Il linguaggio utilizzato dal coreografo sudafricano (pur sempre, lo ricordiamo, di base classica) risulta intelligibile, ‘parlante’ e, più semplicemente, emozionante proprio per la capacità nello scolpire assoli, passi e due e insiemi. Uno status quello del lavoro di Cranko che pretese anche autonomia musicale: pur avvalendosi della musica di Tchaikovsky, nessun brano dell’opera lirica Evgenij Onegin venne impiegato in questo balletto.

Poco da dire sull’allestimento scaligero (scene di Pier Luigi Samaritani e costumi dello stesso Samaritani e Roberta Guidi di Bagno) che risulta semplicemente perfetto nell’assecondare la danza in ogni istante.

A Roberto Bolle e Marianela Nuñez va anzitutto riconosciuto il merito di aver instaurato un’ottima partnership, cosa fondamentale in una simile partitura.

Marianela Nuñez, Principal dancer del Royal Ballet di Londra, è una Tatiana molto contemporanea, nelle linee e nella tecnica, consapevole e risoluta. Già al suo apparire alla scena del giardino si è già davanti a quella che sarà la futura moglie del Principe Gremin. Questa visione del personaggio è suggerita da una danza più a tinte nette, rapide e vorticose, anziché incline all’ombreggiatura e dalla tecnica da grande virtuosa.

Molto buona anche la prova di Roberto Bolle nei panni di Onegin. L’étoile scaligera gioca anzitutto la carta dell’innegabile bellezza e della tecnica nobile ed elegante. Quindi Bolle risulta immediatamente bellissimo, sprezzante e altero al suo apparire nel giardino; resta forse più epidermico nella scena del confronto con Tatiana durante la festa a casa dei Larin ma è molto convincente nel passo a due finale, reso dai due protagonisti in maniera eccellente.

Circa gli altri protagonisti, potremmo cavarcela semplicemente col dire che sono stati bravissimi ma parole dettagliate le meritano eccome gli artisti scaligeri. Partiamo quindi dal bravissimo Timofej Andrijashenko, perfetto Lenskij. Danza benissimo perché amalgama perfettamente la tecnica spigliata allo spirito che caratterizza il giovane poeta. L’assolo finale è danzato in modo meraviglioso perché giocato sulla leggerezza che già prelude a quello che sarà il destino di Lenskij. Altrettanto perfetta Alessandra Vassallo nei panni di Olga, vispa, vivace e civettuola ma versata anche nella corda più tragica che il personaggio richiede. Mick Zeni è un ottimo Principe Gremin, nobile e affettuoso.

Parimenti degni di lode il Corpo di ballo del Teatro alla Scala guidato da Frédéric Olivieri e la direzione di Felix Korobov a capo dell’Orchestra del Teatro alla Scala.

Pioggia di applausi per tutti, con ovazioni per la coppia Bolle – Nuñez. Ricordiamo che Onegin resterà in scena fino al 18 ottobre 2017 mentre la Stagione di balletto 2017-2018 aprirà con La Dame aux camélias di John Neumeier.

Matteo Iemmi

06/10/2017

Foto: 1. Marianela Nuñez e Roberto Bolle, Onegin di John Cranko; 2. Onegin di John Cranko; 3. Marianela Nuñez e Roberto Bolle, Onegin di John Cranko;  4. Alessandra Vassallo e Timofej Andrijashenko, Onegin di John Cranko; 5. Marianela Nuñez, Onegin di John Cranko; 6. Roberto Bolle, Onegin di John Cranko; 7.-8. Marianela Nuñez e Roberto Bolle, Onegin di John Cranko; 9. Marianela Nuñez, Onegin di John Cranko; 10.- 12. Roberto Bolle, Onegin di John Cranko; 13. Onegin di John Cranko; 14. Marianela Nuñez e Mick Zeni, Onegin di John Cranko; 15. -16. Marianela Nuñez e Roberto Bolle, Onegin di John Cranko. Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano, Teatro alla Scala.

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