Saggio Spettacolo 2017, applausi per gli allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma
È andato in scena al Teatro Costanzi il Saggio Spettacolo di fine anno della Scuola di Danza dell’Opera di Roma diretta da Laura Comi. La serata, composta dalle coreografie originali di Giorgio Mancini e di Mauro Astolfi, e dall’estratto da Coppélia a firma dei maestri Ofelia Gonzalez e Pablo Moret rivela un gruppo di allievi tecnicamente forte ed interpretativamente versatile. Bravi i sette diplomati 2017, pronti ad affrontare le sfide del professionismo: a tutti loro auguriamo un luminoso futuro nei nostri teatri e nel mondo. Per il corpo docente, novità in arrivo per l’anno accademico 2017/2018.
Tra le storiche luci del Teatro Costanzi, lo scorso 5 luglio 2017, la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma ha chiuso con il consueto Saggio Spettacolo un anno accademico impegnativo e ricco di soddisfazioni (ricordiamo il successo de La Bottega Fantastica, coreografia di Luciano Cannito in scena al Teatro Nazionale nel dicembre 2016, e le apprezzate esibizioni degli allievi nelle produzioni 2017 del Teatro dell’Opera Lo Schiaccianoci e Il pipistrello); un anno che lascia spiccare il volo ai sette diplomati Alice Amorotti, Carla Mammo Zagarella, Noemi Tosone, Simone Agrò, Alessandro Burini, Alessandro Casà e Giuseppe Montalto, forti di una preparazione accademica eccellente e pronti ad affrontare le sfide del professionismo. Ma anche un anno di novità per il corpo docente, rinfoltito nell’ultima stagione dall’ingresso di Gaia Straccamore, étoile del Teatro dell’Opera, e del coreografo Mauro Astolfi.
Il Saggio Spettacolo 2017 rivela un chiaro assetto del centro di formazione romano, saldo nel tradizionale percorso accademico ma aperto alle visioni coreografiche contemporanee, a dimostrazione di un’ampia offerta didattica sempre più mirata alla valorizzazione dei molteplici talenti degli allievi. Aspetto evidenziato da un programma in tre parti, composto dalle coreografie originali di Giorgio Mancini e Mauro Astolfi e dalla rivisitazione del repertorio classico a firma di Ofelia Gonzalez e Pablo Moret.
Danzo di Giorgio Mancini abbandona le consuetudini ‘tecnico-dimostrative’ del Saggio a favore di una costruzione coreografica tagliata alla perfezione sul giovane corpo di ballo, evidenziandone l’abilità nella complessa gestione del quadro corale. I port de bras solitari del piccolo ballerino Samuel De Luca (allievo del secondo corso già dotato di sorprendente sicurezza scenica e adorabile nel contrasto tra i passaggi rigorosi e la delicata figura) preannunciano il racconto di una vita intera dedicata all’esercizio della danza, arte meravigliosa e difficile, generosa di soddisfazioni e avara di sconti; alle sue spalle, dietro l’immaginario sipario del tempo, i volti di mille generazioni danzanti, votate all’armonia del gesto, al perfezionamento del volo, all’eleganza del passo.
Prima quieta e poi infuocata, tra incroci e imprevedibili traiettorie, la danza di Mancini si espande con progressione assecondando l’intensità crescente delle note di Philip Glass; alla reiterazione ritmica minimalista gli allievi dell’Opera, dai più piccoli del primo corso ai diplomati dell’ottavo, rispondono con sincronie puntuali, percorrendo ogni angolo del palcoscenico e alternandosi con precisione estrema (sottolineiamo, in particolare, l’abilità nel gestire i rapidi ingressi dalle quinte, soprattutto in considerazione dell’alto numero degli allievi e della giovanissima età di molti di loro). Il disegno d’insieme, colorato dal grigio-argento di gonne setose e dalle sfumature crepuscolari di un fondale imponente, decora la scena di onde dinamiche continue, interrotte con sapienza da incontri a due e a tre, un attimo prima di rinascere e moltiplicarsi verso un invisibile orizzonte.
Tra le scene più riuscite, quella dei grand jeté lungo le diagonali opposte di un palcoscenico improvvisamente immenso, e il finale celebrato dall’avanzare cadenzato dell’intero gruppo. Bravi gli allievi di tutti i corsi nel districarsi con puntualità tra i difficili passaggi musicali, misurando con esattezza gli spazi scenici e conservando una caratteristica leggerezza di movimento che ne rende impercettibile la (pur presente) difficoltà tecnica: merito del coreografo, ma anche dei docenti della Scuola dell’Opera che hanno collaborato con Giorgio Mancini nella riuscita gestione del gruppo (in particolare, segnaliamo la precisione dei piccolissimi dei primi corsi, insieme all’omogeneità stilistica e alla disinvoltura tecnica dei corsi intermedi e superiori).
Impermanenza porta in scena gli esperimenti stilistici degli allievi (dal sesto all’ottavo corso) nel primo anno di studi con il coreografo Mauro Astolfi, da tempo apprezzato per la costante ricerca sul movimento oltre che per l’originalità creativa ampiamente premiata dal pubblico e dalla critica. Ci pare che il segno di Astolfi trovi terreno fertile nelle sale della Scuola dell’Opera grazie ad un lavoro minuzioso sull’esplorazione del gesto, del contatto e dell’intreccio; lavoro che incontra a sua volta la ricettività di allievi allenati alla disciplina accademica, ma anche sensibili alla contemporaneità, all’immediatezza comunicativa e all’indagine sull’intenzionalità del movimento. Vediamo in scena i primi traguardi di un lavoro in corso, ovviamente lontano dalla compiutezza a cui ci ha abituato Mauro Astolfi con la sua compagnia Spellbound, ma piacevolmente adattato all’irrequietezza giovanile, finalmente scaltra e senza redini, a tratti scontrosa, poi sfuggente e infine imprevedibilmente saggia.
Il movimento spezzato di Astolfi traduce sulla scena le tensioni compulsive di individui in formazione, precocemente alla ricerca di sé tra le opposte inclinazioni di una contemporaneità in corsa. Nel tentativo di fermarlo, l’attimo scorre e la realtà si trasforma, imponendo su tutto il potere dell’impermanenza. Incorniciati da geometrici tagli di luce, si alternano quadri di gruppo a duetti, brevi incontri solitari a strutturati disegni d’insieme: il palcoscenico si divide in sezioni e puntualmente cambia forma, dettando al movimento la traiettoria provvisoria del passaggio nel mondo. Troviamo in questo lavoro l’inizio di un efficace scambio tra autore e allievi che lascia ben sperare sulla maturazione stilistica del gruppo: ottimi i passaggi di insieme in cui i ragazzi rivelano particolare fluidità di movimento e coordinazione.
Bello il finale dedicato ai sette diplomati, speranze di oggi e certezze del domani, uniti nell’abbraccio di una comune vocazione. Segnaliamo tra gli interpreti Alice Amorotti, diplomata 2017, dotata di linee accademiche che ben si adattano alle curve dinamiche di Astolfi e di un caratteristico piglio interpretativo che la rende riconoscibile in ogni passaggio, e Simone Agrò, più volte indicato come grande talento della Scuola di Danza e prossimamente giovane professionista, sempre notevole nella tecnica e nell’interpretazione. Bene anche Manuel Giovani, allievo di Alessandro Molin, sorprendente per la consapevolezza del movimento e Nicola Di Vico, giovane certezza della danza classica, inaspettatamente vincente anche nel contemporaneo grazie al contrasto tra la sottile figura dai tratti alteri e la solida presa di un gesto appassionato.
In chiusura di serata, Coppélia Suite, estratto dal balletto di repertorio di Arthur Saint-Léon su musica di Léo Delibes: Ofelia Gonzalez e Pablo Moret, storiche presenze del Teatro dell’Opera, confermano qui un’accuratezza coreografica che, pur nel rispetto della tradizione, non manca di originali tratti stilistici, adattandosi con sapienza alle caratteristiche individuali dei talenti della Scuola di Danza. La scena, dominata da un arioso paesaggio scenografico, si riempie di giovani in festa, sollevati dalla soluzione dei misteri legati alla bambola Coppélia e travolti dalle gioie del matrimonio tra Franz e Swanilda. Su tutto domina una grande verve interpretativa di gruppo, che conduce l’estratto preservando lo spirito brioso del racconto e della musica (lontani, come sappiamo, dalle grigie tonalità di Der Sandmann di E.T.A. Hoffmann, a cui pure il balletto si ispira).
Bene Noemi Tosone, diplomata 2017, nella Variazione dell’aurora, brava in particolare nell’affrontare grandi salti e virtuosismi. La danza ungherese rivela l’adattamento stilistico degli allievi, abili nei complessi passaggi di una legazione ritmicamente puntuale e rigorosi nei dettagli (in particolare nella caratteristica coordinazione di braccia, épaulement, gambe e piedi). Di nuovo apprezziamo Alice Amorotti, qui graziosa protagonista di un movimento scattante che ne conferma la versatilità stilistica, e Alessandro Casà, diplomato 2017 dal salto fiero e porteur dalla presa vigorosa. Nei successivi pezzi d’insieme, il gruppo sostiene con disinvoltura difficili cambi di direzione e impreviste prese di coppia, che ben dimostrano l’approfondito studio della tecnica del pas de deux. Segnaliamo il gruppo maschile per i grandi salti e gli ottimi giri, e quello femminile per la leggiadra sincronia d’insieme.
Infine i protagonisti Simone Agrò e Carla Mammo Zagarella, nei panni degli sposi Franz e Swanilda, confermano nel pas de deux doti tecniche e interpretative da giovani professionisti: presenza e prodezza scenica fanno di Agrò l’eroe della scena, accanto ad una deliziosa Zagarella dall’espressione vivace e dai piedi d’acciaio. Quel che ci auguriamo è di ritrovare questi giovani tra i nuovi protagonisti del nostro teatro e dei palcoscenici del mondo, a conferma non solo del talento italiano, ma anche dell’eccellenza dei nostri centri di formazione.
Tra gli applausi del Teatro Costanzi, gli inchini finali hanno omaggiato le docenti Anna Maria Garagozzo e Carla Rossi, che lasciano la Scuola di Danza dell’Opera dopo anni di grande lavoro e dedizione. Chiuso un anno accademico di successi, la squadra diretta da Laura Comi, al momento composta da Gerardo Porcelluzzi, Silvia Curti, Alessandro Molin, Pablo Moret, Ofelia Gonzalez, Mauro Astolfi, Gaia Straccamore e Valentina Canuti, si prepara dunque ad un settembre di novità e cambiamenti di cui attendiamo con interesse l’evoluzione.
Lula Abicca
13/08/2017
Foto: 1.-5. Danzo di Giorgio Mancini, Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama; 6.-7. Ipermanenza di Mauro Astolfi, Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama; 8.-10. Coppélia Suite, coreografia di Arthur Saint-Léon, ripresa da Ofelia Gonzalez e Pablo Moret, Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma, ph. Yasuko Kageyama.