La recensione

Ballet Nacional de Cuba. Trionfo del classico al Ravenna Festival

Grande serata all’insegna del balletto classico al Ravenna Festival col Ballet Nacional de Cuba. Al di là di qualche momento coreografico un po’ datato e di una location poco adatta a rappresentazioni di balletto (il Palazzo Mauro de André) la compagnia fondata dalla leggendaria Alicia Alonso ha incantato il numerosissimo pubblico. Nella serata è emersa una generazione di interpreti maschili degni della massima attenzione. La compagine femminile, a parte le celeberrime stelle della compagnia, ha invece mostrato ballerine più moderne e meno vincolate al modello di Alicia Alonso.

La magia della danza, questo il titolo della serata che ha avuto come protagonista il Ballet Nacional de Cuba al Ravenna Festival 2017. E di magia ne abbiamo vista parecchia: la grande compagnia fondata dalla leggendaria Alicia Alonso, l’Assoluta come viene chiamata in patria, ha proposto un’inanellata ghiottissima di classici ottocenteschi (pur sempre rivisti da Alicia Alonso) e tutte le prime parti sostenute da ottimi solisti… insomma, ancora una volta il balletto classico ha avuto la sua rivincita. E non è una vittoria da poco: praticamente assente nelle rassegne estive e boccheggiante negli enti lirici privi di corpi di ballo stabili, il balletto ha saputo nuovamente incantare il pubblico che di fatto ha riempito il Palazzo Mauro de André.

E con questo si potrebbe chiudere questa recensione. È andato quindi tutto bene senza alcun distinguo? Qualche riserva sulla parte strettamente coreografica c’è in effetti. Vediamo nel dettaglio.

La prima cosa che ha giocato a sfavore della rappresentazione è stata la location, il Palazzo Mauro de André per l’appunto. Non un teatro quindi ma una struttura polifunzionale che, avendo un palco molto scoperto sia una altezza che in larghezza, tende a strappare qualche frammento di intimità e lirismo (si pensi solo all’Adagio di Giselle).

La scelta di quali momenti coreografici proporre ha suscitato invece più di una perplessità. Non parliamo del valore intrinseco delle coreografie: quelle che abbiamo visto fanno ormai parte del repertorio abituale della Compagnia e sappiamo bene quanto un repertorio sia parte caratterizzante di un corpo di ballo. Piacciano o meno, le coreografie di Alicia Alonso che rivisitano i classici di età imperiale mettono massimamente in risalto lo stile cubano, connotato da un esuberante sfoggio tecnico pur sempre coniugato all’imprescindibile rigore della danza accademica. È poi indubbio che alcune coreografie siano risultate invecchiate come nel caso del Valzer dei fiori dello Schiaccianoci, ripensato da Alicia Alonso con un gran impiego di nastri-ghirlande che ha reso questo celeberrimo momento molto più simile ad Ashton che a Ivanov. Sempre nel Valzer dei fiori il corpo di ballo non ha mai superato i dieci elementi in scena: forse un po’ poco per poter rendere giustizia alla bellezza di questo ensemble. Uno Schiaccianoci riscattato però da una buona esecuzione del passo a due da parte di Sadaise Arencibia e Raúl Abreu.

Il discorso riguarda invece quali scene di un balletto portare in scena. Del secondo atto di Giselle ad esempio è stata proposta la morte di Hilarion e poi l’Adagio: peccato non aver fatto sfoggio del corpo di ballo femminile, decisamente sottoimpiegato in questo frangente, che danza questo titolo come pochi al mondo. Allo stesso modo ci si chiede perché aver fatto precedere il passo a due de La bella addormentata dalla polacca che introduce il terzo atto: è apparso quasi uno spreco utilizzare il corpo di ballo in questo momento del tutto accessorio all’interno di una serata di gala, soprattutto perché il corpo di ballo ha fatto semplicemente ‘da tappezzeria’ durante l’esecuzione del passo a due.

La serata ha invece raggiunto un buon equilibrio tra momenti di insieme e passi a due nella seconda parte del gala, dove abbiamo potuto vedere Coppélia (dove il passo a due è stato preceduto da una Mazurka coreografata e danzata finalmente comme il faut), Don Chisciotte, Il lago dei cigni e Sinfonia di Gottschalk.

Per quanto riguarda gli interpreti, balza subito all’occhio una generazione di elementi maschili degni della massima attenzione. Su tutti ha impressionato Yankiel Vázquez nel passo a due di Coppélia, dove ha sfoggiato un salto davvero meraviglioso unito ad una mimica spontanea e comunicativa. Un ballerino che nei ruoli demi-caractère farà sicuramente faville. Più elegante nella fisicità e nell’utilizzo della tecnica è stato Rafael Quenedit, magnifico danseur noble nel passo a due della Bella addormentata. Rispetto alla Giselle vista al Teatro Regio di Torino nel dicembre 2014, Dani Hernández nel passo a due del Don Chisciotte ha convinto maggiormente in forza di una tecnica molto pulita e di una teatralità genuina. Di Patricio Revé non si è potuto ammirare molto giacché impiegato solo negli Adagio di Giselle e Lago dove si è comunque rivelato partner attento e premuroso.

Più complesso il discorso sulle interpreti femminili. Viengsay Valdés ha mostrato esattamente come un ruolo venga tramandato da insegnante ad allieva: la sua Giselle infatti è, nello stile, nella musicalità e nella tecnica, la Giselle di Alicia Alonso. Una Giselle fané, che non lascia nulla al caso, dove rimangono impresse le numerose arabesque penchée e la batteria soffice e veloce. Liricissima e commovente nell’utilizzo delle braccia liquide e fluttuanti anche nell’Adagio del Cigno bianco. Anette Delgado, l’altra stella della Maison, è sembrata più prudente rispetto ad altre occasioni soprattutto nell’esecuzione degli equilibri con cui di solito ama impreziosire il passo a due del Don Chisciotte. Prudenza del tutto giustificata considerata ancora una volta la location: il palco del Pala De André, oltre ai difetti che abbiamo summenzionato, ha una pendenza davvero molto pronunciata.

Le altre artiste che si sono esibite nel corso della serata ravennate sono apparse invece più moderne nelle linee, nella tecnica, nello stile. In poche parole, queste ballerine sembrano meno vincolate al modello di Alicia Alonso. In particolare Chanell Cabrera (Swanilda in Coppélia) e Grettel Morejón (Aurora nella Bella addormentata) hanno colpito per la freschezza nell’approccio ai rispettivi personaggi.

Ha chiuso la serata la Sinfonia di Gottschalk su coreografia di Alicia Alonso. Qui Alonso guarda al grande concerto danzante à la Balanchine (i costumi in rosso ricordano immediatamente quelli che Karinska creò per Rubies): una coreografia più diluita quanto a fantasia e bellezza compositiva rispetto a quanto seppe creare Mr B in molte occasioni ma scandita e impreziosita dall’inconfondibile accento cubano.

Pubblico entusiasta e applausi a non finire.

Matteo Iemmi

11/07/2017

Foto: Ballet Nacional de Cuba ph. Zani-Casadio.

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