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La Nouvelle Danse francese: un’etichetta, molti autori

A Brescia sabato 29 marzo, l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri Le Storie della danza contemporanea dedicati ai grandi protagonisti della danza degli ultimi 50 anni. Ada D’Adamo racconta la danza francese degli anni Ottanta tra video e un bicchiere di Berlucchi.

29 . 03 . 2014

11.30

Brescia - Museo di Santa Giulia/White Room

Sabato 29 marzo alle 11.30 Ada D’Adamo, presenta La Nouvelle Danse Francese: un’etichetta, molti autori all’interno della White Room del Museo Santa Giulia: un aperitivo culturale durante il quale si potranno gustare video, racconti e un brindisi offerto dalla casa vinicola Berlucchi.

E’ questo l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri Le Storie della danza contemporanea dedicati ai grandi protagonisti della danza degli ultimi 50 anni, un progetto di Carolina Italiano, curato da Anna Lea Antolini con l’assistenza di Giulia Pedace, una co-produzione MAXXI- museo nazionale delle arti del XXI secolo, Cro.me.- Cronaca e memoria dello Spettacolo, Ente Promozione Danza della Fondazione Romaeuropa e promossa da Container12.

Negli anni Ottanta del Novecento in Francia esplode il fenomeno della nouvelle danse. Il termine, con la sua connotazione generazionale – si parla di nouvelle, ma anche di jeune danse – si riferisce a un insieme eterogeneo di artisti nati negli Anni Cinquanta che, facendo proprio lo slancio libertario del ’68, intendono fare tabula rasa tanto della tradizione del balletto classico, quanto delle diverse tecniche della modern dance.

Priva di una scuola di danza moderna autoctona, la Francia recepisce, già a partire dal decennio precedente, influenze provenienti dall’estero, dalla Germania e dall’Oriente. Ma è soprattutto dagli Stati Uniti che arrivano maestri e coreografi ai quali si deve la diffusione delle tecniche di Cunningham e Limón, della Contact Improvisation di Steve Paxton, del credo di Alwin Nikolais.

I coreografi della nouvelle danse – talvolta autodidatti – si formano mettendo insieme conoscenze eterogenee, non necessariamente riconducibili alla sola danza. Li accomuna il desiderio di affermare, con qualsiasi mezzo, la propria individualità di autori. Il vissuto personale – spesso specchio di una dimensione comunitaria della vita – diventa quindi il fulcro di una ricerca che, a partire da se stessi, si nutre del piacere giovanilistico di una affermazione priva di legami con il passato. Il cinema d’avanguardia, l’arte, la letteratura, ma anche la cultura pop – moda, pubblicità, videoclip musicali… – alimentano il loro immaginario.

Il governo francese vede nella nascente nouvelle danse un linguaggio in grado di parlare a tutti in maniera immediata e decide di sostenerla: moltiplica i fondi, inaugura una legislazione che regolamenta il settore, fornisce occasioni di visibilità in patria e all’estero, anche attraverso la diffusione della cosiddetta vidéodanse. Artisti poco più che trentenni, come Dominique Bagouet, Jean-Claude Gallotta, Maguy Marin, guadagnano la direzione dei neonati Centri Coreografici Nazionali (CCN), organismi co-finanziati da Stato e Regioni che hanno lo scopo di creare una rete di attività coreografica su tutto il territorio francese.

Nel corso di un decennio si affermano personalità diversissime tra loro: Daniel Larrieu, Karine Saporta, Philippe Decouflé, Bernardo Montet, Catherine Diverrès, Nicole e Norbert Corsino, Joelle Bouvier e Régis Obadia, Josef Nadj, Mathilde Monnier… Oggi, a distanza di trent’anni, alcuni di loro sono ancora alla testa dei CCN, che nel frattempo sono diventati 19. Ma altre generazioni si sono succedute, trasformando profondamente – e non di rado mettendo in discussione dall’interno – il panorama di quella che, ormai superate le etichette generazionali e riannodati i fili con la storia, si suole definire “danza contemporanea”.

Nella foto: Ulysse di Jean-Calude Gallotta 1(981)

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