La recensione

Cenerentola di Giuseppe Picone al Teatro San Carlo di Napoli: essenzialità narrativa e nuova resa dei personaggi per un Corpo di ballo in crescita

Ha debuttato lo scorso 5 marzo 2017 al Teatro San Carlo di Napoli, il balletto Cenerentola su musica di Prokof’ev con la coreografia del direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone. La rilettura gode di essenzialità narrativa e pone l’accento sulla parabola vittoriosa della protagonista, prima vittima delle angherie familiari e poi eroina del proprio destino. Tra gli accorgimenti di Picone, due sorellastre belle d’aspetto e prepotenti nell’animo, e la Fata che si trasforma nell’immagine-ricordo della madre di Cenerentola. Calorosi applausi per i protagonisti Alessandro Staiano (Principe) e Maria Eichwald (Cenerentola). Il balletto mostra un Corpo di Ballo in buona forma e bravi solisti. Ottima l’accoglienza del teatro napoletano e applausi per Giuseppe Picone, autore di uno spettacolo adatto ad un pubblico di adulti, giovani e giovanissimi.

Il pubblico numeroso e vario (non ci sono sfuggiti i tanti giovanissimi spettatori accanto ai tradizionali fruitori d’opera e balletto) che, lo scorso 5 marzo 2017, ha riempito il Teatro San Carlo di Napoli per la prima assoluta di Cenerentola nella versione del direttore Giuseppe Picone, sembra urlare a gran voce la contraddizione del nostro presente: da un lato la vita travagliata dei corpi di ballo italiani, vittime designate di istituzioni miopi, dall’altra un chiaro desiderio di balletto che regolarmente gremisce le nostre platee.

Al di là del titolo di grande richiamo, pensiamo ci sia qualcosa di più dietro l’attrattiva dell’evento. Cenerentola, balletto per la prima volta in scena (con musica di Sergej Prokof’ev e coreografia di Rostislav Zakharov) nel 1945 al Teatro Bolshoi di Mosca nasceva all’epoca con mire consolatorie dai traumi della guerra e d’esaltazione per il trionfo di una Russia maltrattata. Oggi, per noi, pare perfettamente incarnare la parabola di un’arte bellissima, relegata all’oscurità della cenere e destinata (speriamo) a recuperare un giorno le proprie fortune.

Che sia il Teatro San Carlo a ricordarci una morale di caduta e rinascita, riempie di simbolico valore il rilancio del Corpo di Ballo napoletano, fiero di una nuova direzione salda e vigorosa. Un legame profondo sembra del resto esserci anche tra Cenerentola e il direttore Giuseppe Picone: interprete straordinario, di naturale classe e bellezza, è stato principe di ogni balletto; l’aria risoluta e l’abilità di rendere reale ogni personaggio lo hanno reso in passato ideale personificazione di nobiltà di intenti e sentimento (non è un caso che la sua esplosione oltreoceano all’American Ballet Theatre sia avvenuta proprio al suo debutto nella Cenerentola di Ben Stevenson, 1997).

L’operazione coreografica di Giuseppe Picone ha qui il merito dell’essenzialità narrativa che, pur indugiando sui legami affettivi della protagonista, mira dritto alla sua riabilitazione sociale senza disperdersi tra i piani della realtà, del sogno e della magia. Nell’arco dei tre atti, seguiamo i pensieri e l’intima maturazione della giovane, che passa dall’irreparabile nostalgia materna alla sottomissione alle angherie delle sorellastre, fino alla liberatoria soluzione d’amore e giustizia.

Il primo atto si apre nella solitudine domestica di Cenerentola, il cui vuoto affettivo pare illustrato dalla scenografia in bianco e nero di Nicola Rubertelli: il grande arco sul fondale nasconde i simboli di un’infanzia perduta mentre sui giardini senza vita e colore incombono grosse pentole da cucina, lontane da un focolare ormai spento. Cenerentola è, come nella tradizione, una fanciulla aggraziata e sognatrice che rivive con l’immaginazione i tempi felici dell’amore materno e fantastica su futuri balli in principesche dimore. Non insiste, Picone, sull’afflizione della sua protagonista, che pare al contrario mantenere saldo un senso di profonda fiducia nel proprio destino.

Nella serata del 5 marzo 2017, abbiamo ammirato nei panni di Cenerentola la principal dancer dello Stuttgarter Ballett Maria Eichwald, qui unica ospite internazionale e perfetta interprete del ruolo disegnato da Giuseppe Picone. Tecnicamente ineccepibile, la ballerina non eccede in virtuosismi e pare piegare il proprio corpo flessuoso e la tecnica sicura ai tumulti interiori del personaggio; le braccia musicali assecondano i sogni di una Cenerentola instancabilmente fiduciosa, che nei tre atti diventa una donna forte e libera, pronta all’amore e al perdono. Il merito di Maria Eichwald è proprio nella gestione dei cambiamenti di stato d’animo della protagonista, attraverso piccoli accorgimenti stilistici che lentamente la trasformano nell’eroina della fiaba.

Nel racconto, Cenerentola è aiutata dalla sua Fata, su cui la giovane proietta il ricordo della madre defunta, rendendola figura angelica di un percorso di liberazione. Segnaliamo la brava interprete Anna Chiara Amirante, Fata/Madre nella prima del 5 marzo (e Cenerentola nelle repliche successive): bellezza moderna dal fisico atletico e longilineo, dotata di genuina eleganza, Anna Chiara Amirante brilla per chiarezza tecnica e profondità interpretativa, qui accentuata da un ruolo materno e affettuoso che la rende protagonista dei ricordi, dei sogni e della liberazione di Cenerentola.

La manipolazione di Giuseppe Picone risulta particolarmente efficace nel ritratto delle sorellastre Araminta e Arabella: lontane dalle movenze caricaturali con cui vengono tradizionalmente rappresentate, le giovani impertinenti hanno qui aspetto e gestualità non grottesche; proprio il contrasto tra l’avvenenza e la prepotenza, espressa da movimenti vigorosi, eccentrici scatti e gambe nervose, rende ancora più visibile la miseria d’animo delle detestabili antagoniste. Efficace l’interpretazione di Candida Sorrentino e Sara Sancamillo, perfettamente in linea con la moderna ambiguità di un male che sa celarsi anche nella bellezza delle forme.

Il grigiore scenografico dell’apertura viene presto dimenticato con l’esplosione di luci (a tratti eccessive) e colori della seconda scena, in cui assistiamo alla rappresentazione di una natura magica nelle danze delle Quattro Stagioni. Giuseppe Picone predilige in questo caso sequenze rigorose e tecniche, che non cedono all’esaltazione del magico e bilanciano l’atmosfera fantasiosa con un piglio stilistico fermo e misurato, che ha il merito di esaltare le singole abilità dei solisti. Buona la prova delle quattro coppie principali: Giovanna Sorrentino e Danilo Notaro (Primavera), Luana Damiano e Ertugrel Gjoni (Estate), Martina Affaticato e Pietro Valente (Autunno), Claudia D’Antonio e Salvatore Manzo (Inverno), alle prese con passaggi complessi (numerosi gli aplomb, i tour e i rischiosi intrecci a due) affrontati con disinvoltura.

Nel secondo atto, la sala del Ballo è sontuosa e luminosa, impreziosita da spumosi abiti settecenteschi. Convince la gestione coreografica dell’insieme, in uno scambio continuo di posizioni e direzioni che assecondano i vortici musicali di Prokof’ev. Qui notiamo alcuni dettagli stilistici che caratterizzano il Corpo di Ballo del San Carlo: scopriamo danzatrici dal piglio audace e fiero che guadagnano senza indugi il centro della scena e catturano l’attenzione con l’atteggiamento deciso di volto, busto e braccia. Gli uomini mostrano, d’altro canto, una nobile discrezione e compostezza che lascia generosamente spazio alla centralità femminile, supportandola con silenziosa maestria.

In questo aspetto, emerge il protagonista Alessandro Staiano, principe della misura e dell’eleganza, favorito da una tecnica diligente e puntuale. Lo troviamo a suo agio nel dominare dall’alto dei suoi salti un pubblico di cortigiani rapiti e ne apprezziamo, subito dopo, la delicatezza con cui accoglie Cenerentola: da eroe della corte si trasforma in strumento d’amore e giustizia, aprendo le braccia alla nuova principessa del suo regno. Ottimi i grandi salti di Alessandro Staiano, musicale e preciso negli assoli, forte e saldo nei pas de deux.

Nel Corpo di Ballo segnaliamo i danzatori Stanislao Capissi e Giuseppe Ciccarelli, virtuosi cavalieri del Re, e le soliste Giovanna Sorrentino (Danza Spagnola) e Martina Affaticato (Danza Araba), precise nella tecnica e adeguate nello stile.

Il terzo atto, che risolve la celebre fuga di Cenerentola con il viaggio di ricerca del principe e il finale ricongiungimento degli amanti, si compie qui in modo scorrevole, mirando ad una chiusura felice che, senza eccessivi fragori, esalta l’evidenza di una vittoria giusta e attesa. ‘Nota stonata’, i rumori del cambio scena nel primo e nell’ultimo atto che, seppur brevemente, distraggono dall’ottima esecuzione dell’Orchestra del Teatro San Carlo diretta dal Maestro Nicola Giuliani.

Assorto durante la rappresentazione, il pubblico del Teatro San Carlo ha applaudito con calore i protagonisti e il direttore Giuseppe Picone, autore di uno spettacolo piacevole, lontano da stravolgimenti drammaturgici, adatto ad un pubblico di adulti, giovani e giovanissimi. L’operazione, che inaugura la programmazione 2017, rivela un Corpo di Ballo in crescita dal quale attendiamo ulteriori sorprese.

Lula Abicca

11/03/2017

Foto: Maria Eichwald e Alessandro Staiano, Cenerentola di Giuseppe Picone, Teatro San Carlo di Napoli, ph. Francesco Squeglia; 2.-23. Cenerentola di Giuseppe Picone, Teatro San Carlo di Napoli, ph. Francesco Squeglia.

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