Lavoro

Riforma del lavoro: il Decreto occupazione del Governo Letta migliora la riforma Fornero

Risolti alcuni problemi nei rapporti di lavoro fra compagnie e danzatori, scuole e insegnanti

La riforma del lavoro del Ministro Fornero ha interessato in modo significativo anche il settore della danza, introducendo norme contrattuali che male si adattano alle esigenze dello spettacolo dal vivo e alle esigenze delle scuole di danza.

A correggere alcune storture della riforma Fornero è intervento il cosiddetto Decreto Letta sull’occupazione, emanato a giugno e convertito in legge lo scorso agosto (DL 76/2013 convertito dalla Legge n.99 del 9 agosto 2013).

Di seguito analizziamo in modo sintetico le varie tipologie contrattuali evidenziando le modifiche introdotte dalla Fornero e quelle apportate dal decreto Letta sull’occupazione.

 

Contratto a termine

E’ questa la tipologia contrattuale maggiormente utilizzata da compagnie e scuole di danza.

Prima della riforma Fornero la conditio sine qua non per l’utilizzo di tale tipologia era l’esistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo precise. Ragioni di tipo produttivo erano – nel nostro caso – rappresentate dall’esigenza di mettere in scena un certo spettacolo con determinati interpreti o l’esigenza di affidare un certo corso a un determinato insegnante.

La Riforma Fornero ha eliminato questa condizione e ha inytrodotto la tipologia del contratto a termine “acausale” (quindi senza una motivazione precisa) a patto che il rapporto fra le parti non superi i 12 mesi per lo svolgimento dell’attività produttiva. Se questo era un aspetto migliorativo, la riforma Fornero ha creato un nuovo problema prolungando il tempo d’intervallo tra un contratto e l’altro. La Fornero stabiliva infatti che il tempo minimo di intervallo tra un contratto a termine e un altro non era più pari a 10 o 20 giorni come in passato ma di 60 o 90 giorni a seconda della durata dell’ultimo contratto, superiore o inferiore a sei mesi. Questo prolungamento degli intervalli ha causato notevoli problemi alle compagnie di danza che assumono i propri danzatori per brevi periodi, spesso molto ravvicinati fra loro, non potendo assumerli per lunghi periodi per endemici problemi economici. E ha causato problemi anche alle scuole di danza dato che la pausa estiva spesso non è superiore ai 90 giorni.

Già nella riforma Fornero, per pressioni fatte dalle associazioni di categoria e in particolare dall’Agis, era stata introdotta la possibilità di derogare il tempo dell’intervallo fra un contratto e l’altro portandolo a 20 o 30 giorni in caso di specifici accordi sindacali. In particolare Federdanza Agis aveva stipulato il 19 febbraio 2013 un accordo con le Organizzazioni Sindacali volto a ridurre gli intervalli di tempo fra un contratto a tempo determinato e l’altro fino ad un minimo di 20 giorni, per i contratti di durata sino a 6 mesi, e di 30 giorni, per i contratti di durata superiore.

Fortunatamente a risolvere in via definitiva ogni problema relativo agli intervalli tra un contratto a termine e il successivo è intervenuto il Decreto Letta in tema di occupazione (D.L. 76/2013): questo decreto ripristina per tutti gli intervalli di 10 e 20 giorni e – quale novità – introduce una deroga per cui non occorre più rispettare i termini di intervallo sia nelle attività stagionali che in relazione alle ipotesi individuate da contratti collettivi. E’ da evidenziare che ai sensi del DPR 1525 sono “stagionali” per il settore spettacolo coloro che sono adibiti alla preparazione, produzione di spettacoli o coloro che sono addetti a singoli spettacoli o serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita. Ne consegue che, anche in assenza di specifiche norme nel contratto collettivo, non c’è più obbligo di alcun intervello tra un contratto a termine e un altro per i danzatori impegnati con le compagnie. E questa è certamente una buona notizia!

Altra buona notizia è che il Decreto Letta conserva la tipologia del contratto “acausale” per cui è possibile per tutti i tipi di lavoro prevedere contratti di lavoro a termine con il vincolo di 10 o 20 giorni di pausa tra un contratto e l’altro. Questa possibilità è particolarmente importante per le scuole di danza.

 

Contratto intermittente

Il contratto intermittente o “a chiamata” può essere utilizzato per i cosiddetti lavori discontinui e dunque può essere utilizzato ad esempio in modo privilegiato dalle compagnie di danza e più raramente dalle scuole di danza. Grazie a tale tipologia contrattuale una compagnia di danza può mettere sotto contratto per dato periodo di tempo un danzatore senza necessariamente indicare le date in cui il lavoratore in questione può essere “chiamato”.

Questa tipologia di contratto costituiva fino a qualche mese fa una valida alternativa al contratto a termine secondo le norme della Fornero in quanto permetteva di superare il problema delle lunghe interruzioni forzate fra un contratto a termine e un altro.

Con il superamento di ogni limite temporale di intervallo tra un contratto a termine e l’altro introdotto dal Decreto Letta, questa forma contrattuale è particolarmente sconsigliata per l’assunzione dei danzatori in quanto i lavoratori potrebbero non riuscire a beneficiare dell’Aspi o della mini Aspi ossia di quei provvedimenti che hanno sostituito il sussidio di disoccupazione a requisiti normali o a requisiti ridotti. Infatti è ancora tutto da chiarire se i periodi in cui il lavoratore “non è chiamato”, e dunque non guadagna nel corso di un contratto intermittente, sono per l’Inps e per la giurisprudenza considerati o meno periodi di lavoro o di non lavoro. Al momento sembra che siano considerati periodi di lavoro dato che il lavoratore è comunque sotto contratto. Interpretazione strampalata ma vera.

Segnaliamo inoltre che il Decreto Letta introduce una nuova limitazione all’utilizzo del contratto intermittente. Infatti il ricorso a tale tipologia contrattuale, nei confronti di uno stesso lavoratore, è ammesso per un massimo di utilizzazione complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del predetto periodo, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Evidenziamo che per il calcolo di queste 400 giornate lavorative nell’arco di un triennio solare il Decreto Letta stabilisce che devono essere prese in considerazione le giornate di effettivo lavoro prestate successivamente al 28 giugno 2013, ossia alla data di emanazione del  decreto stesso.

 

Contratti a progetto

La riforma Fornero ha modificato non poco questa tipologia di contratto. Attualmente questo contratto può essere applicato solo se la collaborazione in questione riguarda un progetto che non ripropone l’oggetto sociale del committente e se non prevede compiti ripetitivi ed esecutivi. Va da se che il lavoro del danzatore in una compagnia o quello di un insegnante o di una segretaria in una scuola di danza non può essere disciplinato da un contratto a progetto.

Il Decreto Letta ha ripreso quanto stabilito dalla Fornero e ha precisato che il progetto deve essere riconducibile ad un’attività ben definita e verificabile e ha ribadito che tale attività non può essere analoga all’attività svolta da lavoratori subordinati presso la stessa azienda.

Avvertiamo nuovamente tutti coloro che applicano questa tipologia contrattuale che se il contenuto della collaborazione è analogo a quello svolto da altri dipendenti interviene la “presunzione” di subordinazione per cui il datore rischia di veder trasformato un contratto a progetto in un contratto subordinato a tempo indeterminato.

 

Partita Iva

Non poche scuole di danza utilizzano insegnanti dotati di partita Iva e dunque pagano le prestazioni di questi ultimi dietro presentazione di regolare fattura. E’ bene però fare attenzione perché la riforma Fornero ha modificato non poco il rapporto di lavoro con un titolare di Partita Iva introducendo una presunzione di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: primo, la collaborazione ha una durata superiore a 8 mesi nell’anno solare; secondo, il corrispettivo costituisce più dell’80% dei compensi percepiti dal collaboratore nel corso dello stesso anno; terzo, il collaboratore dispone di una postazione fissa. Tenendo conto che nel caso degli  insegnanti di danza c’è, per la natura stessa del lavoro, il presupposto della postazione fissa (l’insegnante in questione lavora sempre nell’aula di danza della scuola) e c’è usualmente un rapporto di lavoro che solitamente supera i 9 mesi in un anno solare, c’è il rischio reale che tutti questi tipi di rapporti si trasformino in automatico in contratti subordinati a tempo indeterminato anche se l’insegnante in questione non collabora solo con una scuola di danza.

Segnaliamo che il Decreto Letta in materia non modifica quanto stabilito dalla Fornero.

 

Se questa è la situazione ad oggi, è assolutamente prevedibile che nei prossimi mesi si tornerà a disciplinare la materia. Lo ha annunciato lo scorso ottobre lo stesso Governo Letta, ammettendo che la Fornero ha mancato l’obiettivo e si è rivelata una riforma poco efficace.

Francesca Bernabini

15/10/2013

nella foto: Compagnia Aterballetto (foto A. Anceschi)

Scrivi il tuo commento

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy