La recensione

Romaeuropa Festival. Le reazioni del pubblico nelle performance multi espressive.

Il presentatore stralunato di Dark Circus si muove nel mix di inchiostro, sabbia e tecnologia inventata dai francesi Streoptik. I musicisti Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio eseguono sulle barche Maritime Rites di Alvin Curran. Le incursioni nel barocco e nell’elettronica sono l’espressione di una Ninfa in lamento portata in scena da Sabina Meyer. Quante possibilità di essere spettatore nel multiespressivo Romaeuropa Festival.

Siete in tanti e uscirete affranti. Suona più o meno così l’avviso che il presentatore stralunato fa al pubblico di Dark Circus: i numeri del circo sono unici, non per originalità ma perché i disgraziati acrobati si autoeliminano nell’eseguirli. Questo spettacolo dei francesi Stereoptik fa parte del programma di Romaeuropa Festival, la manifestazione che fino a dicembre 2016, presenta danza, teatro, musica, in un contenitore multiespressivo. Difficile etichettare ogni spettacolo e, per questo, Romaeuropa attira potenzialmente tutti i tipi di pubblico, appassionati dei vari filoni e con età diverse. Certamente Romaeuropa si rivolge maggiormente a chi ha predilezione per la sperimentazione con tecniche digitali, sensibilità verso i trend e al “ci devo essere assolutamente”.

Dark Circus, che ho visto il 23 ottobre 2016 alla Pelanda del Macro Testaccio Roma, dà subito la sensazione del Make, del fare artistico con un mix delizioso di inchiostro, sabbia, sagome di cartone illuminate e proiettate su uno schermo. Il presentatore di cui parlavo è un disegno animato, protagonista di un gioco che si sviluppa come una fiaba dal tratto oscuro, con elementi circensi ma soprattutto ironia, sottolineata da un accompagnamento musicale dal vivo e registrato. I performer Romain Bermond e Jean-Baptiste Maillet sono bravissimi, coinvolgenti, affiatati nell’interpretare la storia inventata da Pef (Pierre Elie Ferrier). Guardate il trailer.

Facile essere attratti da uno spettacolo che è tante cose insieme sedimentate nel nostro immaginario, alcune supertecnologiche e altre “analogiche”. Non stupisce la presenza di pubblico di varie età e tanti bimbi – alcuni diversamente educati da genitori all’altezza. Certo, l’approccio deve essere quello della partecipazione: ma come si dovrebbe “comportare” uno spettatore di fronte a performance indecifrabili?

Al laghetto di Villa Borghese, per esempio, ho visto a fine settembre Maritime Rites di e con Alvin Curran, un concerto galleggiante che suggerisce suoni e situazioni marittime con echi di vita romana, almeno secondo il compositore. Esempio di performance dove contano anche le reazioni del pubblico, l’opera associa le timbriche di sezioni a fiato e a percussione, suddivise sulle barchette che vagano nel lago.

In questo evento site specific, incluso nella programmazione del Romaeuropa Festival, i musicisti della Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio diretti da Silvio Cortesi seguono un cronometro e suonano una partitura fatta di schemi precisi ma anche di improvvisazioni. “Ahò, che stanno a fa’ questi? Mica stanno a suona’!”, le reazioni di alcuni spettatori di fronte a questa novità che l’autore chiama esercizi teatrali. Immaginiamo i frequentatori domenicali di Villa Borghese, con nonne che passeggiano claudicanti, bambini che corrono in bici esclamando “papà guarda come sono bravo”, coppiette nei primi giorni di conoscenza: vedono il laghetto nella sua cornice neoclassica, una strumentazione che fa pensare alle fanfare di una banda, percepiscono una promessa di “cover” di brani popolari. E invece no. La musica è più vicina ai rumori, che in nessun modo sembrano diventare suoni organizzati. Lo spettatore non accetta la sfida, se così la vogliamo chiamare, non si tuffa in qualcosa che sconvolge la fruizione solita della musica, non attiva i neuroni provando a farsi domande e darsi risposte, alla Marzullo: come sono raggruppati gli strumenti? Cosa hanno in mano i musicisti e perché sembrano leggere la musica se musica non sembra? Come interagiscono i suoni dell’ambiente con queste sonorità? Come mai ogni tanto si sente un coro di Verdi? Cosa si è fumato l’autore quando ha immaginato questo brano?

Aggiungete altre domande mentre guardate il video e mettete il cervello in modalità “curiosità”.

Sarà stata curiosità quella del pubblico che ha assistito a Ninfa in lamento con Sabina Meyer (autrice, voce, video), Simone Colavecchi (tiorba), Elio Martusciello (dispositivi elettronici, video) lo scorso 30 settembre a Villa Farnesina? Qui l’esibizione all’Istituto svizzero, nel 2014.

In questo caso era chiaro: pubblico educato che sa cosa aspettarsi dalla performance, che conosce e segue l’artista. Sabina Meyer è partita dal Lamento barocco, dal contenuto tragicamente amoroso, per spaziare avvicinando generi, epoche e strumentazioni. Ha alternato canto barocco e contemporaneo, ha aggiunto improvvisazioni ed effetti elettronici, abbinando immagini proiettate sul soffitto di Palazzo Corsini. A me è sembrato uno spettacolo interessante ma slegato, con spunti creativi che assomigliavano a una antologia più che a una narrazione fluida. Eppure, qui il pubblico si è appassionato, è stato caloroso e partecipe. Mi sono dunque chiesta: a quale pubblico appartengo io?

Ippolita Papale

@salottopapale

03/11/2016

Foto: 1. Stereoptik, Dark Circus; 2.-3. Stereoptik, Dark Circus, ph. Christophe Raynaud De Lage; 4.-6. Stereoptik, Dark Circus, ph. JM Besenval ; 7.-11. Maritime Rites di e con Alvin Curran e con la Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio diretta da Silvio Cortesi a Villa Borghese; 12. Sabina Meyer.

Scrivi il tuo commento

design THE CLOCKSMITHS . development DEHLIC . cookie policy