Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti al Regio di Torino. Essenziale la regia di Michieletto. Asciutta e moderna la direzione di Noseda.
Prototipo del melodramma romantico Lucia di Lammermoor di Donizetti è in scena al Teatro Regio di Torino. Piglio moderno nell’interpretazione del direttore Gianandrea Noseda con l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio di Torino. Taglio essenziale del regista Damiano Michieletto. Nell’opera tutti gli elementi drammatici del primo romanticismo per raccontare l’amore contrastato di Lucia ed Edgardo. Ultima recita domenica 22 maggio 2016 con Diana Damrau.
Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, con la regia di Damiano Michieletto e la direzione musicale di Gianandrea Noseda, è in scena al Teatro Regio di Torino fino a domenica 22 maggio 2016.
Si tratta del prototipo del melodramma romantico. Non è un caso che Flaubert e Tolstoj citino l’opera: Madame Bovary si accende sensualmente assistendo all’opera, Anna Karenina è attratta da una vicenda d’amore e follia riconoscibile in quella di Lucia. Sono presenti tutti gli elementi drammatici del primo romanticismo in Lucia di Lammermoor. C’è il trio soprano/tenore/baritono, con i ruoli maschili (in questo caso il fratello e l’amato) che si contendono la donna. Ci sono le scene emozionanti del duetto d’amore, della follia di Lucia, del suicidio di Edgardo. C’è l’architettura musicale che prevede pezzi chiusi tra arie, duetti, concertati e cori, dove si alternano sezioni statiche che raccontano nell’intimo i personaggi e sezioni con accelerazioni con resoconti di quanto è avvenuto fuori scena. Sono inclusi un fantasma che evoca sventure, un tutore e una confidente amorevoli, una malalingua. C’è tutto.
La vicenda messa in scena al Teatro Regio di Torino è tratta da The bride of Lammermoor di Walter Scott e si svolge in Scozia. Racconta le vicende delle famiglie rivali Ashton e Ravenswood, la prima quella di Lucia e del fratello Enrico, la seconda quella di Edgardo. Rappresentata per la prima volta nel 1835 con libretto scritto da Salvadore Cammarano, l’opera racconta l’amore tra Lucia ed Edgardo ostacolato dal fratello di lei Enrico. Questi è in cattive acque e può risolvere la sua situazione offrendo Lucia in sposa ad Arturo. Con ricatto affettivo e inganni vari, Lucia soccomberà ma, non reggendo emotivamente il sacrificio, ucciderà lo sposo imposto e si perderà nella follia. Il suo amato, alla ferale notizia, si toglierà la vita. Allegria!
Suddivisa in due parti, La partenza e Il contratto nuziale, Lucia di Lammermoor ha infinite sfumature musicali. Nella playlist, che potete ascoltare cliccando QUI, alcuni esempi.
Al Teatro Regio di Torino ho visto la recita di sabato 14 maggio 2016, con Elena Mosuc nei panni di Lucia, Giorgio Berrugi e Simone Del Savio rispettivamente Edgardo ed Enrico. Elena Mosuc affronta l’innocenza e i principi della follia all’apparire di Lucia, contrappuntata dalla melodia dell’arpa che rende tangibile la sua purezza (Regnava nel silenzio). Le altalene espressive della scena della follia sono efficaci nella sua interpretazione, qui accompagnata dalla glassarmonica anziché dal flauto (Ardon gli incensi). La struttura in 4 parti le dà modo di mostrare tecnica e temperamento. Nel cast del Teatro Regio di Torino, nel ruolo di Lucia c’è anche Jessica Pratt e per domenica 22 è attesa Diana Damrau. Ecco: procuratevi un biglietto per lei. Di recente l’ho vista al cinema nella produzione del Royal Opera House, diretta da Daniel Oren per la regia di Katie Mitchell. Damrau è Lucia. Damrau possiede una assoluta padronanza del ruolo che le consente di calibrare i virtuosismi vocali. Lei ringhia, implora, seduce durante uno stesso fiato, per cui i gorgheggi, le messe di voce, i trilli, le note ribattute sono finalizzati all’espressività pura. Ed è pure una attrice convincente: ipnotizza!
Nel cast del 14 maggio al Regio di Torino, Giorgio Berrugi è Edgardo e si palesa direttamente nel duetto esprimendosi pienamente nel finale, che Donizetti affida al tenore mentre generalmente è tutto del soprano. Bello il duetto d’amore: musicalmente, si passa da tonalità minore a maggiore, quasi a simboleggiare le rivalità delle due famiglie, e poi si conclude con un unisono che ripiana tutto come compimento d’amore. Nello scambio degli anelli come promessa amorosa prima di una lunga assenza di Edgardo, Lucia canta senza accompagnamento. Qui Donizetti vuole sottolineare un elemento che sarà determinante per la scelta forzata di Lucia: Ah talor del tuo pensiero venga un foglio messaggero dice lei a Edgardo, facendogli promettere che durante la lontananza le scriverà. Lucia non riceverà notizie a causa dell’intrallazzo del fratello e crederà di essere stata abbandonata, per poi cedere al matrimonio. Ecco Donizetti sottolineare il momento lasciando solo il canto con effetto fortemente drammatico (tipo “mi si nota di più se metto un accompagnamento esagerato o se non lo metto per niente”).
L’Enrico di Simone del Savio è giustamente rigoroso e scaltro. Il Raimondo di Mirko Palazzi mostra un timbro asciutto. Il Coro diretto da Claudio Fenoglio bene si destreggia nelle parti con scrittura semplice a testimonianza della superficialità della corte (Per te d’immenso giubilo).
Tempi veloci quelli scelti dal direttore Gianandrea Noseda, che in questi giorni è stato premiato come Direttore dell’anno 2016 all’International Opera Awards. Il duetto Verranno a te sull’aure è scritto Moderato Assai, ma sembra incalzare nevrotico nella versione di Noseda. In generale, una interpretazione asciutta con grande spazio alle voci e agli strumenti che colorano emotivamente le scene, come l’arpa dell’innocenza di Lucia, la glassarmonica della sua follia, gli ottoni del potere, gli archi “parlanti” dell’Orchestra del Teatro Regio.
Non mi sono particolarmente appassionata alla regia di Damiano Michieletto, stavolta. Questa creazione, ripresa da Roberto Pizzuto, è del 2009 da Opernhaus Zürich e si vede che è una sua “primizia”: non contiene quella traduzione contemporanea di fatti e situazioni a cui ci abituato l’artista nelle ultime prove, dove lo spettatore del 2016 si emoziona perché si riconosce, così come sarà avvenuto al pubblico della prima rappresentazione. In questa Lucia di Lammermoor Michieletto affida a una sgarrupatissima torre di cristallo tutto l’onere drammatico. La torre dello scenografo Paolo Fantin è simbolo di un potere in declino, contiene la superficialità dei cortigiani, sarà il trampolino dell’ultimo lancio nel vuoto di Lucia che pone fine ai suoi tormenti. Questa scelta minimale, delicatamente abbellita dai costumi di Carla Teti, avrebbe avuto miglior esito con una recitazione meno tradizionale, sottolineata dalle luci livide di Martin Gebhardt riprese da Alessandro Carletti.
L’effetto generale è di una produzione quasi divisa a metà: da un lato, l’aspetto moderno di regista e direttore d’orchestra, dall’altro l’impostazione tradizionale della compagnia di canto.
Ippolita Papale
@salottopapale
21/05/2016
Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, Dramma tragico in due parti [tre atti]. Libretto di Salvatore Cammarano dal romanzo The Bride of Lammermoor di Walter Scott.
- Miss Lucia, sorella di Enrico Ashton (soprano): Jessica Pratt / Elena Mosuc (14, 17, 19, 21) /Diana Damrau (22)
- Sir Edgardo di Ravenswood (tenore): Piero Pretti / Giorgio Berrugi (14, 17, 19, 21)
- Lord Enrico Ashton (baritono): Gabriele Viviani / Simone Del Savio (14, 17, 19, 21)
- Raimondo Bidebent, educatore e confidente di Lucia (basso): Aleksandr Vinogradov /Mirco Palazzi (14, 17, 19, 21) /Nicolas Testé (22)
- Lord Arturo Bucklaw (tenore): Francesco Marsiglia
- Alisa, damigella di Lucia (mezzosoprano): Daniela Valdenassi
- Normanno, capo degli armigeri di Ravenswood (tenore): Luca Casalin
- Direttore: Gianandrea Noseda
- Regia: Damiano Michieletto, ripresa da Roberto Pizzuto
- Scene: Paolo Fantin
- Costumi: Carla Teti
- Luci: Martin Gebhardt, riprese da Alessandro Carletti
- Assistente ai costumi: Alessio Rosati
- Maestro del coro: Claudio Fenoglio
- Orchestra e Coro del Teatro Regio
- Allestimento Opernhaus Zürich