Il Trittico di Giacomo Puccini al Teatro dell’Opera di Roma. Damiano Michieletto lega con scarpine di bimbo e container Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi. Ottima la direzione di Daniele Rustioni.
La regia di Damiano Michieletto lega l’omicidio de Il Tabarro, il suicidio di Suor Angelica e il fatto di cronaca nera di Gianni Schicchi con scarpine di bambino che rimandano a un bisogno d’amore. Racchiude in container la miseria umana, la sofferenza misogina del luogo di reclusione e lo sfarzo della casa di Buoso. Daniele Rustioni mostra grandi doti di orchestratore, doma i cantanti e i maestri nella buca, caratterizza dinamiche, ritmica e timbri. Nel cast Roberto Frontali mostra stabilità vocale ed espressività convincente ne Il Tabarro e ed è magistrale in Gianni Schicchi. Patricia Racette è una Suor Angelica di rara intensità e regala brividi. Violeta Urmana è una Zia Principessa efficacissima. Repliche fino al 24 aprile 2016.
Grande musica al Teatro dell’Opera di Roma. Fino a domenica 24 aprile 2016 Il Trittico di Giacomo Puccini per la regia di Damiano Michieletto e la direzione musicale di Daniele Rustioni. Il Tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi: tre atti unici del 1919 che presentano il Puccini maturo, tra vocalità prestata alla narrazione e tessuto musicale che recepisce tutta l’esperienza musicale del primo Novecento (dissonanze, sonorità estreme, abbandono dei pezzi chiusi dell’opera tradizionale).
Osservando il direttore d’orchestra Daniele Rustioni alla prima rappresentazione lo scorso 17 aprile 2016, improvvisamente il mondo della lirica mi è sembrato un posto per giovani. Non aspettatevi un look hipster ed eccessi alla moda, ma un professionista di 33 anni (aprite il file direttori d’orchestra per constatare che pochissimi sono così giovani). Bisogna dare atto al Teatro dell’Opera di Roma di avere confezionato una stagione stimolante e, in questo caso con Il Trittico di Puccini, di aver dato la possibilità di ascoltare i tre atti unici di seguito, cosa davvero rara.
Daniele Rustioni mostra grandi doti di orchestratore, doma i cantanti e i maestri nella buca. Ha a disposizione tre atti di musica bellissima, quasi tre movimenti della stessa composizione. Ci mostra tutti gli effetti timbrici, con un’attenzione da gran direttore al ritmo e alle dinamiche che procedono con grandi contrasti, sempre misurati e raffinati. I motivi conduttori delle tre opere, quei motivi che caratterizzano un personaggio o una situazione, hanno senso se contestualizzati, riverniciati, reinterpretati ogni volta che si presentano: devono essere disegnati con i colori precisi di quel momento drammaturgico. Ed è questo che ha fatto Rustioni con l’ Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera diretto da Roberto Gabbiani. Già nel Preludio del Tabarro si è mosso in modo asciutto, ha dosato le sonorità, quasi spezzando l’orchestra in sezioni timbriche che si esprimono autonomamente, ha governato i suoni ambientali come le sirene delle navi (ma quanto è moderno Puccini, praticamente aggiunge gli effetti sonori come fosse un film). Anche il rapporto con i cantanti è stato calibrato bene. Il cast si è distribuito nelle tre opere con grande capacità di adattamento.
Nel Tabarro tutto è scuro. Si narrano le vicende dell’amore agli sgoccioli di Michele e Giorgetta che prelude all’adulterio di lei con Luigi, in un contesto di umanità provate dalla vita, sulle rive della Senna degli scaricatori. L’omicidio di Luigi, l’amante, è inevitabile e i motivi della Senna, dell’amore di Giorgetta, del rammarico di Michele sono caratterizzate da questa tristezza. Il baritono Roberto Frontali ha mostrato di essere un attore di mestiere, con stabilità vocale ed espressività convincente (Nulla, silenzio), anche in duetto con il soprano Patricia Racette, Giorgetta, dal timbro spesso e l’acuto drammatico. Luigi, il tenore Maxim Aksenov, ha esibito buona intonazione e gamma espressiva, ma la sua voce mi è sembrata compressa, non mi è arrivata, per dirla come un giudice di X-Factor. Gli altri interpreti hanno ben costruito, a contrasto, l’atmosfera tetra. Sono Nicola Pamio (Il Tinca), Domenico Colaianni (Il Talpa), Anna Malavasi (La Frugola).
Senza soluzione di continuità, ha avuto inizio Suor Angelica. L’Ave Maria iniziale del coro scaturisce dai suoni delle campane: ascoltate e ascoltate questo incipit nella mia playlist ( cliccate QUI), godetevi questo vero e proprio assemblaggio, come un dessert multistrato, dove si può selezionare un solo gusto o affondare il cucchiaino e beccare tutti i sapori contemporaneamente.
Suor Angelica è una giovane rinchiusa in convento per aver partorito un figlio fuori dal matrimonio. La nobiltà a cui appartiene non consente errori del genere e il figlio le viene tolto: dal colloquio con la Zia Principessa accorsa dopo anni per risolvere questioni di famiglia, Suor Angelica apprende che il bambino è morto e decide di raggiungerlo in paradiso. Passiamo dall’omicidio nel Tabarro al suicidio in Suor Angelica. In quest’opera Patricia Racette, Suor Angelica, ha fatto rabbrividire. Nel duetto con la Zia Principessa (Il principe Gualtiero vostro padre […] Nel silenzio di quei raccoglimenti), ha raggiunto un’intensità quando parla del figlio sfruttando le note vicine di Puccini e la dinamica violenta. Brava. La Zia è il mezzosoprano Violeta Urmana, espressiva il giusto, efficacissima sui suoni gravi, spessi e intensi. Il resto del cast tutto femminile ha fatto la propria parte: La Badessa Anna Malavasi, La Suora Zelatrice Alessia Nadin, la Maestra Delle Novizie Isabel De Paoli, Suor Genovieffa Ekaterina Sadovnikova.
Dopo Suor Angelica, si è palesata tutta le verve di Gianni Schicchi. Ancora di musica parlerò, tenetevi un po’ di tempo per il finale con il racconto della regia di Damiano Michieletto il Grande. Musicalmente, regolatevi con il motivo del lamento dei parenti: nella playlist ascoltate l’imperfetto Domenico Boyagian che rende l’idea di quelle note vicine e discendenti che cambiano continuamente durante l’opera. Le sentirete sempre.
Gianni Schicchi è un furbetto che inventa uno stratagemma per salvare un gruppo di parenti avidi modificando il testamento del ricco Buoso Donati, deceduto e non rispettoso delle aspettative dei congiunti per l’eredità. Si traveste da Buoso e fa testamento con il notaio, a suo favore però. In mezzo, un po’ per ricordare le formule classiche del melodramma e un po’ per spezzare il parossismo delle richieste dei parenti, c’è la storia tra Lauretta e Rinuccio, giovani che si amano e vogliono sposarsi. Che piglio compositivo in questo Puccini, che gusto nel gestire il flusso dei motivi. In questo atto del Trittico Roberto Frontali ha proprio esibito un grande Gianni Schicchi, sostenuto dai parenti, interpreti puntuali nell’esecuzione musicale e nella prova attoriale: Natascha Petrinsky, Domenico Colaianni, Andrea Porta, Anna Malavasi, Nicola Pamio, Simge Büyükedes, Matteo Peirone, Francesco Musinu, Roberto Accurso. Gli innamorati Lauretta e Rinuccio, Ekaterina Sadovnikova e Antonio Poli, hanno addolcito il clima concitato.
Il Trittico è un congegno ben calibrato, quasi tre movimenti di un’unica composizione con altrettante atmosfere. Si susseguono motivi conduttori nella musica e a questo deve essersi ispirato il regista Damiano Michieletto che, sfruttando la possibilità del Teatro dell’Opera di Roma di poter eseguire le tre opere di seguito, ha trovato tratti comuni anche dal punto di vista registico. Ha usato sostanzialmente due elementi per dare continuità: scarpine di bimbo e container sulla scena.
Le scarpine di bimbo appartenevano al figlio morto di Giorgetta e Michele nel Tabarro, sono l’ossessione di Suor Angelica strappata al proprio piccolo, diverranno quelle del figlio di Lauretta e Rinuccio in Gianni Schicchi. Come dire che un omicidio, un suicidio e un fatto di cronaca nera hanno alla base lo stesso bisogno di amore.
I container sono l’ambiente di lavoro sulla riva della Senna, si aprono in un claustrofobico luogo di reclusione e sofferenza femminile, risplendono di gigli fiorentini e orpelli in Gianni Schicchi: nel finale si richiuderanno, tornando alla cupezza del Tabarro, quasi a voler conservare temi e personaggi che sono archetipi sempre pronti a essere rappresentati. Basta solo aprire la scatola/container. E c’è la consueta cura di Michieletto nel tratteggiare la miseria umana del Tabarro, la sofferenza misogina del luogo di reclusione, lo sfarzo e le gag della casa di Buoso (il bimbo Gherardino che guarda in tv la Pantera Rosa, i parenti che interagiscono col cadavere, il saliscendi sui piani scenici arraffando oggetti). C’è anche quella “traduzione” dei fatti per insaporirli di contemporaneità e verosimiglianza, praticamente la cifra stilistica di Michieletto: su tutti, la zia Principessa che forse ha mentito a Suor Angelica sulle sorti del bimbo e glielo riporta vivo, troppo tardi purtroppo.
Quante aspettative per il regista Damiano Michieletto, coadiuvato da Eleonora Gravagnola, assieme a Paolo Fantin (scene), Carla Teti (costumi), Alessandro Carletti (luci). Posso riassumerle nella frase di una tipica signora da “prima recita” che nell’intervallo ha esclamato: “per la regia pensavo peggio!” C’è tutto un mondo in questa dichiarazione: c’è il bisogno di riferirsi a una tradizione rassicurante che vuole la rappresentazione come nel 1919; c’è il chiacchiericcio che accompagna la regia attualizzata di Michieletto e i gossip degli scandali; c’è il sollievo di fronte a una operazione leggibile e legittima che però non sembra così malaccio. Magari, anche il pubblico più tradizionale inizia a comprendere che davvero l’opera lirica può essere più vicina al nostro mondo. Evviva!
Ippolita Papale
@salottopapale
23/04/2016
Foto : 1.-2. Gianni Schicchi, Trittico di Giacomo Puccini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 3. Suor Angelica, Trittico di Giacomo Puccini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 4. Patricia Racette (Suor Angelica) e Violeta Urmana (Zia Principessa), Suor Angelica, Trittico di Giacomo Puccini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 5. Roberto Frontali (Michele), Il Tabarro, Trittico di Giacomo Puccini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma; 6. Patricia Racette (Giorgetta), Roberto Frontali (Michele), Il Tabarro, Trittico di Giacomo Puccini, ph. Yasuko Kageyama, Teatro Opera Roma.