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A Venezia Laura Boato, Laura Pante e il collettivo Statolento per Choreographic Collision 7 – What is Classic?

È andata in scena il 25 febbraio 2016 al Teatro Carlo Goldoni di Venezia la serata “What is Classic?” dedicata ai tre coreografi selezionati dal progetto di ricerca e alta formazione Choreographic Collision a cura di DanzaVenezia. Con la direzione artistica di Manola Bettio, Viviana Palucci e Stefano Tomassini, i giovani autori Laura Boato, Laura Pante e il collettivo Statolento hanno presentato al pubblico l’esito finale di un percorso di sei mesi dedicato alla riformulazione contemporanea dei tre classici del balletto: Giselle, Ondine e Don Quichotte. La serata, anche presentata il 2 marzo a LuganoInScena, è in programma il 18 marzo al Teatro Comunale Città di Vicenza e, in autunno, al Festival MilanOltre 2016. Uno spettacolo convincente e ricco di spunti che lascia ben sperare sul futuro della danza contemporanea italiana. Ecco il racconto di una giornata a Venezia attraverso le voci e le impressioni dei protagonisti.

Ci sono luoghi che sembrano antiche fotografie, immagini di un passato interrotto in cui pure il presente riesce ad insinuarsi silenzioso, liquido, inarrestabile, come il pensiero, come l’acqua, come la danza. Venezia, meravigliosamente, si contraddice: nelle sue arterie di storia scorrono attimi di vita contemporanea, tra le curve dei suoi ponti emergono prospettive di un futuro in movimento.

Quando lo spirito di un luogo incontra le intenzioni dell’arte e i talenti dell’uomo nasce qualcosa di straordinario, per sé unico, per altri certamente esemplare. È il caso di Choreographic Collision, progetto di danza contemporanea e ricerca coreografica nato, e soprattutto cresciuto, a Venezia che ne ha accolto, dal 2007, tutte le sette edizioni. In piena sintonia con la città dell’acqua, Coreographic Collision è sette volte mutato, rinascendo in nuove forme e crescendo con rinnovati spiriti, tallonando senza tregua una contemporaneità in fuga e movimento.

Incontro di passioni e competenze, CC è ideato, organizzato e oggi tenacemente guidato da Viviana Palucci, Manola Bettio e Stefano Tomassini, trio che già nel 2007 ne progettò i percorsi all’interno della Biennale Danza sotto la direzione, all’epoca e per le successive cinque edizioni, del coreografo Ismael Ivo. Contorno di ricerca e frazione di scambio tra gli ampi respiri della strutturata manifestazione veneziana, CC ha negli anni acquisito un’anima direttiva autonoma che ne ha garantito la sopravvivenza anche in seguito all’imprevisto distacco da una Biennale Danza riformulata da nuova direzione artistica. Quello a cui oggi assistiamo, ancora una volta a Venezia, è il settimo risultato di una squadra profondamente unita e determinata che, ben oltre la lucida freddezza di un progetto, scorge e rivela l’umanità e il tesoro di mille esperienze, caratteri, parole e pensieri.

Dopo le edizioni dedicate a riflessioni incrociate su ricerca coreografica, esperienze di produzione e prospettive del pubblico, passando attraverso decine di incontri, performance e workshop con i protagonisti della danza internazionale (basti pensare a Jacopo Godani, allo stesso Ismael Ivo, Ted Stoffer, Marie Chouinard), CC ha progressivamente assunto una fisionomia chiara e programmatica, ben dichiarata quest’anno dal sottotitolo What is Classic?, spunto di riflessione e tema di creazione per tre giovani coreografi selezionati dai curatori del progetto.

“La tematica di questa edizione – spiega Stefano Tomassini – intende indagare, in termini performativi, alcuni classici del repertorio della danza (Giselle, Ondine, Don Quichotte, ndr), sia per ripensare la validità culturale della nozione di passato, sia per ritrovare ragioni e problemi contemporanei in un patrimonio coreico troppo spesso immobilizzato nella ripetizione mercantile o silenziato attraverso un’acquisizione neutrale, mai problematica; con una forte convinzione di fondo: è classico ciò che è capace di opporsi alla barbarie”.

E proprio qui, nello spazio tra l’input creativo e l’esito performativo, CC lascia il proprio segno e indica nuove vie di sviluppo possibile: un’intera equipe di professionisti, esperti nei diversi ambiti e discipline alla base di uno spettacolo di danza, ha seguito per sei mesi (da settembre 2015 a febbraio 2016) gli artisti vincitori, supportandone la composizione e accompagnandone la preparazione al debutto. Non solo ricerca dunque, ma un intero programma di formazione, sperimentazione e scambio che guarda ben oltre il semplice sostegno economico alla singola produzione e che mira invece alla più felice maturazione di talenti e ispirazioni attraverso l’affiancamento (sapiente e discreto) di professionisti del settore.

Un’esperienza unica che ha permesso ai coreografi di confrontarsi con il lavoro e i metodi delle autrici Marie Chouinard e Cristina Rizzo, di apprendere tecniche di composizione drammaturgica con Stefano Tomassini e di acquisire nuove competenze in laboratori musicali a cura di Federico Costanza e in workshop di video design con Klaus Obermaier. Il risultato di CC7 è andato in scena lo scorso 25 febbraio 2016 sul palcoscenico del Teatro Carlo Goldoni in una serata di presentazione dei coreografi Laura Boato, Laura Pante, Samuel Nicola Fustà (collettivo Statolento) e delle creazioni ispirate ai classici del balletto. Uno spettacolo retto da lucide intenzioni di innovazione che lascia ben sperare sulle giovani generazioni di autori e sul futuro della danza contemporanea italiana. In seguito al debutto veneziano, What is Classic? è stato presentato il 2 marzo 2016 a LuganoInScena; seguirà la data del 18 marzo al Teatro Comunale Città di Vicenza e, il prossimo autunno, al Festival MilanOltre.

“Quest’anno abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione sugli autori italiani – sottolinea la direttrice artistica Viviana Palucci – per dare loro la possibilità di usufruire al massimo del programma di alta formazione con i professionisti di CC e delle residenze coreografiche presso le sedi delle Istituzioni che collaborano al progetto (Teatro Fondamenta Nuove e Teatro Comunale di Vicenza). La scelta dei tre coreografi Boato, Pante e Statolento è derivata da un’attenta visione degli estratti presentati e il criterio che ci ha guidato è stata non solo l’aderenza agli obiettivi del progetto, ma anche la capacità e le potenzialità dei coreografi di creare su un proprio nucleo di danzatori. Vorremmo infatti che emergesse l’abilità compositiva di questi giovani non solo come performer delle proprie creazioni, ma come ideatori e realizzatori dell’intera struttura di un’opera in scena, struttura che comprende coreografia, drammaturgia, studio delle luci, delle proiezioni, dell’accompagnamento sonoro”. Una scelta coraggiosa e controversa, quella di fornire un tema di composizione coreografica, che se da un lato rischia di limitare la libertà creativa, dall’altro indubbiamente espande la riflessione critica in ambiti considerati talvolta intoccabili (come per l’appunto il repertorio classico) e sviluppa utili capacità di adattamento alle programmazioni di festival e teatri.

Il risultato è da diversi punti di vista lodevole e CC sembra possedere tutti gli elementi di un programma vincente. In perfetto equilibrio tra calore familiare e caparbietà manageriale, ognuno dei responsabili agisce in evidente sintonia con un gruppo motivato ed affiatato all’interno di un progetto che cresce principalmente grazie all’entusiasmo e all’ordine organizzativo. Crediamo che la buona qualità dei tre lavori in scena al Goldoni derivi tanto dal talento creativo degli autori selezionati quanto dal grosso impegno formativo investito dai professionisti coinvolti. La conferma è non solo nell’atmosfera di estrema coesione che percepiamo durante le prove generali, ma anche nelle parole dei coreografi protagonisti, concordi nel dichiarare la bellezza di un percorso formativo che ha fornito loro un appoggio artistico e umano fondamentale.

“Marie Chouinard è come un’aliena che impatta sulla terra in maniera violentissima e arriva qui in modo siderale, –  ci confessa Francesco Di Meglio del collettivo Statolento a proposito dei workshop di CC7 – Cristina Rizzo si nutre di terra e poi sale verso l’alto. Due movimenti estremamente diversi e affascinanti”. “Il supporto drammaturgico ci ha aiutato a spiazzare tutto – continua Samuel Nicola Fuscà – ci ha portato a problematizzare la nostra visione e il nostro sguardo delineando un taglio preciso da dare al lavoro partendo da un testo. Abbiamo imparato a soffermarci sulla scrittura per poi oltrepassarla e a seguire tracce compositive parallele su drammaturgia, musica e luci. Il percorso di CC è tutto qui, in scena. Tassello dopo tassello, ci ha fornito gli strumenti che certamente favoriranno l’ulteriore sviluppo della nostra produzione coreografica”.

Le creazioni

Autori di un pezzo di grande pulizia compositiva dal titolo perchéDESERTO, i quattro componenti del collettivo Statolento tracciano un progetto di creazione fatto di segni e quadri di apparente semplicità, rivelando un’acuta sensibilità comunicativa che oltrepassa il gesto e ne riverbera il ricordo su una scena sapientemente abitata da interpreti, figure e personaggi. Incastrato tra sogno e follia, Don Quichotte tradisce desiderio di azione e realtà in una lotta che coinvolgerà i propri demoni e le aspirazioni di tutti. Nato da appena un anno, il collettivo Statolento opera a Torino nello spazio culturale autogestito de La Cavallerizza Reale. Provenienti da diverse esperienze artistiche, i componenti del gruppo ci parlano di un progetto affascinante che sperano di veder crescere dopo l’esperienza di CC: “Ci siamo incontrati in uno spazio occupato – racconta Camilla Sandri, attrice e danzatrice – come fruitori di laboratori di danza, incontri e dibattiti dei quali siamo poi diventati noi stessi attivi promotori. Un anno fa eravamo in treno, il paesaggio correva velocissimo e all’improvviso ci siamo sentiti lenti. Ma in fondo desideravamo esserlo. Abbiamo capito che le cose si fanno insieme, l’arte si fa in gruppo, condividendo idee e pensieri. Per fare tutto questo non potremmo andare più veloci di così. La battaglia è infinita e talvolta ci sovrasta, proprio come in Don Quichotte. Ma abbiamo deciso di affrontarla insieme”. E sul simpatico nome del gruppo interviene Samuel Nicola Fuscà, danzatore e performer: “Statolento deriva da una presa di posizione nei confronti della società e del vivere il contemporaneo e la quotidianità, dalla necessità di prendersi un tempo per l’incontro e per mettere l’accento sulla relazione e sulla creazione. Un manifesto non scritto, ma condiviso, con cui dichiariamo che i tempi di questa contemporaneità ci travolgono e pertanto scegliamo di rallentare per porre attenzione al dettaglio, alla profondità, alla relazione tra i soggetti e il mondo esterno”.

Probabilmente il più compiuto e rifinito tra i pezzi in programma, Giselle | secondo studio interpretato dai bravi Elisa Dal Corso e Andrea Rampazzo, conferma il talento coreografico di Laura Boato, artista veneziana di formazione internazionale, già autrice di creazioni in collaborazione con diversi festival (Biennale Danza, Oriente Occidente, Operaestate) e di un primo studio su Giselle presentato nel 2014 al Teatro Fondamenta Nuove di Venezia. Opera finemente costruita in tre quadri dai ritmi e dalle visioni in contrasto, Giselle | secondo studio procede a doppia velocità esponendo e sospendendo in attimi di atroce verità l’altalenante precarietà di un amore dall’esito tragico. Bellissimi i passaggi rallentati dell’uomo e della donna imbrigliati nell’abito comune di un abbraccio crudele e i ricordi sonori di A. Adam progressivamente deformati dal triste finale di un legame interrotto.

Ricco di spunti e destinato per sua stessa natura ad evolversi, Cute dell’artista visiva e performer Laura Pante porta in scena una riflessione sull’immagine contemporanea della donna ispirandosi al classico del repertorio Ondine. “L’occasione di CC coincide con la mia personale ricerca teorico-visiva sull’immagine della donna, sulla sua strumentalizzazione e stereotipo contemporaneo – spiega Laura Pante – e anche con i miei studi di storia dell’arte che mi hanno portato ad interrogarmi sulla figura della ninfa. Un tema che si è poi legato allo sviluppo di una pratica che indaga i modi in cui il corpo può accedere a determinati stati di intensità attraverso l’ascolto interno. La ninfa, associata ad un’immagine del movimento e a metà strada tra l’umano e l’animale, mi ha poi portato a riflettere sull’energia bestiale femminile”. Sui suoni liquidi e irregolari prodotti durante la performance dalla stessa autrice (con la supervisione di Federico Costanza), le ottime interpreti Francesca Antonino e Alessandra Bordino gestiscono un’improvvisazione dal forte impatto visivo che produce, rievoca, scompone e infine distrugge l’immaginario classico legato alla donna e al suo doppio ferino. Sull’orlo dell’incompiuto, Cute si muove, ambiguo, affascinante e misterioso, tra i piani inconsci della percezione.

Al termine di questo breve viaggio, ci auguriamo di assistere presto alle nuove produzioni dei coreografi in scena a Venezia e soprattutto di veder crescere ulteriormente Choreographic Collision, esempio di lungimiranza, innovazione e professionalità a favore della giovane danza contemporanea italiana.

Lula Abicca

4/03/2016

Ulteriori informazioni sul progetto e sulle prossime date di What is Classic? sul sito Choreographic Collision.

Foto: 1.-4. perchéDESERTO di Statolento (Samuel Nicola Fuscà, Camilla Sandri, Claudia Adragna, Francesco Di Meglio); 5.-9. Elisa Dal Corso e Andrea Rampazzo in Giselle secondo studio di Laura Boato; 10.-15. Francesca Antonino e Alessandra Bordino in Cute di Laura Pante; 16.-17. Choreographic Collision 7, workshop con Marie Chouinard; 18.-19. Choreographic Collision 7, Workshop con Cristina Rizzo; 20. Choreographic Collision 7, Viviana Palucci, Manola Bettio e Stefano Tomassini; 21. Choreographic Collision 7, Viviana Palucci. Servizio fotografico di Alvise Nicoletti.

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