Il Balletto di Roma con Il lago dei cigni, ovvero Il canto di Fabrizio Monteverde al Comunale di Carpi
18 . 03 . 2016
Carpi - Teatro Comunale
Il Balletto di Roma porta presenta il 18 marzo 2016 al Teatro Comunale di Carpi, Il lago dei cigni ovvero Il canto, l’ultima creazione del coreografo Fabrizio Monteverde, certamente una delle più riuscite produzioni italiane della scorsa stagione.
Tra i più apprezzati autori sulla scena contemporanea della danza italiana, Fabrizio Monteverde firma per la storica compagnia romana la nuova versione di un classico d’eccezione. Tra le suggestioni di una favola d’amore crudele e i simboli di un’arte che sovrasta la vita, il coreografo reinventa il più famoso dei balletti di repertorio classico su musica di P. I. Čajkovskij, garantendo quell’originalità coreografica e registica unica che da sempre ne caratterizza le creazioni e il successo.
Capolavoro del balletto, sintesi perfetta di composizione coreografica accademica e notturno romantico, di chiarezza formale e conturbanti simbologie psicoanalitiche, Il lago dei cigni è una favola senza lieto fine in cui i due amanti protagonisti, Siegfried e Odette, pagano con la vita la passione che li lega. Una di quelle “favole d’amore in cui si crede nella giovinezza” avrebbe detto Anton Čechov, scrivendo nell’atto unico Il canto del cigno (1887) di un attore ormai vecchio e malato che ripercorre in modo struggente i mille ruoli di una lunga carriera. Con dichiarata derivazione intellettuale dal grande scrittore russo, il Lago di Monteverde trova ne Il Canto il proprio naturale compimento drammaturgico e in un percorso struggente di illusioni e memoria porta in scena un gruppo di “anziani” ballerini che, tra le fatiche di una giovinezza svanita e la nevrotica ricerca di finale felice, ripercorrono gli atti di un ulteriore, “inevitabile” Lago.
Persi tra i ruoli di una lunga carriera, i danzatori stanchi di un’immaginaria compagnia decaduta si aggrapperanno ad un ultimo Lago, tra il ricordo sofferto di un’arte che travolge la vita e il tentativo estremo di rimandarne il finale. Individualità imprigionate in una coazione a ripetere, sabotatori della propria salvifica presa di coscienza oltre i ruoli di una vita svanita, gli interpreti ripercorreranno la trama di un Lago senza fine, reiterandovi gesti e legami nella speranza di sopravvivere al finale straziante di una replica interminabile. Condannata ad una perenne metamorfosi, donna a metà tra il bene e il male, Odette/Odile sarà cigno e principessa, buona e crudele, amante fedele e rivale beffarda. Metafora di un’arte che non conosce traguardo, cercherà se stessa in un viaggio tormentato d’amore, tradimento, prigionia e liberazione; in un teatro in cui tutto ha inizio e nulla ha mai fine, andrà incontro agli stracci consumati di una vita d’artista con lo spirito bianco di una Venere per sempre giovane.
Foto di Matteo Carratoni.