In Sardegna

A Sassari Lo Schiaccianoci del Balletto di Roma con Andrè De La Roche, Azzurra Schena e José Perez

Dal 07 . 11 . 2015 al 08 . 11 . 2015

Sassari - Nuovo Teatro Comunale

Il 7 e 8 novembre 2015, al Nuovo Teatro Comunale di Sassari, il Balletto di Roma porta in scena la sua versione de Lo Schiaccianoci su musica di Ciaikovsky. La versione coreografica è quella contemporanea firmata da Mario Piazza, costruita su un originale libretto ed elaborazione drammaturgica di Riccardo Reim.

Questa versione, diventata un vero e proprio campione di incassi, punta sul risvolto psicologico della fiaba, ossia sul passaggio dal mondo dell’infanzia, dei giochi e delle sicurezze, a quello dell’adolescenza e si muove tra sogno, realtà e mondo virtuale dentro atmosfere contaminate da videogame, installazioni e toni noir.

Storico anche il cast con Andrè De La Roche nel doppio ruolo di Schiaccianoci e Fata Confetto, un ruolo commovente e divertente che questo artista interpreta ormai con presenza scenica sicura. Nel ruolo di Clara, qui impertinente e vezzosa bambina che si trasforma affascinante e delicata adulta in un mondo di incertezze e responsabilità, ritroviamo Azzurra Schena.

Gradito ritorno è quello di Josè Perez, abile danzatore ed entusiasmante interprete di solida e virtuosistica tecnica classica, nei panni di Fritz. Accanto a loro i danzatori del Balletto di Roma in una favola che alterna luci e oscurità, sorrisi e sospiri, giochi e battaglie. Luogo di mezzo tra reale e virtuale, immaginazione e risveglio, la scenografia realizzata da Giuseppina Maurizi segue l’evoluzione drammaturgica di una storia che viaggia tra paesaggi di mondi sognati e stati psicologici differenti.

Scrive Riccardo Reim:

Lo Schiaccianoci è divenuto, in un tempo relativamente breve (in Italia debutta nel 1938) un balletto popolarissimo, spesso usato – e abusato – come una sorta di ‘strenna’ natalizia, una specie di fiaba gioiosa dedicata all’infanzia. In realtà, Lo Schiaccianoci è semmai dedicato, verrebbe da dire, alla tragedia dell’infanzia ovvero al doloroso e traumatico atto del crescere, al difficoltoso abbandono del mondo dei giochi e delle sicurezze, al superamento di quella ‘linea d’ombra’ che segna il passaggio verso le tortuosità dell’adolescenza.

Adottando l’andamento e gli espedienti del thriller e coniugandoli con il linguaggio della danza contemporanea, Lo Schiaccianoci – con la sua dilatazione mostruosa della dimensione domestica, le sue mini-battaglie, la violenza e l’orrore sottesi in tutta la narrazione – si presta a farsi specchio fedele delle generazioni odierne, precocemente private dell’infanzia (e quindi del diritto all’innocenza) dall’informazione ossessiva dei media, che hanno ormai trasformato la guerra e ogni altra violenza in ‘spettacolo’ da guardare con distratta indifferenza in qualsiasi momento della giornata…

In questa nuova versione, dove spesso situazioni e psicologie vengono letteralmente ribaltate, lo Schiaccianoci – sorta di inquietante alter ego di Drosselmeyer, quasi un Mr. Hyde – diviene il grumo di tutti gli incubi della piccola Clara, sinistro personaggio capace di assassinare il fratellino Fritz o di trasformarsi in una macabra Fata Confetto (simbolo dell’ingannevole ‘dolcezza’ dei malvagi)… Passando di spavento in spavento, Clara, novella Alice, si desterà quando ormai l’incubo sembra schiacciarla senza più scampo: ritroverà i suoi cari, ma vedendoli ormai con occhi diversi; gli occhi di chi – forse ancora confusamente – comincia a comprendere che da quegli aAffetti bisognerà imparare a distaccarsi e a fare da soli.

Il tutto narrato secondo le regole e i ‘tranelli’ dei nuovi giochi tecnologici: il sogno si sfrangia nell’incubo di un atroce videogame che ingloba e imprigiona la protagonista, annullando ogni confine tra reale e virtuale, dove non sono più tanto i giocattoli a prendere vita, bensì il giocatore stesso a essere orribilmente trasformato in futile pedina… Ogni possibile ‘riscatto’ andrà cercato dunque secondo tali regole, ma al tempo stesso (ricordiamoci che si tratta di una fiaba e tale deve restare) con i mezzi da sempre a disposizione di ogni creatura umana, ovvero la fede in se stessi e nella nostra parte migliore, uniche vere ‘armi’ per affrontare lo spinoso cammino degli adulti, alla conquista della propria porzione di felicità”.

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