Teatro Cantiere Florida

RE-CORDIS. E poi, lentamente, dimentichi di e con Samuele Cardini e Monica Baroni

Dal 17 . 01 . 2014 al 18 . 01 . 2014

21.00

Firenze - Teatro Cantiere Florida Via Pisana 111/R

In Prima Nazionale al Teatro Cantiere Florida, in due repliche – venerdì 17 e sabato 18 gennaio 2014, – L’Officina presenta al Teatro Cantiere Florida di Firenze, RE-CORDIS. E poi, lentamente, dimentichi di e con Samuele Cardini e Monica Baroni. Un lavoro ispirato ad una sezione di scatti fotografici di Duane Michals Il Paradiso Perduto.

L’alternanza di sei fotogrammi, riportano in un tempo non definito due figure, un Adamo e un’Eva, che sradicati dal Paradiso abbandonano le loro “Vesti di Luce”, scoprendosi fragili e consapevoli. La dualità è accentuata dal bianco e nero, simbolicamente opposti e allo stesso tempo compatibili, come il lavoro coreografico che, attraverso il corpo racconta degli opposti che ricercano un unità, rintracciabile e recuperabile solo nel ricordo.

Bene e male, uomo e donna, moto e stasi, ascesa e declino, opposti che trovano il loro equilibrio, in un ciclico e naturale passaggio, gli uni negli altri, lasciando traccia nelle memorie. Persi in uno spazio tempo che sentono non appartenergli, le due figure rievocano un passato, rivivono dei flashback che li riconduce all’origine, all’essenza, a quell’Eden dove diverso e uguale perdono il loro senso, dove la nudità è sinonimo di neutralità.

Scrive Samuele Cardini:

“Abitando il mondo, il corpo contrae abitudini in uno spazio che non lo ignora, tra cose che parlano del suo vissuto; conoscere e riconoscere è sentirsi a casa, tra oggetti carichi di significato e sottratti a l’anonimato. I gesti abituali consentono, allora, al corpo, di sentirsi tra le sue cose, creando dei ricordi che rendono al corpo una memoria. Cose, persone, situazioni mi circondano, occupano il mio spazio vitale. Variano di velocità, di intensità, influiscono sui miei ritmi, sui miei stati d’animo. Mi devo adattare, cercare un accordo tra gli altri corpi e il mio, linguaggi diversi che devono trovare un focus comune. È un dialogo silenzioso: i pensieri degli altri stimolano il mio stato, e viceversa, in un continuo passare e ripassare da immagini che insieme viviamo e riviviamo, come in un album di ricordi. Poi, di colpo, non c’è più niente, e sono solo, in uno spazio vuoto, che vive di ricordi depositati nella mia mente, stampati sulla pelle, e di semplici e intense attese. Lo sfrutto per riflettere, per rivivere delle emozioni: il ricordo diventa uno spazio fisico della memoria, mentre il corpo assume le forme di quelle emozioni che si depositano come immagine del nostro vissuto. Nel movimento trovo una memoria che non ha coscienza, che agisce e ci fa agire raccontando, senza storia, la nostra esperienza. Mi fondo di nuovo negli altri, in attesa di poter vivere ancora la mia solitudine”.

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