Le infinite possibilità dell’amore nella visione del Balletto di Roma
Il Balletto di Roma ha proposto a MilaOltre Festival 6 titoli mai rappresentati a Milano e firmati da Paolo Mangiola, Giorgio Mancini, Mauro Astolfi, Gianluca Schiavoni, Michele Pogliani e Milena Zullo.
Il variegato programma del Festival di danza contemporanea MilanOltre ha proposto al Teatro Elfo Puccini un interessante focus dedicato al Balletto di Roma, una compagnia celebre per l’ottimo livello dei suoi danzatori e dei coreografi ospiti.
Il Balletto di Roma nasce nel 1960 e nel corso dei suoi oltre cinquant’anni di vita ha visto l’alternarsi di prestigiose collaborazioni. Presenta un repertorio ricco e florido di nuove ed originali coreografie di danza contemporanea, dove confluiscono sia le esperienze lavorative di giovani professionisti sia lavori di affermati coreografi nella vetrina della danza contemporanea.
A inaugurare l’omaggio milanese una messinscena assai interessante dal titolo We/Part con le coreografie del talentuoso e promettente Paolo Mangiola. La coreografia è specchio di una scelta stilistica e narrativa ben articolata e di grande fluidità: crea un fenomeno in cui i singoli danzatori non possiedono posizioni reciproche fisse ma si muovono più o meno liberamente gli uni rispetto agli altri pur confluendo in una narrazione corale. Un mix tra danza e teatro per cogliere la contemporaneità della quotidianità in un onirico gioco tra linguaggi che puntano su dinamiche sonore e visive. In scena nove danzatori che hanno mostrato una totale versatilità tecnica e espressiva, accompagnati dalle musiche di Donal Sarsfield e dalle suggestive luci di Fabiana Piccioli. Il lavoro di Mangiola rivela, soprattutto nella prima parte nuove espressioni corporee e propone una danza esente da costrizioni. Attraverso un uso originale di spazio, tempo, linee e curve, cerca di infondere emozioni e una ricerca interiore. La prima parte di We/Part è risultata magistrale, la seconda si è resa meno appassionante malgrado la scomposizione che il coreografo ha operato per liberare nuove potenzialità espressive.
Il focus sul Balletto di Roma è poi proseguito con un’intera serata intitolata The Arena Love, che ha racchiuso quattro coreografie ben distinte tra loro.
In-Contro, sulle affascinanti musiche di Kitaro, ha permesso all’ex ballerino di Béjart e ingegnoso direttore del Ballet du Grand Théatre de Genéve, Giorgio Mancini, un approfondito lavoro sui danzatori, invitandoli ad esplorare territori onirici in cui si fondono armoniosamente musica e movimento in una grandezza che caratterizza il potere di attrazione nei confronti del legame con l’altro; le dinamiche coreografiche, trasformano, passo dopo passo, i danzatori negli artefici del proprio destino.
Intra, creato da Mauro Astolfi, è un entusiasmante passo a due che con un occhio guarda al contemporaneo e con l’altro alle leggi della fisica, indagando l’incertezza e l’imprevedibilità di uno stato di quiete di un corpo. I danzatori hanno recepito ogni possibile posizione in totale e perfetto equilibrio ed elasticità conservando un assoluto assetto.
Kimera firmato da Gianluca Schiavoni è una coreografia che finisce e ricomincia più volte attraverso una visione sublime mediante l’essenzialità di un palcoscenico vuoto che man mano prende forma con movimenti fluidi grazie a un andamento caratterizzato da frequenti curve armonicamente flessuose.
The Arena Love di Michele Pogliani tratta delle differenze amorose. Un bizzarro mix, tra momenti di grande danza ed eccessi anche musicali, fra Vivaldi ed elettronica passando per l’hip hop sonoro. Il lavoro risulta a volte spiazzante per come Pogliani progressivamente disgrega la coreografia iniziale per affondare in un’espressione di danza più commerciale per poi tornare su solide basi fisico-tecniche. Sicuramente l’elemento fondamentale è l’espressività, accompagnata da una grande energia che si sviluppa durante tutta la coreografia e soprattutto nelle composizioni che danno libero sfogo all’ineluttabile finale.
Michele Olivieri
4/10/2014
Nelle foto il Balletto di Roma in We/Part di Paolo Mangiola.